Debito pubblico dell’Italia, scende il costo degli interessi: gli effetti sul governo

Il costo del debito pubblico italiano è calato nel 2023: un'opportunità di risparmio in più per il governo

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Il costo apparente del debito pubblico italiano è sceso nel 2023 rispetto al 2022 di tre decimi di punto percentuale, passando dal 3,2% al 2,9%. Lo riporta Eurostat che sottolinea come il nostro Paese sia uno dei pochi all’interno dell’Ue a confermare questa tendenza. Inoltre le statistiche mostrano che buona parte del debito dei Paesi dell’Unione europea è contratto in euro.

L’Italia sta attraversando un momento delicato dal punto di vista del debito pubblico. La spesa generata dai bonus edilizi ha ridotto le possibilità del governo di fare deficit, comportando anche una violazione delle nuove e meno restrittive norme europee in merito.

Scende il costo del debito pubblico italiano

Secondo l’ultima rilevazione di Eurostat, agenzia di statistica che analizza dati da tutto il territorio dell’Unione europea, il costo apparente del debito pubblico italiano è sceso nel 2023 al 2,9%, dal 3,2% del 2022. Il costo apparente è il rapporto tra gli interessi maturati da un qualsiasi debito e l’ammontare del debito medio stesso di quell’anno, espresso appunto in percentuale. È un modo per calcolare quanto gli interessi pesino sul debito pubblico di un Paese e, nel caso dell’Italia, nonostante il calo questo rapporto rimane molto alto.

Solo Ungheria (6,8%), Romania (4,5%), Polonia (4,5%) e Cechia (3,2%) hanno numeri peggiori, ma in termini assoluti i debiti pubblici di questi Paesi non sono paragonabili a quello italiano. Il nostro Paese è però anche uno dei pochi, insieme a Finlandia e Danimarca, che registra un calo di questo parametro, mentre in tutti gli altri Stati membri dell’Ue, il costo apparente del debito pubblico è cresciuto.

All’interno della rilevazione dell’Eurostat è inclusa anche la misurazione della percentuale delle valute in cui il debito dei Paesi europei è stato acquistato. In buona parte, il 99,5% del valore totale, è in euro. Soltanto gli Stati che non hanno ancora adottato la moneta unica hanno una percentuale del proprio debito pubblico espresso in altre valute. Fa eccezione la Germania, unico Stato dell’area euro a non avere il 100% del proprio debito espresso in moneta unica.

Gli effetti del calo del costo del debito sul governo

Da alcuni mesi il governo si sta preparando ad affrontare la situazione debitoria dello Stato italiano. Dopo le spese della pandemia, in particolare legate ai bonus edilizi, il debito pubblico è cresciuto fino a raggiungere il i 2.900 miliardi di euro ad aprile 2024. Il rapporto tra il deficit e il Pil è al 7,4%, mentre quello tra il debito e il Pil è attorno al 137%. Dati ampiamente fuori dai nuovi parametri europei, anche considerando la flessibilità concessa in fase di trattativa dalla Commissione.

L’Italia è quindi chiamata a una fase di rientro, che significherà una riduzione della spesa pubblica e una diminuzione del debito fino a rientrare, se non nei parametri stabiliti dall’Ue, almeno all’interno di limiti accettabili. La riduzione del costo del debito è un passo in avanti in questo senso. Rappresenta un calo del peso degli interessi e quindi una spesa in meno per lo Stato. Date le cifre così alte, anche una piccola diminuzione di pochi decimi di punto percentuale può essere significativa e far risparmiare miliardi di euro.