Booking, Antitrust apre un’istruttoria per abuso di posizione dominante: nel mirino i prezzi degli hotel

La strategia dell'azienda portava ad ostacolare lo svolgimento di una concorrenza effettiva nel mercato

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

L’Autorità garante della concorrenza ha preso di mira Booking su segnalazioni di Federalberghi e Confindustria Alberghi per indagare su possibili abusi di posizione dominante nel mercato degli intermediari online per prenotazioni alberghiere. In una nota, l’Authority ha annunciato ispezioni presso le sedi di Booking.com (Italia) srl, condotte con il supporto del Nucleo speciale Antitrust della Guardia di Finanza.

Nel provvedimento si afferma che Booking ha progressivamente consolidato una posizione di primaria importanza tra le agenzie online nel corso degli anni. Nel 2019, Booking è stato identificato come l’operatore dominante in numerosi paesi europei, facilitando in media circa il 68% delle prenotazioni alberghiere effettuate attraverso piattaforme digitali. In Italia, questa quota si attesta intorno al 70%.

Booking e il programma partner ‘Preferiti’

Al centro dell’indagine condotta dall’Autorità si trova il programma Partner Preferiti e Preferiti Plus di Booking, che ha attirato l’attenzione per le sue implicazioni sul mercato nazionale dei servizi online di intermediazione e prenotazione alberghiera. L’Autorità ha sottolineato che la strategia legata a questo programma sembra avere un impatto negativo sulla concorrenza, danneggiando altre agenzie di viaggio online e influenzando negativamente sia le strutture ricettive che, in ultima analisi, i consumatori. Tale impatto si manifesta potenzialmente attraverso l’aumento dei prezzi e una minore varietà di scelta nei servizi di prenotazione online.

Il programma Partner Preferiti funziona concedendo vantaggi alle strutture alberghiere partecipanti in termini di visibilità delle loro offerte nei risultati di ricerca su Booking. Tuttavia, questo privilegio comporta l’obbligo per le strutture di pagare commissioni più elevate e di garantire che i prezzi offerti su Booking siano “competitivi”, ossia in linea o inferiori a quelli proposti altrove, inclusi i propri siti o altre agenzie di viaggio online (conosciute come Ota). Nel 2019, secondo il sito tedesco Statista, circa il 68% delle stanze affittate attraverso le Ota è passato da Booking.

L’Autorità ha spiegato che Booking, utilizzando un sistema di monitoraggio sofisticato, verifica se una struttura offre tariffe più convenienti su altri siti online. In caso affermativo, Booking si riserva il diritto di applicare uno sconto (chiamato Booking Sponsored Benefit) senza richiedere il consenso della struttura, al fine di allineare i suoi prezzi con quelli migliori disponibili altrove. La società ha 198 uffici in 70 Paesi e conta un fatturato di 17 miliardi di dollari.

Nel pomeriggio, la società ha scritto alla redazione di QuiFinanza chiedendo di scrivere: “Possiamo confermare che stiamo pienamente collaborando con la Guardia di Finanza e l’Autorita’ Garante della Concorrenza e del Mercato, che ieri hanno svolto delle ispezioni nei nostri uffici in Italia”.

Il precedente con il Fisco

Booking non è estraneo a controversie legali, come dimostrato dall’accordo raggiunto a novembre 2023 con l’Agenzia delle Entrate per il pagamento di 94 milioni di euro. Questo accordo è stato raggiunto a seguito della mancata applicazione dell’IVA sui suoi servizi nel periodo compreso tra il 2013 e il 2022.

Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza hanno rivelato che Booking fatturava le sue prestazioni di intermediazione online, destinate agli albergatori, applicando indiscriminatamente il meccanismo del reverse charge a tutti i clienti italiani. Secondo questo sistema, l’imposta è dovuta dal committente anziché dal fornitore, ma solo se il committente è titolare di partita Iva. Tuttavia, Booking.com emetteva fatture prive dell’imposta sul valore aggiunto, anche per gli affittacamere che non possedevano una partita Iva. L’indagine condotta dalla Procura di Genova è stata supportata dalla documentazione fornita dalle autorità giudiziarie olandesi.