La proposta di Fratelli d’Italia sull’equo compenso per tutti i professionisti – almeno verso i grandi committenti e la pubblica amministrazione – è diventata legge. La Camera dei Deputati ha infatti approvato in via definita in terza lettura il provvedimento (prima firmataria la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni) che riconosce a tutti gli autonomi il diritto a una remunerazione equa, adeguata “alla qualità e alla quantità del lavoro svolto”.
L’ok è arrivato dopo un ultimo ritocco che ha eliminato il riferimento a una norma del Codice civile sul rito sommario, perché abrogata dalla riforma Cartabia e aggiornato il testo al nuovo rito semplificato per i giudizi sulle parcelle, validati dal parere di congruità dell’Ordine.
I beneficiari
La legge si applica a tutti i professionisti, sia quelli iscritti a un Ordine che quelli appartenenti alle professioni non regolamentate (tra questi, ad esempio, gli amministratori di condominio, i tributaristi e i revisori legali). I primi per determinare un compenso equo faranno riferimento ai parametri indicati nei decreti ministeriali per ogni singola categoria, mentre i professionisti non ordinistici dovranno attendere la messa a punto di valori di riferimento per la prima volta, operazione che la legge affida all’ex ministero dello Sviluppo economico (ora delle Imprese e del made in Italy).
Al momento però solo gli avvocati potranno contare da subito su parametri appena aggiornati (in vigore da ottobre scorso). Le altre categorie hanno valori molto vecchi (alcuni anche di dieci anni fa) che tra l’altro non tengono conto di nuove competenze. Subito dopo l’approvazione quindi dovrà partire un grande lavoro di riscrittura e aggiornamento dei parametri, affidato agli Ordini e ai ministeri vigilanti. La revisione poi sarà biennale.
Chi dovrà garantire l’equo compenso
A garantire un compenso equo nei rapporti regolati da convenzioni saranno tutte le Pubbliche amministrazioni e le grandi imprese. Queste in particolare devono avere almeno uno dei due requisiti: il primo riguarda la dimensione dell’azienda (dovrà infatti avere più di 50 dipendenti), il secondo economico (fatturato annuo superiore ai 10 milioni di euro).
Secondo una prima stima del Sole 24 Ore, sono 78mila i soggetti pubblici e privati che saranno obbligati ad assicurare l’equo compenso. In particolare si tratta di 27mila pubbliche amministrazioni e 51mila privati. Per l’esattezza più di 33mila (su un totale che sfiora i sei milioni) sono le imprese private che superano il primo requisito, ovvero la soglia dei 50 dipendenti. Mentre per altre 35.165 l’equo compenso scatterà in base al fatturato.
Le sanzioni
Il provvedimento indica per quali clausole può scattare la nullità dei contratti tra professionista e committente, rilevabile anche d’ufficio. Oltre agli accordi basati su parametri non congrui, sono nulli anche tutti i contratti che prevedono l’anticipazione delle spese a carico del professionista o che vietano di prevedere acconti. Diviene sanzionabile anche deontologicamente da parte dell’Ordine il professionista che accetta incarichi al di sotto delle soglie dei parametri.