Il Tribunale amministrativo regionale, Tar, del Lazio ha sospeso il decreto legge dello scorso giugno con cui il Governo equiparava il cannabinolo (Cbd) alle sostanze stupefacenti, rendendo diversi prodotti a base di canapa, tra cui la cosiddetta cannabis light, illegali. La decisione aveva messo a rischio un’intera filiera che si era sviluppata dal 2016 in una zona grigia della legislazione.
Il ricorso è stato presentato dall’Ici, associazione che rappresenta gli imprenditori italiani del settore della canapa, i più colpiti dalla decisione. Per il momento quindi le aziende potranno continuare nelle loro attività, in attesa dell’udienza che deciderà definitivamente sulla questione, il 16 dicembre prossimo.
Il Tar del Lazio sospende il decreto contro la cannabis light
Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso dell’Ici, Imprenditori canapa Italia, e ha bloccato il decreto legge del Governo che equiparava il Cbd alle sostanze stupefacenti. Il Cbd, o cannabinolo, è uno dei due principi attivi più comuni nelle inflorescenze di canapa, insieme al Thc. A differenza di quest’ultimo e pur avendo effetti antidepressivi e ansiolitici, il Cbd non ha nessun effetto stupefacente. Al contrario, se assunto insieme al Thc ne diminuisce l’intensità dei fenomeni psicotropi, agendo da antagonista su alcuni ricettori del cervello.
Nonostante ciò, il Governo di Giorgia Meloni reputa comunque che questa sostanza sia stupefacente in quanto proveniente dalle inflorescenze di canapa. Quindi ha già provato due volte a inserirla nelle tabelle delle sostanze proibite tramite due decreti, uno del 2023 e l’ultimo di giugno 2024. Esattamente come accaduto mercoledì 11 settembre 2024, anche la legge dello scorso anno era stata bloccata dal Tar del Lazio.
Il decreto che il Tar ha bloccato prevedeva che la vendita di prodotti contenenti Cbd fosse riservata alle farmacie e soltanto dietro a ricetta medica. È invece in discussione alla Camera, inserito nel disegno di legge sulla sicurezza, un regolamento molto più stringente che renderebbe completamente illegale la vendita di cannabis light. Questa normativa preoccupa molto gli imprenditori.
Aziende salve fino a dicembre, ma la filiera rimane a rischio
Fin dal 2016 la normativa italiana sulla coltivazione di canapa è profondamente cambiata. Una legge di quell’anno infatti ha permesso, dopo anni di proibizionismo, il ritorno all’impiego di questa pianta a fini industriali. Un testo che ha creato una zona grigia attorno a una serie di prodotti con bassissimo contenuto di principio attivo stupefacente, la cannabis light, ma ha anche dato vita a una filiera significativa di realizzazione di vari prodotti che vanno dall’ambito tessile a quello cosmetico.
La legge in discussione alla Camera, e parzialmente il decreto legge bloccato dal Tar del Lazio, mettono in pericolo la sopravvivenza delle centinaia di aziende nate negli ultimi 8 anni, 800 delle quali si occupano della coltivazione della cannabis light, coadiuvate da 1.500 società di trasformazione. Il settore intero impiega 10mila persone a tempo indeterminato e oltre 5mila stagionali.
Secondo i dati reperibili, ancora relativamente pochi data la giovane età dell’industria, il fatturato annuo di questo settore è di circa 500 milioni di euro e dipende quasi per intero dall’esportazione all’estero, un altro aspetto che il disegno di legge in discussione alla Camera colpisce duramente.