Governo dà il via alla privatizzazione delle Poste: cosa ha deciso il CdM

Il Consiglio dei Ministri di ieri ha approvato la vendita di una quota di minoranza di Poste Italiane, tale da mantenere il controllo pubblico e nello stesso tempo avviare l'ampio piano di dismissioni pubbliche

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Redazione

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Arriva la privatizzazione delle Poste annunciata da qualche tempo dal governo, che intende mettere a frutto le sue quote in alcune società quotate, con l’intento di racimolare circa 20 miliardi di euro da impiegare per la riduzione del debito e per il finanziamento di altre misure chiave come la riforma fiscale e le pensioni.

Cosa ha deciso il CdM

Il Consiglio dei Ministri di ieri, fra i punti all’ordine del giorno, ha esaminato quello relativo alla “definizione dei criteri per l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell’economia e delle finanze in Poste Italiane”, approvando “in esame preliminare, un provvedimento che regolamenta l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal MEF nel capitale di Poste Italiane”.

Questa quota – spiega Palazzo Chigi – sarà “tale da mantenere una partecipazione dello Stato, anche indiretta, che assicuri il controllo pubblico“.

“Le modalità di alienazione – si assicura – tenderanno anche a favorire la tutela dell’azionariato diffuso e la stabilità dell’assetto proprietario“.

Quale quota?

Il MEF attualmente detiene una quota del 29,6% di Poste Italiane ed un altro 35% è in capo alla Cassa depositi e prestiti. Una “salda” maggioranza di circa il 75% che potrebbe essere ridotta mantenendo sempre il controllo della società che gestisce il servizio postale universale.

Secondo le ipotesi circolate nell’ultimo periodo, il Tesoro sarebbe intenzionato a porre sul mercato una quota del 13%, mantenendo comunque una salda maggioranza.

Il governo dà il via al piano dismissioni

Il Governo ha così materialmente dato il via ad un più ampio piano di dismissioni, che dopo il collocamento sul mercato di una quota del 25% di Banca Monte dei Paschi di Siena, privatizzata in piena crisi finanziaria dopo gli scandali che colpirono la storica banca senese.

Del Piano di cessione delle partecipazioni pubbliche detenute in società quotate ne aveva parlato il Ministro Giorgetti e anche, più di recente, la Premier Giorgia meloni, annunciando di voler incassare dalla vendita dei “gioielli” di Stato circa 20 miliardi di euro in tre anni, pari all’1% del PIL.

Dopo Poste, il Governo potrebbe decidere di vendere altre partecipazioni, ad esempio un 4% in Eni, che varrebbe 2 miliardi di euro. L’operazione però dovrà attendere ancora un po’, perché a società del cane a sei zampe sta al momento completando un piano di buyback azionario (entro aprile), cui sarebbe subordinata la dismissione della quota in capo al MEF.

Poi sarà la volta delle Ferrovie dello Stato, società ancora in mano pubblica, per la quale non si esclude neanche una quotazione in Borsa, e di un’altra tranche del pacchetto del 39% di MPS ancora in mano pubblica.