Sono tanti i fattori che condizionano la vecchia e stanca Europa, che arranca dietro gli Stati Uniti ed il Giappone, confermando una sottoperformance. Fra questi fattori che agiscono da freno vi sono la guerra in Ucraina, che ha acuito la crisi energetica, la bassa crescita del PIL e la politica della BCE, che ha avuto un impatto negativo sulla domanda di prestiti. C’è da chiedersi cosa fare nei prossimi mesi e come muoversi di front ad uno scenario tendenzialmente recessivo. A questi interrogativi dà una risposta Giorgio Broggi, Quantitative Analyst di Moneyfarm, che intravede comunque delle opportunità nel medio-lungo periodo.
Dopo le straordinarie performance di inizio anno, l’azionario europeo nel corso dell’estate (giugno-settembre) ha fatto peggio degli altri Paesi sviluppati, mettendo a segno un -6,4% rispetto al mercato USA ed un -10,9% rispetto a quello giapponese. Per quanto riguarda la composizione settoriale degli indici europei, l’azionario UE ha potuto beneficiare in maniera solo marginale del boom del settore tecnologico e dei titoli Growth a cui abbiamo assistito nelle ultime settimane. Un elemento di diversificazione che, però, potrebbe sempre tornare utile in una fase ciclicamente avversa.
Il rischio geopolitico
Il primo fattore che giustifica la bassa performance dei mercati azionari europei – spiega l’analista di Moneyfarm – è il rischio geopolitico legato al conflitto in Ucraina e alla questione della dipendenza energetica dalla Russia, a cui l’Europa fatica ancora a trovare un’alternativa percorribile.
Le difficoltà di approvvigionamento energetico avranno conseguenze soprattutto con l’avvicinarsi della stagione invernale e con l’aumento della quota di debito pubblico che i Paesi europei saranno costretti ad investire per limitare l’impatto della dipendenza energetica su imprese e consumatori.
La resa del Dragone
Un’altra sfida significativa è rappresentata dalla crisi dell’economia cinese: il Dragone è attualmente alle prese con una difficile fase di riapertura post-Covid, aggravata dal sopraggiungere della crisi immobiliare.
Broggi di Moneyfarm ricorda che vi sono diversi i settori dell’economia europea che dipendono fortemente dalla domanda asiatica, ad esempio il lusso e l’automotive, che quindi potrebbero essere maggiormente penalizzati dal prolungarsi di questa crisi.
Recessione e austerity
Vi sono poi due fattori fra loro interconnessi e legati da una relazione di causa-effetto: la bassa o nulla crescita del PIL e le politiche restrittive della BCE che non fanno che accentuare la recessione.
Negli ultimi mesi i dati macro europei hanno costantemente deluso le attese – ricorda l’esperto di Moneyfarm – come conferma l’indice di sorpresa economica, ovvero il paragone tra i dati attesi e quelli effettivamente pubblicati, che attualmente si trova ai minimi rispetto alla media degli ultimi 10 anni, ben al di sotto rispetto a mercati emergenti e Stati Uniti.
Un altro dato utile per interpretare lo scenario attuale è rappresentato dall’indice PMI manifatturiero, che misura la fiducia delle imprese del settore ed è sceso nettamente in territorio negativo, al di sotto dei 50 punti, denotando una contrazione dell’attività e quindi una recessione.
Nonostante le aspettative di crescita del PIL per il 2023 restino leggermente positive, il quadro complessivo è incerto e la resilienza dell’inflazione ha reso improbabile un’inversione di rotta della politica monetaria della BCE, che, per i prossimi mesi, resterà verosimilmente impegnata a trovare un equilibrio tra pressioni inflazionistiche e crescita economica.
Cosa fare?
I prossimi mesi potrebbero essere difficili per l’azionario europeo – spiega l’analista – ed i rischi economici e geopolitici suggeriscono di approcciare questa asset class con cautela, anche se non mancano ragioni per nutrire ottimismo nel medio e lungo termine.
Innanzitutto, le valutazioni dell’equity europeo restano attraenti e sembrano già incorporare molte delle preoccupazioni menzionate. I rapporti Price/Earnings, cioè fra i prezzi di mercato dei titoli e gli utili prodotti, appaiono inferiori alla media degli ultimi 10 anni di oltre una deviazione standard.
Utili e aspettative sugli utili si sono dimostrati sorprendentemente resilienti, nonostante i dati macro avversi, a conferma del fatto che i mercati potrebbero già aver scontato il rallentamento economico previsto per i prossimi mesi.
Gli utili a 12 mesi (sia passati che in prospettiva) mostrano un movimento al rialzo dopo la fine della politica zero-Covid in Cina, mentre i dati Usa sono ancora in fase di ripresa dalla metà del 2022. Anche i dati sui margini mostrano una situazione simile, sebbene le aziende americane rimangano più redditizie di quelle europee.