Cina, disoccupazione giovanile mai così alta nel 2024: 17,1% a luglio. I settori più in crisi

Il tasso di disoccupazione in Cina, tra i 16 e i 24 anni, era del 13,2% a giugno. Lo rivela il National Bureau of Statistics

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

A luglio il tasso di disoccupazione giovanile in Cina si è attestato al 17,1%. Si tratta del livello più alto raggiunto dall’inizio dell’anno, secondo i dati pubblicati dal National Bureau of Statistics. Nella fascia di età compresa tra i 16 e i 24 anni (che non include più gli studenti dopo che Pechino ha modificato la formula utilizzata per calcolare la disoccupazione), a giugno il tasso di disoccupazione si attestava al 13,2%.

Cina: disoccupazione in aumento

Continua a crescere il tasso di disoccupazione in Cina, che a luglio ha raggiunto il livello più alto dall’inizio del 2024 (17,1% rispetto al 13,2% di giugno) secondo i dati ufficiali del National Bureau of Statistics. Il mese precedente, il tasso tra i giovani compresi tra i 25 e i 29 anni si è attestato al 6,5%, senza considerare gli studenti universitari, mentre il dato scende al 3,9% se si considerano le persone che vanno dai 30 ai 59 anni.

Secondo gli analisti, il Paese, già alle prese con la guerra commerciale e la crisi immobiliare, entrerà in un periodo di prolungata lentezza nella seconda metà dell’anno e oltre. Nel 2023, il tasso aveva raggiunto un picco del 21,3%, prima che le autorità sospendessero la pubblicazione dei dati, ufficialmente per rivedere la loro metodologia.

In sei mesi, il dato è passato dal 21,3% al 14,9%, grazie a un processo di raccolta che ha escluso i giovani della fascia 16-24 anni iscritti a scuole e università, restringendo non poco il campo di osservazione (più di 62 milioni di persone sono studenti).

A marzo di quest’anno, il 15,3% dei giovani risultava disoccupato, il triplo rispetto al tasso di disoccupazione complessivo. Questo ha spinto una buona parte di laureati, che per tanti anni ha sognato una carriera nelle grandi metropoli del Paese, a spingersi nelle contee e nelle città più piccole per cercare lavoro, come spiega uno studio di Mycos.

Secondo l’indagine, il numero di neolaureati che sono pronti ad accettare un lavoro al di fuori delle grandi città è passato dal 20% del 2018 al 25%. “Per decenni, i laureati hanno scelto di iniziare la loro carriera nelle grandi città, dove ci sono i posti di lavoro più prestigiosi e più pagati. Ma questa situazione ha iniziato a cambiare, poiché il costo della vita nelle grandi città continua a crescere e la competizione diventa sempre più intensa”, ha scritto il SixthTone.

Quali sono i settori più in crisi?

L’impatto della pandemia e la politica zero Covid hanno avuto pesanti ripercussioni sull’industria dei servizi cinese, incline ad assumere i giovani. Ma non sono gli unici due fattori da considerare.

Secondo uno studio di Goldman Sachs, nonostante un aumento significativo dei laureati, soprattutto in settori come l’educazione, lo sport, la tecnologia e l’immobiliare (+20%), la domanda di lavoro in questi ambiti non è cresciuta allo stesso ritmo. Le politiche governative restrittive nei confronti di alcuni settori, come il tech, hanno ulteriormente aggravato la situazione, portando a massicci licenziamenti nelle grandi aziende.

Come rivela un sondaggio dei dirigenti di fabbrica cinesi, le assunzioni risultano bloccate nel settore manifatturiero, indice di un’economia domestica poco dinamica (l’indicatore di occupazione è fermo da febbraio 2023).

In contrapposizione a tale tendenza, il settore dei servizi ha registrato un incremento occupazionale senza precedenti negli ultimi 11 mesi, come evidenziato dall’indice Pmi dei servizi Caixin/S&P Global. Un dato che alimenta un cauto ottimismo tra i funzionari, in ansia per le potenziali ripercussioni sociali ed economiche di una crisi occupazionale giovanile.