Russia, abortito il colpo di stato: che fine farà Putin

Il capo della Wagner, Evgenij Prigozhin, ha fatto ciò che nessuno avrebbe mai osato: sfidare Putin con un attacco militare. Ora tutti gli scenari sono aperti

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Il colpo di stato che doveva deporre Putin alla fine non si è verificato: le milizie di Evgenij Prigozhin, il papà del gruppo di mercenari Wagner, hanno occupato Rostov sul Don, città sud-occidentale della Russia di oltre un milione di abitanti, mentre una colonna procedeva verso Mosca fermandosi a 200 km dalla Capitale. Un’occupazione singolare quella di Rostov: nessun colpo sparato e tanti selfie con gli abitanti incuriositi.

Colpo di stato in Russia: la Wagner sfida Putin

Il colpo di stato in Russia alla fine non si è verificato, ma l’immagine del presidente russo Vladimir Putin, ne è uscita in pezzi. Per Putin, padre della Russia moderna che ha sempre coltivato l’aura di uomo forte e implacabile, le cose cambieranno inevitabilmente. Evgenij Prigozhin è una creatura di Putin: lui lo ha introdotto nel cerchio magico del Cremlino, lui gli ha affidato i lavori sporchi per conto dell’esercito russo, lui lo ha protetto e arricchito per anni.

Ciò che impressiona l’opinione pubblica è che in quasi un anno e mezzo di guerra la Wagner non è riuscita a prendere l’Ucraina, ma in mezzo pomeriggio è riuscita ad arrivare alle porte di Mosca senza sparare un colpo. Il tutto in uno stato in cui anche solo fare satira sul potere è considerato un atto criminale. I miliziani della Wagner non saranno perseguiti penalmente e alcuni di loro potranno firmare un contratto con la Difesa per unirsi alle truppe regolari russe.

Wagner alle porte di Mosca: i motivi

Gli analisti si domandano chi o cosa abbia spinto Evgenij Prigozhin verso il colpo di stato: il risentimento per la dissennata gestione della guerra che ha causato 20mila morti fra le fila della Wagner? Il denaro degli 007 occidentali? Il denaro degli oligarchi che sono usciti impoveriti dal conflitto?

Ma la domanda principale riguarda il futuro di Vladimir Putin. “Comunque andrà, questo è l’inizio della fine di Putin”, sostiene ottimisticamente il consigliere dell’Ufficio presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak, braccio destro di Zelensky. In realtà tutti gli scenari sono aperti, anche i peggiori. Abbagliata da un pensiero illusorio, parte dell’opinione pubblica occidentale ha visto in Evgenij Prigozhin l’agente interno che avrebbe potuto porre fine al regime del dittatore Putin.

In realtà il colpo di stato è stato dovuto al fatto che Prigozhin considera la linea del Cremlino in Ucraina fin troppo morbida. Prigozhin vorrebbe alzare l’asticella della violenza per prendere l’Ucraina con un colpo d’ala scatenando un bagno di sangue ancora peggiore. Se Putin dovesse dare seguito alle richieste di Prigozhin si verificherebbe la peggiore delle escalation. Ma la sfida di Prigozhin, dalla quale Putin è uscito umiliato, è la dimostrazione che il potere del presidente non è più temibile e inattaccabile come un tempo. Durante il coup d’etat le élite economiche e militari della Russia si sono schierate formalmente dalla parte del presidente, ma nessuno ha osato contrastare materialmente la Wagner.

La Wagner in Africa

Il potere di Prigozhin si estende oltre le zone occupate dalla Wagner in Ucraina: il capo dei mercenari controlla diversi territori africani per conto del Cremlino. Una rottura definitiva significherebbe la perdita dell’influenza russa sul continente africano, faticosamente coltivata nel corso degli ultimi anni.

Per fare previsioni e capire che fine farà Putin è presto. Ciò che è certo è che da ieri il mondo è cambiato.