Spread Btp-Bund ai livelli più bassi dell’anno, i titoli di Stato convengono?

Il differenziale Btp-Bund segna il livello più basso dell'anno, spingendo verso l’alto i prezzi dei titoli di Stato italiani

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

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Lo spread tra Btp e Bund a dieci anni ha toccato i livelli più bassi del 2025: il 19 dicembre in mattinata il differenziale ha oscillato tra 64,22 e 64,87 punti base, aprendo a 64,87 e attestandosi su valori che rappresentano il minimo dell’anno, con una forchetta annuale compresa tra 64,72 e 134,25 punti.

Parallelamente, il rendimento del Btp decennale si è mantenuto stabile, leggermente in rialzo dal 3,50% al 3,51%, ma su livelli decisamente inferiori rispetto alla fase di tensione del 2022-2023.

Cala lo spread, più fiducia nell’Italia

Tradotto in termini di mercato: i prezzi dei titoli di Stato italiani sono alti, segnale di forte domanda e fiducia.

Uno spread così basso segnala una percezione di rischio contenuta e un miglioramento del sentiment verso il debito italiano. Il differenziale misura infatti quanto premiano in termini di rendimento gli investitori richiedono per acquistare titoli italiani rispetto al Bund tedesco, considerato benchmark dell’Eurozona. Quando si comprime sotto i 70 punti base, indica che il debito italiano è percepito come relativamente sicuro, molto più che negli anni in cui l’Italia veniva indicata come anello debole del continente.

Impatto diretto sui conti pubblici con risparmi potenziali

Uno spread stabilmente sotto i 70 punti è una variabile reale di politica economica. Secondo le stime del Centro Studi di Unioncamere, mantenere il differenziale su questi livelli fino al 2026 potrebbe generare risparmi tra 6 e 7 miliardi nel 2026 e tra 9 e 10 miliardi nel 2027, per un totale compreso tra 15 e 17 miliardi.

Il meccanismo è noto: tra il 2022 e il 2023 lo Stato ha emesso debito a rendimenti elevati, spesso tra 4,5% e 5%, a causa dell’inflazione elevata e della stretta monetaria della Bce. Con la scadenza di quei titoli, il Tesoro può oggi rifinanziare a costi inferiori: non ai livelli pre-pandemia, ma comunque più favorevoli. Il costo medio del debito smette così di crescere e inizia lentamente a raffreddarsi.

Ma non significa che i problemi siano comunque risolti: nel 2025 il fabbisogno di cassa resta elevato, stimato in 127 miliardi, con emissioni nette intorno a 103 miliardi. Tuttavia, affrontare questi volumi in un contesto di spread contenuto rappresenta un vantaggio competitivo.

Italia più forte, Germania più debole

La compressione dello spread non è spiegabile solo con la forza dell’Italia. Il bund tedesco ha registrato rendimenti in rialzo, riflettendo un contesto economico più complesso per Berlino, alle prese con crescita debole, politiche fiscali più espansive e uno shock di fiducia che ha messo in discussione il suo ruolo di economia incrollabile.

L’Italia beneficia quindi di un duplice effetto:

  • maggiore stabilità percepita dei propri conti pubblici;
  • deterioramento relativo della posizione tedesca.

Il risultato è una mappa del rischio sovrano europeo ridisegnata: l’Italia appare meno fragile, la Germania meno intoccabile. È una svolta, di fatto.

Il vero interrogativo è questo: lo spread resterà basso quando la Bce non comprerà più? È qui che si giocherà il vero stress test della credibilità italiana.

Spread basso, cosa significa per risparmiatori e investitori

Uno spread così basso riduce la volatilità e rende i Btp strumenti più stabili. Per chi investe:

  • meno rischio percepito;
  • rendimenti ancora superiori ai Paesi core, ma in fase di graduale raffreddamento.

Se i rendimenti dovessero scendere ancora, le nuove emissioni potrebbero risultare meno appetibili per i piccoli risparmiatori. Al contrario, per lo Stato sarebbe un enorme vantaggio: meno interessi da pagare, più margini fiscali.

L’Ufficio parlamentare di bilancio ricorda che se l’emergenza spread è finita la fragilità strutturale rimane. Debito elevato, fabbisogno importante, crescita ancora insufficiente e salari fermi: l’Italia non è ancora al sicuro.

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