“Guerra ibrida”? Quanto spendono Italia e Occidente per armi all’Ucraina

Mentre Putin denuncia una "guerra ibrida contro la Russia" da parte dell'Occidente, ecco quanto spendiamo, noi, per armare Kiev

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Ci troviamo di fronte a quella che potrebbe rappresentare una svolta cruciale per la guerra in Ucraina. Con la minaccia sempre più aggressiva di un attacco nucleare da parte della Russia, e spese sempre più insostenibili di un conflitto logorante. Secondo quanto riferisce il Financial Times, che cita funzionari statunitensi, cinesi, occidentali e fonti vicine al Cremlino, il leader cinese Xi Jinping avrebbe consegnato a Vladimir Putin un messaggio durante una visita a Mosca lo scorso marzo in cui lo ammonirebbe di evitare qualunque attacco nucleare.

Il ruolo della Cina, e dell’Asia

Nelle sue dichiarazioni pubbliche la Cina si è costantemente opposta all’uso di armi nucleari in Ucraina. Ora, “i funzionari cinesi si prendono privatamente il merito di aver convinto il leader russo ad abbandonare le velate minacce di usare armi nucleari contro l’Ucraina”, si legge nell’articolo dell’FT. Ma molti alleati di Kiev dubitano delle intenzioni di Pechino, vista la partnership “senza limiti” tra Xi e Putin e la proposta del cosiddetto “piano di pace” cinese, che in gran parte ricalca le condizioni poste da Mosca.

Mentre si starebbe delineando un piano segreto della CIA per mettere fine alla guerra, proprio in questi giorni Putin ha rassicurato i leader asiatici, spiegando loro che la Russia è stabile e unita nonostante il golpe, abortito, del gruppo Wagner guidato da Prigozhin, peraltro già pronto a un nuovo reclutamento. “Il popolo russo è unito come mai prima d’ora”, ha detto Putin a un incontro virtuale dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO). Il gruppo eurasiatico comprende Cina e India e si concentra sulla sicurezza internazionale, sulla difesa e sulla politica economica e politica.

Putin ha sostenuto gli accordi commerciali tra le nazioni SCO in valute locali, visti come un tentativo di smussare le sanzioni contro Mosca, ha detto che oltre l’80% degli scambi tra cinesi e russi avviene oggi in rubli e yuan e ha esortato gli altri membri della SCO a seguire lo stesso processo.

Ha anche ringraziato i membri della SCO, meritevoli secondo lui di aver sostenuto i suoi sforzi “per proteggere l’ordine costituzionale, la vita e la sicurezza dei cittadini”, dichiarando che “gli ambienti politici russi e l’intera società hanno chiaramente dimostrato la loro unità e il loro elevato senso di responsabilità per il destino della patria quando hanno risposto come un fronte unito contro un tentativo di ammutinamento armato”, ha aggiunto il capo del Cremlino. Ha anche accolto con favore la richiesta dell’alleato russo, la Bielorussia, di diventare un membro permanente della SCO nel 2024.

L’ospite del vertice, il premier indiano Narendra Modi, dal canto suo ha invitato i membri a promuovere il commercio, la connettività e la cooperazione tecnologica, tra le altre cose, ma non ha fatto direttamente riferimento né alla guerra in Ucraina né alla posizione sempre più assertiva della Cina nell’Indo-Pacifico. L’India, storicamente non allineata, è stretta tra due fuochi, visti i rapporti sempre più forti con l’Occidente: appena qualche giorno fa gli Stati Uniti avevano accolto in pompa magna Modi durante la sua visita di Stato a Washington con Biden.

Una guerra ibrida, ma di chi contro chi?

Putin ha anche ribadito che Mosca si opporrà ancora e sempre alle pressioni occidentali, alle sanzioni e alle “provocazioni” imposte a quella che continua a chiamare una sua “operazione militare speciale” in Ucraina. E ha sfoderato, di nuovo, il concetto di “guerra ibrida”, che sarebbe in atto contro la Russia. Dimenticandosi che la guerra ibrida la sta conducendo lui proprio in Ucraina, così come da anni in Moldova e Georgia, solo per fare qualche esempio.

“È in corso una guerra ibrida contro la Russia”, ma il Paese resiste alla “pressione dei paesi ostili” e continuerà a farlo in futuro, ha affermato. “Ora viene condotta una guerra ibrida contro di noi, vengono utilizzate sanzioni anti-russe illegittime e senza precedenti. Per molto tempo, fuori dai nostri confini, è stato implementato un progetto per creare uno Stato ostile, un anti-Russia nel vicino Paese dell’Ucraina. Kiev è stata potenziata con armi per otto anni, concedendo la diffusione un’ideologia neonazista. Tutto questo per mettere a repentaglio la sicurezza della Russia e frenare lo sviluppo del nostro Paese”.

Putin ha poi aggiunto che nel mondo c’è un aumentato rischio di conflitti. “I rischi di una nuova crisi economica e finanziaria globale stanno aumentando sullo sfondo dell’accumulo incontrollato di debiti nei Paesi sviluppati, della stratificazione sociale e della crescente povertà in tutto il mondo, del peggioramento della sicurezza alimentare e ambientale”. Tutti questi problemi, “ognuno dei quali è complesso e diverso a modo suo, nella loro totalità portano a un notevole aumento del potenziale di conflitto. La Russia prova tutto questo direttamente da sola” ha chiosato.

Quanto spende l’Occidente per armare l’Ucraina

La Russia è isolata, almeno sul fronte occidentale. Ciò che si può dire con certezza, ora, è quanto i Paesi occidentali stanno spendendo per aiutare militarmente l’Ucraina a difendersi da Mosca.

Stando ai dati pubblicati dal Kiel Institute For the World Economy-IFW, finora Kiev ha ricevuto armi per un valore complessivo di 65,34 miliardi di euro e la grandissima parte, 44,34 miliardi, corrispondenti al 67,9% del totale, è stata inviata dagli Stati Uniti. Se in altre tipologie di aiuto, per esempio quello finanziario, prevalgono gli europei, nell’ambito dell’assistenza militare il governo americano è il numero uno.

Dopo Washington, ad avere consegnato più armi all’Ucraina è stata Londra, ma parliamo di solo 4,89 miliardi, ben 9 volte meno. Seguono, con 2,43 e 2,36 miliardi, Polonia e Germania. Questo a livello di singolo Paese, ma a supportare Kiev sono anche le istituzioni europee, con 3,1 miliardi di euro stanziati direttamente da Bruxelles, attraverso l’European Peace Facility (EPF), uno strumento di bilancio parte della politica estera e di sicurezza comune.

Come evidenzia in una sua analisi Truenumbers, sempre sulla base dei dati dell’IFW, andando però ad analizzare quanto peso abbiano queste armi rispetto alla forza economica e militare di ciascun Paese, emergono evidenze molto interessanti. Scopriamo ad esempio che, rispetto alla propria spesa militare, non sono gli Stati Uniti a fornire più armi, ma la vicina Estonia. Il governo di Tallinn ha inviato armamenti per un valore che raggiunge addirittura il 48% della propria spesa per la difesa. Nel 2021, infatti, secondo l’istituto indipendente di ricerca sui conflitti Sipri, Tallinn ha destinato 764 milioni di dollari (702 milioni di euro circa) al suo esercito, all’aviazione e alla marina, e nel 2022 ha inviato 310 milioni di attrezzature militari all’Ucraina.

Anche gli altri Paesi baltici fanno parecchio, per ovvi motivi geopolitici. La Lettonia ha inviato armi per 290 milioni, pari al 41,5% del suo budget complessivo destinato alla difesa, la Lituania 280 milioni (26,7% della spesa). Gli Stati Uniti sono invece al 15esimo posto, con una spesa in armi a Kiev pari a 44,34 miliardi, pari a poco più del 6,55% dei circa 677 miliardi di euro di spese militari americane, che sono comunque le più alte del mondo.

Quanto abbiamo speso per le altre guerre

Come evidenzia ancora Truenumbers, è interessante notare il confronto tra lo sforzo finanziario e militare dei Paesi occidentali a favore dell’Ucraina e quello in occasione di altre guerre in cui sono stati coinvolti.

In rapporto al Pil nazionale, gli Usa hanno speso l’equivalente dello 0,21% a favore della guerra ucraina, il Regno Unito lo 0,18%, meno di quanto stanziato dagli americani in Afghanistan, mediamente lo 0,25% annuo tra il 2001 e il 2010, o in Iraq, il 0,67%.

Nella guerra del Vietnam tra il 1969 e il 1975 ogni anno gli Usa avevano sborsato in armamenti l’equivalente del 0,96% del proprio Prodotto interno lordo, ma il salasso più grande lo avevano avuto con la Guerra del Golfo del 1990-1991, in cui era stato impegnato lo 0,99% del Pil. Anche la Germania allora aveva speso molto più di oggi, il 0,55% del proprio Pil, ora meno dello 0,1%.

Ora, non c’è come sappiamo un coinvolgimento diretto degli eserciti occidentali, ma questi numeri – rileva Truenumbers – indicano che in linea teorica a livello finanziario sarebbe possibile un impegno ancora maggiore da parte degli Usa e dei suoi alleati.

Quanto spende l’Italia per le armi all’Ucraina

E l’Italia? Quante armi fornisce Roma a Kiev? Nell’ambito degli accordi bilaterali tra i due Paesi, siamo ottavi nella classifica dei maggiori sostenitori della difesa dell’Ucraina: l’Italia ha consegnato (o promesso) armi per un valore di 660 milioni di euro. Esattamente come la Francia. Anche se in rapporto alla nostra forza militare, abbiamo dato di più noi di Parigi. I 660 milioni donati dall’Italia in armi corrispondono al 2,44% dei circa 27,1 miliardi di euro spesi dal nostro Paese per l’esercito.

Più di noi e della Francia hanno fatto invece i Paesi Bassi, con 1,29 miliardi e 860 milioni; stessa cifra oltreoceano per il “pacifico” Canada. Sempre guardando agli accordi bilaterali, tutti gli altri europei hanno invece speso meno: dalla Spagna al Belgio, dalla Svezia alla Repubblica Ceca, anche meno di 100 milioni di euro: il Lussemburgo appena 80mila, la Turchia, nonostante sia una potenza nell’ambito della difesa, 60mila euro di forniture.

In generale, sono stati i Paesi dell’Est e del Nord Europa a dare più armi all’Ucraina in relazione alle proprie possibilità. Oltre a quelli baltici hanno allargato molto i cordoni della borsa la Polonia e la Bulgaria (erogando il 20,97% e il 23,34% dei rispettivi budget per la difesa), la Repubblica Ceca e la Slovacchia (13,83% e il 13,12%), o la Svezia e la Norvegia (8,25% e 8,46%).

“È una percentuale inferiore a quella della Germania, che, criticata agli inizi dagli ucraini per la ritrosia ad aiutarli, alla fine ha inviato in armamenti l’equivalente del 4,98% del proprio budget per la difesa” spiega Truenumbers nella sua analisi. “Allo stesso tempo è però superiore a quella della Francia: nonostante l’attivismo del presidente Macron, i 660 milioni stanziati da Parigi rappresentano solo l’1,38% di tutta la sua spesa statale in questo ambito. In coda, con lo 0,48% anche la Spagna”.

Dobbiamo però considerare che gli aiuti dei Paesi Ue sono anche inseriti nella cornice degli aiuti europei più generali, per cui a ciascun Paese membro spetta una quota dei 3,1 miliardi versati dalle istituzioni comunitarie. Nel caso dell’Italia, si tratterebbe di circa 390 milioni. Tradotto, questo significa che, se sommassimo componente bilaterale e comunitaria, l’Italia avrebbe inviato armi all’Ucraina per 1,05 miliardi.

Non solo armi: gli altri aiuti all’Ucraina

Non dobbiamo dimenticare che Kiev sta ricevendo anche aiuti umanitari e finanziari, oltre alle armi: 12,08 miliardi i primi e 66,21 miliardi gli altri. La Ue in quanto tale ha stanziato 30,32 miliardi, mentre gli Usa meno. Anche qui è utile però operare una distinzione: mentre quelli europei sono prestiti, cioè da restituire, quelli Usa sono a fondo perduto.

L’Italia a livello puramente bilaterale ha dato (o promesso) 330 milioni, di cui 200 milioni sotto forma di credito. “In questo ambito il nostro Paese ha quasi totalmente delegato all’Unione Europea. Lo stesso ha fatto in relazione agli aiuti umanitari” precisa ancora Trunumbers: abbiamo dato solo 50 milioni, contro il miliardo e 600 milioni della Ue. In questo caso in testa ci sono gli Usa, con 3,72 miliardi di euro, e la Germania che a livello bilaterale si è impegnata per 2,5.

A tutti questi aiuti vanno aggiunti quelli per la gestione dei rifugiati, 27,32 miliardi in tutto. A sostenere più della metà di questo costo sono Germania e Polonia, che hanno stanziato rispettivamente 6,81 e 8,36 miliardi. L’Italia ne ha versati o promessi solamente 740 milioni. E ancora, il denaro necessario per la ricostruzione post-bellica.

I Paesi che spendono di più per le armi all’Ucraina

Riassumendo, ecco il quadro di chi sta aiutando di più, militarmente, l’Ucraina nella sua controffensiva contro la Russia.

I Paesi che spendono di più per armi all’Ucraina in valore assoluto, in miliardi:

  1. USA: 44,34 mld
  2. Regno Unito: 4,89 mld
  3. Ue: 3,1 mld
  4. Polonia: 2,43 mld
  5. Germania: 2,36 mld
  6. Canada: 1,29 mld
  7. Paesi Bassi: 0,86 mld
  8. Italia: 0,66 mld
  9. Francia: 0,66 mld
  10. Norvegia: 0,59 mld

I Paesi che spendono di più per armi all’Ucraina in valore relativo, rispetto al totale della propria spesa militare:

  1. Estonia: 48%
  2. Lettonia: 41,50%
  3. Lituania: 26,70%
  4. Bulgaria: 23,34%
  5. Polonia: 20,97%
  6. Lussemburgo: 20,57%
  7. Repubblica Ceca: 13,83%
  8. Slovacchia: 13,12%
  9. Danimarca: 12,29%
  10. Slovenia: 9,67%.