Terremoto a Taiwan, si fermano le fabbriche dei chip e l’industria mondiale teme per lo stop

L'industria mondiale teme per il blocco della produzione di chip a Taiwan dopo la violenta scossa di terremoto: cosa succede alla produzione dei semiconduttori

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

La violenta scossa di terremoto di magnitudo 7.4 che ha colpito Taiwan il 3 aprile rischia di avere pesanti ripercussioni sull’industria mondiale. Il sisma, infatti, ha portato Tmsc, la Taiwan Semiconductor Manufacturing, a fermare la produzione nei propri stabilimenti in attesa di valutare l’impatto del terremoto prima di riprendere la produzione. Lo stesso ha fatto la United Microelectronics, azienda concorrente di Tmsc, portando di fatto allo stop alle aziende che producono chip nel Paese.

E con le due aziende ferme, verranno meno le produzioni di milioni e milioni di chip che vengono poi esportati in giro per il mondo e che sono fondamentali per la realizzazione di smartphone, auto e, più in generale, di dispositivi digitali ed elettrodomestici.

Le aziende dei chip si fermano dopo il terremoto

A portare Tmsc e United Microelectronics a fermarsi è la paura che il sisma ha portato con sé. Al di là dei 7.4 gradi di magnitudo, che solo a leggerli fanno paura e sentirli di certo hanno fatto scorrere i brividi sulla schiena, la scossa potrebbe aver provocato ingenti danni.

I chip, infatti, sono dispositivi altamente vulnerabili e anche una piccola vibrazione passeggera può causare la distruzione di interi lotti di semiconduttori. Motivo per il quale, prima di tutto, dovranno essere controllati quelli già prodotti e, successivamente, si deciderà sul da farsi.

Fonti di Tsmc hanno dichiarato a Nikkei, l’agenzia di stampa giapponese, che “alcuni wafer si sono incrinati” e che i dipendenti saranno richiamati nei giorni di festività per recuperare la produzione persa, ma la grande industria trema.

A temere, soprattutto, sono aziende come Apple e Nvidia che da Taiwan ricevono i semiconduttori che danno vita ai loro dispositivi.

L’importanza di Taiwan e i precedenti

Non si tratta di un caso isolato, perché già in passato alcuni blocchi hanno provocato danni ingenti che si trascinano ancora oggi. Tmsc negli anni ha di sicuro investito molto per ridurre al minimo i rischi correlati ai terremoti, ma il blocco delle fabbriche può avvenire per diversi casi.

Negli ultimi anni, infatti, la catena produttiva si è fermata più volte. Oltre al periodo di tensione con la Cina, con le navi schierate al largo del Paese che facevano temere una escalation, il caso più eclatante e di certo ricordato da tutti è quello legato alla pandemia.

Durante gli anni del Covid, lo stop alle fabbriche di semiconduttori in Asia ha provocato un vero e proprio inceppamento nelle catene di produzione di beni in ogni nazione del mondo, colpendo ogni industria tech. Dalle aziende che producevano dispositivi elettronici all’industria dell’auto, infatti, nessuno è stato escluso dalla crisi dei semiconduttori che ora, con il terremoto avvenuto il 3 aprile a Taiwan, fa nuovamente temere il blocco.

Tmsc e United Microelectronics, dalla loro, hanno assicurato che la sospensione sarà momentanea e tutto il lavoro che è stato perso verrà recuperato in giorni non lavorativi, ma il timore non si allontana. Soprattutto perché senza chip non possono esserci tanti dispositivi d’uso quotidiano.

Quelli prodotti a Taiwan, nello specifico, hanno un compito fondamentale per l’industria perché sono davvero ovunque.