Oro ancora un bene rifugio nonostante la flessione? Le previsioni

Le analisi sullo status di bene rifugio dell'oro dopo la flessione, nonostante l'andamento da record del prezzo da inizio 2025

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

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L’ottovolante delle quotazioni dell’oro destano riflessioni sulla stabilità del bene rifugio per eccellenza. Il prezzo del metallo giallo è crollato di oltre il 6% in una sola seduta lo scorso 21 ottobre, facendo registrare il calo più repentino dal 2013, dopo una corsa al rialzo che per settimane aveva infranto record dopo record.

Per gli analisti si è trattato di una correzione tecnica in risposta al rally senza freni che ha portato l’oro a superare la quota dei 4mila dollari l’oncia, impennando del 25% in appena due mesi. Nonostante il prezzo sia poi sceso sotto la soglia storica, negli ultimi giorni è tornato a crescere portando diversi player a non escludere ulteriori rialzi.

L’andamento del prezzo del bene rifugio

Dopo aver aggiornato il primato storico, arrivando a 4.381,52 dollari l’oncia nella giornata di lunedì 20 ottobre (121,03 euro a grammo), il giorno dopo le quotazioni dell’oro sono scese in picchiata a 4.082 dollari, per chiudere nelle Borse europee con 4.114 dollari (-3,9%) del prezzo Gold Spot (con consegna immediata) e 4.131 dollari (intorno al -5%) per quanto riguarda il Comex (con consegna nel mese di dicembre).

Un calo che nonostante le oscillazioni è proseguito fino sotto quota 4mila, a dimostrazione, secondo alcuni esperti, dell’esaurimento di una bolla speculativa che avrebbe alimentato la crescita vertiginosa del metallo prezioso nelle ultime settimane.

Nella giornata di mercoledì 5 novembre le quotazioni sono tornate a salire, con il prezzo Gold spot che ha chiuso a 3.967,79 dollari l’oncia a +0,89% il Comex scambiato a 3.980 dollari l’oncia, con un aumento dello 0,49%.

La corsa record dell’oro nel 2025

Nonostante la brusca frenata seguita alla folle corsa registrata da settembre in poi, l’oro sembra proseguire la sua marcia verso la migliore prestazione annuale dagli anni ’70, quando la crisi energetica e l’inflazione alle stelle portarono il prezzo del metallo ai massimi.

I nuovi rialzi sull’oro scaturiscono dalla combinazione tra un panorama economico e uno scenario geopolitico precari, unita a una politica monetaria instabile, che spingono gli investitori verso il bene rifugio principe.

Il risultato è una crescita da inizio anno di oltre il 50% del valore da inizio 2025 e di più del doppio se si guarda agli ultimi due anni.

Secondo sottolineato dagli analisti di Ofi Invest AM, l’eccezionale performance dell’oro non sarebbe però da ridurre a una semplice attività speculativa dei mercati, perché sarebbe avvalorata da alcuni fattori solidi.

Tra questi i debiti pubblici delle maggiori economie mondiali come Stati Uniti, Cina e Giappone, che sta costringendo le rispettive banche centrali a tagliare i tassi d’interesse o a mantenerli bassi, rendendo l’oro più appetibile.

Lo shutdown negli Usa e i limitati margini di manovra economica in Paesi come Regno Unito e Francia, inoltre, rappresenterebbero elementi di stimolo ulteriore alla domanda del metallo giallo.

Stando all’analisi di Head of Commodities di Ofi Invest AM, Benjamin Louvet, oltre al pericolo speculazione il principale rischio sull’investimento nell’oro non sarebbe costituito dalle flessioni naturali sul prezzo, che avrebbero conseguenze soltanto a breve termine, ma da un aumento dei tassi più rapido rispetto alle attese: una nuova crescita dei tassi d’interesse reali farebbe tornare azioni e obbligazioni a essere più attrattive del bene rifugio, che non genera rendimenti.

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