Il processo sul crac di Bio-On, la società di bioplastiche fallita nel 2019, è ufficialmente iniziato a Bologna. Le indagini, avviate dopo l’attacco del fondo speculativo Quintessential Capital Management (QCM), hanno portato all’incriminazione di nove persone, tra cui l’ex presidente Marco Astorri e il suo vice Guido Cicognani. Gli imputati rispondono, a vario titolo, di bancarotta fraudolenta e distrazione di fondi. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Bologna, ha rivelato una serie di irregolarità contabili e gestionali che hanno portato al collasso di una delle startup più promettenti del panorama italiano. Cerchiamo di ricostruire l’ascesa e il fallimento del “sogno Bio-On”.
Nascita e ascesa di Bio-On: un sogno di bioplastica
Fondata da Marco Astorri e Guido Cicognani, Bio-On prometteva di rivoluzionare il mondo della plastica con il PHA (poliidrossialcanoato), un polimero biodegradabile scoperto nel 1926 dal chimico francese Maurice Lemoigne. Il processo di produzione coinvolgeva batteri che, nutrendosi di scarti alimentari, producevano una sostanza capace di trasformarsi in plastica completamente biodegradabile.
Bio-On, fin dalla sua fondazione, aveva una missione ambiziosa: risolvere la crisi della plastica non biodegradabile e offrire una soluzione sostenibile alle aziende di tutto il mondo. Nel 2011, Bio-On comparve sulla copertina di Wired Italia, consolidando la sua reputazione come una delle startup più innovative nel settore delle bioplastiche. Tra i suoi progetti di punta c’erano collaborazioni con Ikea, Kartell, Unilever e altri marchi di fama mondiale.
Nel 2014, Bio-On si quotò nel segmento AIM di Borsa Italiana, riservato alle piccole e medie imprese. Grazie alle promesse di crescita sostenibile e all’innovazione, la capitalizzazione della società schizzò a oltre 1,3 miliardi di euro. Al suo apice, nel 2018, Bio-On si trasformò in un “unicorno”, ossia una startup con una valutazione superiore al miliardo di euro, una rarità nel panorama industriale italiano.
Il crollo: l’attacco di Quintessential
Tutto crollò il 24 luglio 2019, quando Gabriele Grego, fondatore del fondo speculativo Quintessential Capital Management, pubblicò un video intitolato “Una Parmalat a Bologna?”. Nel video, Grego sollevò pesanti accuse contro Bio-On, sostenendo che l’azienda non producesse nulla di concreto, che non avesse flussi di cassa rilevanti e che il suo business model fosse una bolla speculativa. L’azienda, accusata di vendere solo licenze e progetti senza mai realizzare prodotti tangibili, venne paragonata al caso Parmalat.
Il titolo Bio-On crollò vertiginosamente in Borsa, perdendo oltre il 70% del suo valore in un solo giorno. Si stima che il crollo abbia fatto evaporare circa 700 milioni di euro di capitalizzazione di mercato. Questo evento segnò l’inizio della fine per Bio-On, che nei mesi successivi vide il suo valore ridursi ulteriormente, fino alla dichiarazione di fallimento a dicembre dello stesso anno.
Gabriele Grego, che aveva scommesso al ribasso sul titolo Bio-On, difese la sua operazione di short selling, affermando che fosse legittima e necessaria per smascherare le distorsioni di mercato. Grego dichiarò che il suo report era basato su una due diligence indipendente condotta dal commercialista Maurizio Salom, il quale confermò le irregolarità nei bilanci di Bio-On.
Tutti in tribunale: le accuse contro la gestione
Il processo per il crac di Bio-On è iniziato nel 2024. Durante le udienze, Marco Astorri e Gabriele Grego si sono incontrati per la prima volta di persona. Grego, testimone chiave del processo, ha ribadito che il crollo di Bio-On era “il risultato di una gestione fallimentare” e ha difeso il suo ruolo come shortista. La difesa di Bio-On ha invece sostenuto che la cosiddetta “operazione di Quintessential” fosse finalizzata a distruggere l’azienda, mettendo in dubbio l’imparzialità della due diligence condotta.
Nel frattempo, il commercialista Maurizio Salom, coinvolto nel caso come revisore indipendente, ha confermato di aver ricevuto un compenso di 30.000 euro per il suo parere e ha respinto le accuse di conflitto di interessi. Salom era stato precedentemente membro del collegio dei revisori di Novamont, un’azienda attiva nel settore della plastica verde, ma ha difeso la sua posizione, affermando che non c’era alcun legame tra le due vicende.
Gli ex vertici di Bio-On, tra cui Astorri e Cicognani, sono accusati di aver falsificato i bilanci e di aver distratto fondi per mantenere viva l’immagine di un’azienda di successo, mentre in realtà i debiti continuavano a crescere. L’accusa sostiene che Bio-On fosse diventata una “scatola vuota”, senza reali prospettive di crescita o di produzione industriale su larga scala.
Proprio per aprire la requisitoria nel processo, il procuratore aggiunto Francesco Caleca ha usato una metafora simile, evocando un’immagine:
Mi è venuta in mente l’immagine di un vecchio souvenir. In Campania venivano messi in vendita barattoli molto belli con l’etichetta del Golfo di Napoli. Erano i barattoli dell’aria di Napoli ma, a parte il valore estetico, dentro non c’era nulla.
Futuro di Bio-On: verso l’acquisizione da parte di Maip
Nonostante il fallimento di Bio-On, la storia dell’azienda non è ancora conclusa. Nel marzo 2023, la società piemontese Maip, specializzata in biopolimeri, ha acquisito Bio-On per 20 milioni di euro, rilevando lo stabilimento di Castel San Pietro, il marchio e i circa 140 brevetti dell’azienda. Maip ha annunciato l’intenzione di rilanciare la produzione di bioplastiche, costruendo un nuovo impianto accanto a quello esistente.
Un risvolto quasi inquietante nella vicenda è il coinvolgimento di Marco Astorri nel rilancio dell’azienda. Nonostante il processo in corso, Astorri è stato chiamato a collaborare da Maip per la sua esperienza e le sue competenze nel settore. Eligio Martini, fondatore di Maip, ha dichiarato che il contributo di Astorri sarà fondamentale per il successo della nuova Bio-On.
Lezioni per gli investitori traditi: come proteggersi
Il crollo di Bio-On ha travolto non solo grandi fondi d’investimento, ma anche centinaia di piccoli risparmiatori che avevano investito nell’azienda, attratti dalle promesse di innovazione e sostenibilità. Tra gli investitori di rilievo figurano personaggi illustri come Fabio Roversi Monaco, ex rettore dell’Università di Bologna e Alberto Vacchi, presidente di IMA, la multinazionale del packaging. Vacchi aveva investito milioni in una joint venture con Bio-On, ma ha visto il suo investimento dissolversi con il crollo delle azioni.
Sono state avviate numerose cause legali da parte degli investitori traditi, molti dei quali sperano di recuperare almeno parte delle perdite subite. Le azioni legali si concentrano anche sulle responsabilità delle autorità di vigilanza, come Consob e Borsa Italiana, accusate di non essere intervenute per fermare le negoziazioni sul titolo Bio-On prima che fosse troppo tardi.
Il caso Bio-On rappresenta però una lezione per gli investitori. Nonostante l’entusiasmo attorno a startup innovative e promettenti, è cruciale fare una due diligence approfondita prima di investire in aziende non consolidate. Gli investimenti in settori emergenti come le bioplastiche possono offrire grandi opportunità, ma comportano anche rischi elevati.
Diversificare il portafoglio, monitorare attentamente i bilanci e fare affidamento su fonti indipendenti per valutare la solidità finanziaria di un’azienda sono alcune delle strategie che gli investitori dovrebbero adottare per proteggersi da situazioni simili. Il crollo di Bio-On ha dimostrato quanto sia rischioso basare le proprie decisioni di investimento su promesse future non supportate da basi solide.