L’Italia ha un problema con la natalità: nascono sempre meno bambini. Le motivazioni sono tante e complesse, analizzate da molti esperti tra fatalisti e razionalisti. Sono i dati numerici quelli che spaventano di più, come quelli legati alla recessione, al costo del welfare, alla chiusura delle scuole per assenza di nuovi iscritti e al numero di futuri lavoratori.
Si tratta di numeri forti, negativi di centinaia di migliaia di unità, che fanno pensare a uno scenario drammatico. La narrazione crea un senso di allarme e, quando si parla di natalità, il rischio di finire in una discussione ideologica è subito dietro l’angolo.
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Nascono sempre meno bambini
Negli ultimi cinque anni le nascite sono passate da 420.084 a circa 370.000 (ultimi dati registrati per il 2024). Se si tentano dei calcoli, con questo ritmo:
- nel 2025 la popolazione italiana è di 59 milioni di abitanti;
- nel 2050 la popolazione italiana sarà di 54,8 milioni di abitanti;
- nel 2080 la popolazione italiana sarà di 46,1 milioni di abitanti.
Si tratta di un fenomeno già individuato in diverse altre società avanzate, che vedono cambiare la composizione della propria popolazione. Cambiano infatti i rapporti tra individui in età lavorativa, aumenta il numero delle persone anziane e diminuiscono i nuovi ingressi. In futuro il rapporto tra pensionati e lavoratori scenderà inevitabilmente a 1 a 1, se non si trovano meccanismi alternativi per compensarlo.
L’Istat ci racconta che nel 2050 le persone di 65 anni e oltre rappresenteranno il 34,5% del totale della popolazione, ovvero un ribaltamento dell’età media italiana.
Meno lavoratori e rischio crollo del Pil
I numeri sulle nascite ci parlano del loro futuro impatto sul mercato del lavoro. Entro il 2040, secondo le stime degli enti di ricerca, il numero di persone in età lavorativa scenderà di circa 5 milioni di unità. Secondo Bankitalia si tradurrà in una contrazione del prodotto pari all’8% in termini pro capite. Alcune stime sono più pessimistiche e altre meno, ma in generale il numero di anziani a carico per ogni persona in età lavorativa è destinato ad aumentare, fino al dato del 2080 in cui ogni 100 giovani ne sosterranno 312.
Un dato che si riflette ovviamente anche sul Pil, le cui proiezioni pro capite mostrano una diminuzione dello 0,67% annuo. Peggio di noi, nella zona euro, solo la Grecia con -1,8%.
Aumenti di costi sanitari e welfare
Sono tanti gli studi che evidenziano l’aumento del costo della spesa sanitaria, e il motivo è semplice: più persone anziane, maggiore necessità di supporto sanitario. Nel rapporto 2024 Awg si legge:
Dal 2022 al 2070 si realizza una riduzione della spesa pensionistica sul Pil, mentre crescerà sia la spesa sanitaria sia quella per long-term care.
Questo perché, sempre secondo l’Istat e come riportato da Il Sole 24 Ore, entro il 2043 il 40% delle famiglie sarà composto da una sola persona e si prevedono 6,2 milioni di over 65 (+38,8%) e 4 milioni di over 75 (+4%) che vivranno da soli.
Per questo la spesa per il welfare, composta da pensioni e sanità, subirà una crescita continua: entro il 2043, secondo i calcoli del Mef, tali spese arriveranno al 25,1% del Pil.
Una terapia d’urto c’è, e lo ricordano gli enti che indagano il fenomeno: serve stabilità e sicurezza geopolitica, politiche più strutturate a favore delle famiglie e delle potenziali famiglie, e infine, ma non per importanza, l’apporto degli stranieri.