Inchiesta Liguria, Ivana Semeraro è la manager che ha detto “No” ai finanziamenti di Toti

Settimana fondamentale per il caso di corruzione che ha sconvolto la Liguria. Verranno analizzati tutti i dispositivi elettronici e verrà ascoltato il sindaco Bucci, preoccupato per i rallentamenti dei cantieri

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Questa settimana potrebbe rivelarsi fondamentale per l’inchiesta sulla presunta corruzione che ha scosso la Liguria e che ha portato agli arresti domiciliari il presidente Giovanni Toti. Nella giornata di ieri, 20 maggio 2024, era previsto il completamento delle copie forensi di telefoni, computer e altri dispositivi elettronici del governatore e degli altri indagati. Questi dispositivi verranno analizzati per acquisire messaggi e mail.

Non tutti si sono fatti ingolosire da promesse facili. Ivana Semeraro è emersa come una figura chiave, non solo per il suo ruolo in un importante fondo infrastrutturale, ma anche per la sua posizione chiara e decisa contro finanziamenti che potrebbero essere percepiti come corrotti.

Il problema reputazionale della Liguria, nel frattempo, non è di poco conto, perché ci sono in ballo, come ha ripetuto il sindaco di Genova Bucci, ben 7 miliardi da investire, mentre c’è il problema dello stallo dei cantieri.

Ivana Semeraro è la manager che ha detto “No” ai finanziamenti di Toti

Ivana Semeraro, 49 anni, manager di rilievo dal 2013 presso Icon Infrastructure Llp, un fondo con sede a Londra, è al centro dell’attenzione per una vicenda che va oltre il suo curriculum impressionante. Originaria di Martina Franca (Taranto) e laureata alla Bocconi, ha avuto incarichi in Ernst & Young, Deutsche Bank, e Eea Fund Management.

In questi giorni il suo nome compare sui giornali per un motivo ben diverso: il suo netto rifiuto alla richiesta di Aldo Spinelli di finanziare il comitato di Giovanni Toti.

Nello specifico, Semeraro ha negato la richiesta di Spinelli di versare 40.000 euro al comitato di Toti, motivando la sua decisione con preoccupazioni legate alla reputazione e alla potenziale percezione di corruzione. “Abbiamo un po’ di problemi ad approvare la donazione,” ha dichiarato Semeraro durante uno scambio con l’imprenditore. Quando Spinelli ha chiesto spiegazioni, lei ha risposto: “Perché è un problema reputazionale, perché i partiti politici ovviamente fanno parte delle varie istituzioni e quindi questi pagamenti possono essere sempre un po’… visti come corruzione, altre cose”.

Il Corriere della Sera riporta che Spinelli aveva richiesto il finanziamento a Icon Infrastructure Llp, un fondo immobiliare con un patrimonio di 8 miliardi di dollari. Fino a gennaio 2023, questo fondo deteneva il 45% delle quote della Spinelli Srl, successivamente vendute ai tedeschi di Hapag-Lloyd. La Spinelli Srl controlla la maggioranza di Terminal Rinfuse Genova, una società sotto inchiesta per una concessione sospetta di 30 anni.

La decisione di Semeraro è stata catturata in un’intercettazione, diventata parte degli atti dell’indagine. Nel dialogo, quando Spinelli prova a insistere dicendo: “Lo so, ma gioia, sai cosa…”, Semeraro risponde fermamente: “Lo so che non è”. La conversazione si conclude con Spinelli che, rassegnato, risponde: “Eh, vabbè, ok, ciao, grazie, ciao”.

Scadenza dei ricorsi e interrogatori

Sono scaduti anche i termini per la presentazione dei ricorsi al Tribunale del Riesame. Finora, l’unico a fare appello è stato l’imprenditore Mauro Vianello, mentre Giovanni Toti, come annunciato dalla sua difesa, ha deciso di non presentare ricorso.

Anche Aldo Spinelli, agli arresti domiciliari come Toti, ha deciso di non fare ricorso. Toti attende di essere interrogato dai pm, ma questi ultimi hanno dichiarato che prima di ascoltarlo vogliono approfondire ulteriormente i punti dell’inchiesta. Di particolare rilevanza saranno le testimonianze previste per la settimana, tra cui quella del sindaco di Genova, Marco Bucci.

Analisi dei conti e difficoltà economiche

Gli inquirenti stanno esaminando attentamente i conti di Giovanni Toti e Paolo Emilio Signorini. Quest’ultimo, ex presidente dell’autorità portuale di Genova e Savona, guadagnava circa 230.000 euro all’anno. Tuttavia, al momento dell’arresto da parte della Guardia di Finanza, non sono stati trovati soldi nella sua disponibilità.

Secondo “Il Secolo XIX”, questa situazione potrebbe essere legata alla passione di Signorini per il gioco d’azzardo. Dalle intercettazioni emergono difficoltà economiche per l’ex Ad di Iren, che sarebbe stato più volte aiutato da Aldo Spinelli. Le indagini hanno rivelato che Signorini frequentava spesso il casinò di Monte Carlo, con soggiorni e fiches pagati da Spinelli.

Prossime mosse degli inquirenti

I pm hanno espresso l’intenzione di riascoltare la registrazione dell’interrogatorio di Roberto Spinelli, figlio di Aldo, per chiarire alcune dichiarazioni riguardanti presunti “finanziamenti illeciti”. Roberto Spinelli, attraverso i suoi legali, ha affermato di aver parlato di “finanziamenti leciti”.

Gli inquirenti però considerano valida la trascrizione originale e sostengono che questo dettaglio non altera il quadro accusatorio per corruzione, che coinvolge anche il governatore Toti.

Commissione ispettiva

Questa settimana si riunirà la commissione ispettiva voluta dal Ministero per le Infrastrutture, che nei primi giorni della prossima settimana si recherà presso gli uffici di Palazzo San Giorgio a Genova, sede dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale. L’autorità è attualmente guidata dal commissario straordinario Paolo Piacenza, ex segretario generale dell’ente, indagato per abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta.

Il “Modello Genova”: tutti i cantieri a rischio rallentamento

Dopo il crollo del ponte Morandi nell’agosto 2018, lo Stato ha fornito ingenti fondi e poteri speciali a Genova e alla Liguria. Un mese e mezzo dopo la tragedia, il governo ha approvato il decreto “Genova”, che ha assicurato fondi per la ricostruzione del ponte e regole speciali per accelerare l’apertura dei cantieri. Questo modello di gestione, noto come “modello Genova”, prevede procedure meno rigide rispetto al resto d’Italia, gestite da un commissario con ampia libertà d’azione, inclusi tempi di appalto ridotti e deroghe a norme che potrebbero rallentare i lavori, tranne quelle relative ai reati, disposizioni antimafia e sicurezza sul lavoro.

Grazie a queste norme, il ponte Morandi è stato demolito e ricostruito in soli due anni.

Molti degli arrestati nell’ambito dell’inchiesta hanno avuto a che fare con queste opere. L’indagine si concentra in particolare sulla gestione degli spazi commerciali del porto, assegnati ad aziende private per la gestione delle merci. Oltre a Toti, tra gli arrestati figurano l’imprenditore portuale Aldo Spinelli e l’ex presidente dell’autorità portuale Paolo Emilio Signorini, accusato di aver accettato tangenti in cambio di favori nell’assegnazione delle concessioni. La costruzione della nuova diga foranea del porto di Genova, uno dei progetti più costosi del Pnrr, è particolarmente coinvolta.

Signorini, capo dell’autorità portuale, ha gestito direttamente le procedure per la diga, iniziata un anno fa. La nuova diga, del costo stimato di 1,3 miliardi di euro, faciliterà l’accesso delle grandi navi portacontainer. I fondi provengono dal fondo complementare del Pnrr, il fondo per le infrastrutture portuali, la Banca Europea degli Investimenti (Bei) e l’autorità portuale e le amministrazioni locali. L’appalto è stato vinto da un consorzio guidato dal gruppo Webuild, già responsabile della ricostruzione del ponte Morandi.

L’inchiesta, che include reati come abuso d’ufficio, turbativa d’asta e attentato alla sicurezza della navigazione, ha già avuto un impatto significativo. L’amministratore delegato di Webuild, Pietro Salini, ha assicurato che i lavori proseguiranno nonostante gli arresti.

Un altro cantiere complesso è il Terzo Valico, una rete ferroviaria ad alta velocità destinata a collegare il porto di Genova a Tortona e poi alle reti esistenti verso Milano e Torino. Il progetto, avviato negli anni Novanta, ha affrontato scandali e inchieste, ma i lavori sono ripresi con l’obiettivo di completare la tratta lunga 53 chilometri, di cui 37 in galleria, entro due anni.

Anche la Gronda, un progetto per migliorare il traffico autostradale intorno a Genova, è in attesa di ultime autorizzazioni. L’arresto di Toti ha implicazioni sui tempi e sulle procedure per queste opere.

Altre due opere a rischio rallentamento sono lo scolmatore e il rigassificatore a Vado Ligure, entrambi sotto la supervisione commissariale di Toti. Lo scolmatore è una galleria fondamentale per la gestione delle acque del torrente Bisagno, mentre il rigassificatore è essenziale per il trattamento del gas naturale liquefatto.