L’export italiano cresce del 6%: i rischi se Trump ripristina i dazi

Crescita export italiano in Usa da record ma in pericolo a causa dei dazi di Trump: l'Italia perde posti di lavoro e miliardi di euro

Foto di Federica Petrucci

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Pubblicato: 22 Maggio 2025 12:22

Nel primo trimestre del 2025, l’export italiano verso gli Stati Uniti ha registrato una crescita complessiva del 6%, con l’agroalimentare che ha segnato +11%, un balzo ancora più significativo. Un dato doppiamente positivo, non solo perché indica una ripresa generale del comparto, ma anche perché dimostra la resilienza del Made in Italy alimentare in un contesto di forti tensioni commerciali.

Tuttavia, all’orizzonte si profila una minaccia concreta: il ritorno dei dazi doganali voluti da Donald Trump. Una mossa che, se attuata, rischia di mettere in discussione uno dei principali canali di sbocco per  l’agroalimentare italiano, proprio nel momento in cui sta toccando nuovi record.

Crescita export italiano in Usa da record, ma a rischio

Secondo Coldiretti e Filiera Italia, che hanno analizzato i dati Istat del primo trimestre 2025, le esportazioni agroalimentari italiane nel mondo sono cresciute del 6%, il doppio rispetto alla media di tutti i settori. Negli Stati Uniti, però, l’aumento è stato quasi doppio rispetto a quello globale, registrando un +11% che traina l’intero comparto.

Questo successo si deve a una combinazione vincente di fattori, tra i quali l’elevata qualità dei prodotti italiani, il forte appeal del Made in Italy all’estero e il crescente riconoscimento internazionale della Dieta Mediterranea come modello di alimentazione sana.

Ma dietro questi numeri da record, a oggi, si cela una fragilità strutturale che si fonda soprattutto su equilibri geopolitici e commerciali estremamente volatili, che possono cambiare rapidamente con una firma in calce a un provvedimento presidenziale.

Lo spettro dei dazi di Trump, un pericolo reale per l’export

Il ritorno di Donald Trump sulla scena politica americana non è un evento neutro per l’economia italiana. Già durante il suo primo mandato, il presidente aveva mostrato una chiara preferenza per politiche protezionistiche, imponendo dazi su una lunga lista di prodotti europei, tra cui molti italiani.

Nel 2020, ad esempio, vino, formaggi, salumi e olio d’oliva avevano rischiato tariffe aggiuntive che avrebbero compromesso l’accesso al mercato Usa per molte piccole e medie imprese italiane.

Oggi la minaccia si ripresenta. Nonostante la tregua con la Cina, Trump ha più volte annunciato l’intenzione di confermare dazi fino al 20% su una vasta gamma di prodotti importati, sostenendo la necessità di proteggere l’industria americana e riequilibrare la bilancia commerciale.

I dazi, per definizione, aumentano i costi all’importazione e, se davvero entreranno in vigore, il rischio è quello di vedere rallentare bruscamente – o addirittura invertire – la crescita dell’export agroalimentare italiano negli Usa.

Le conseguenze per il Made in Italy: quanto rischia di perdere l’Italia

Nel 2024, l’export agroalimentare italiano verso gli Stati Uniti ha sfiorato i 6 miliardi di euro, su un totale complessivo di 69,1 miliardi a livello globale. Considerando che nel primo trimestre 2025 è cresciuto dell’11% (una proiezione che porterebbe il dato annuale a circa 6,6 miliardi), l’introduzione di dazi al 20% potrebbe colpire pesantemente questo flusso.

Un dazio al 20% renderebbe i prodotti italiani più costosi e meno competitivi, con una possibile riduzione delle esportazioni del 20% o 30%, secondo dinamiche osservate in casi precedenti. Questo significherebbe una perdita potenziale compresa tra 1,3 e 2 miliardi di euro nel solo comparto agroalimentare.

Per il Made in Italy alimentare, il mercato statunitense rappresenta uno dei principali sbocchi extracomunitari. Gli Usa sono il secondo mercato di destinazione per l’agroalimentare italiano, dopo la Germania, e il primo fuori dall’Unione Europea. Formaggi, pasta, olio d’oliva, conserve, vino e salumi sono tra i prodotti più apprezzati dai consumatori americani, che associano l’Italia a qualità, autenticità e salute.

Un dazio del 20% rischierebbe di far aumentare i prezzi al consumo di questi prodotti, rendendoli meno competitivi rispetto ai concorrenti locali o ad altri Paesi non soggetti a tariffe. Secondo Coldiretti, sono oltre 30.000 le imprese italiane coinvolte in modo diretto o indiretto nell’export agroalimentare verso gli Usa.

Si tratta perlopiù di PMI agricole e artigiane, cooperative agroalimentari, aziende di trasformazione e logistica. Molte di queste non hanno alternative di mercato immediate: una chiusura o anche solo un rallentamento delle esportazioni verso gli Stati Uniti significherebbe perdita di fatturato, riduzione della produzione, taglio di posti di lavoro.

Coldiretti e Filiera Italia sottolineano che i segnali provenienti dai negoziati con altri Paesi, come Cina e Regno Unito, sembrano andare nella direzione di una de-escalation. Questo lascia sperare in una possibile apertura anche verso l’Europa. Tuttavia, ad oggi, le trattative tra Stati Uniti e Unione Europea non hanno ancora portato a un nuovo accordo commerciale stabile.