Tra le numerose misure contenute nel cosiddetto Decreto Omnibus (che in realtà sono due: qui trovate tutte le norme approvate dal Cdm), ha destato particolare scalpore e interesse la regola che introduce una tassa sugli extraprofitti delle banche.
Se da un lato le reazioni di maggioranza e opposizione condividono sulla bontà della misura, dall’altro i mercati sono sembrati tutt’altro che entusiasti, con ribassi anche pesanti dei titoli del settore subito dopo l’approvazione del provvedimento. Ma cosa prevede la nuova norma voluta dal Governo Meloni?
Cos’è il prelievo sugli extraprofitti bancari
La norma sugli extraprofitti bancari è giunta “a sorpresa”. Il prelievo delle somme sarà limitato al 2023 (relativo ai bilanci 2022 e 2023) e gli introiti pubblici saranno impiegati sostanzialmente in due ambiti:
- aiuto per i mutui sulla prima casa;
- taglio delle tasse.
Il Governo ha deciso di intervenire dopo l’aumento dei tassi da parte della BCE (di cui avevamo parlato anche qui), il quale ha portato al conseguente innalzamento del costo del denaro per famiglie e imprese. “Non c’è stato un altrettanto solerte, veloce e importante aumento per i consumatori. Quindi in questo gap si verrà a contare un 40% di prelievo dagli extraprofitti multimiliardari delle banche“, ha spiegato in conferenza stampa il vicepremier Matteo Salvini.
Quanto vale e come funziona la tassa sugli extraprofitti
“Non entriamo nel merito delle cifre”, ha subito puntualizzato Salvini dopo l’ok del Cdm. “Basta però guardare gli utili del primo semestre 2023 delle banche per capire che non stiamo parlando di qualche manciata di milioni, ma si può ipotizzare di alcuni miliardi”. Secondo una prima stima, la misura dovrebbe portare nelle casse dello Stato più di due miliardi di euro.
Il prelievo del 40% scatterà se il margine di interesse registrato nel 2022 “eccede per almeno il 3%” il valore dell’esercizio 2021. La percentuale sale al 6% se si confronta il 2023 col 2022. La tassa non potrà superare comunque il 25% del valore del patrimonio netto alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023.
L’imposta straordinaria non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive e dovrà essere versata entro il sesto mese successivo a quello di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 (dove le banche stanno chiudendo: addio filiali in oltre 3mila Comuni).
Nel testo licenziato dal Cdm si legge inoltre che “i soggetti che, in base a disposizioni di legge, approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, possono effettuare il versamento entro il mese successivo a quello di approvazione del bilancio”. Per i soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare, se il termine di cui ai primi due periodi scade nell’anno 2023, il versamento è effettuato nel 2024 e, in ogni caso, entro il 31 gennaio.
Le reazioni di politica e mercati
“Non è una misura contro le banche, ma un provvedimento a protezione delle famiglie e di tutti quei soggetti che si sono trovati in difficoltà per il pagamento dei mutui”, ha rassicurato il ministro Antonio Tajani. Salvini l’ha definito “un provvedimento di equità”.
Non è apparsa molto d’accordo Piazza Affari, che la mattina seguente ha bruciato 10 miliardi di euro. Il crollo dei titoli delle banche era inevitabile già dalla prima ora di scambi in Borsa. Gli esperti osservano che “il nuovo impatto è anche superiore alla simulazione che abbiamo eseguito ad aprile”. Stando ai calcoli, l’utile netto delle banche nel 2023 potrebbe essere ridotto di circa il 10%.