Allarme edera velenosa in Italia: dove cresce e i rischi

Dopo quasi 100 anni dall'ultimo avvistamento l'edera velenosa sembra essersi naturalizzata nel Bel Paese: i rischi per uomo e natura

Una specie diversa, pericolosa e quasi considerata “aliena” in Italia tanto da aver fatto scattare la massima allerta per gli effetti indesiderati che può provocare. È allarme Toxicodendron radicans, la cosiddetta edera velenosa che nonostante non sia una pianta tipica della Penisola è riuscita a naturalizzarsi creando non pochi problemi.

Allarme edera velenosa, dove si trova

L’edera velonosa, il cui nome scientifico è appunto Toxicodendron radicans, è una pianta originaria del Nord America e di alcune parti della Cina. Facente parte della famiglia delle Araliaceae, è però un fiore che a differenza dagli esemplari “innocui” può provocare non pochi disagi a chi per caso la incontra per la sua strada. I primi avvistamenti della pianta pericolosa sono avvenuti anni fa, con due segnalazioni nel 1983 e nel 1930 in Trentino-Alto Adige, e quasi 100 anni dopo l’ultimo avvistamento sembra che oggi sia riuscita a infiltrarsi, in maniera naturale, tra le coltivazioni italiane.

A lanciare l’allarme è stato il team di botanici dell’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa che hanno pubblicato un articolo sulla rivista Italian Botanist, organo ufficiale della Società Botanica Italiana, documentando la scoperta sull’edera. Il caso di naturalizzazione, ovvero la crescita spontanea nei terreni, è stata registrata in località Sassi Neri a Impruneta (Firenze) grazie ai ricercatori di Giovanni Astuti, Francesco Roma-Marzio e Roberta Vangelisti.

Come sottolineato dal professore Lorenzo Peruzzi, direttore dell’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa, quella della Toxicodendron radicans non è di certo la prima e non sarà neanche l’ultima invasione biologica nel nostro territorio. La nascita della pianta, che di solito preferisce ambienti e clima come quelli presenti in Nord America e in Cina, non è altro che il frutto dei cambiamenti climatici.

Edera velenosa, i rischi per natura e uomo

Nella disamina del professor Peruzzi c’è spazio per un chiaro messaggio d’allerta per la presenza sul territorio italiano della pianta. Infatti, oltre a essere una specie considerata “aliena” per il nostro Paese, si tratta di una minaccia per le dinamiche naturali e può causare danni anche gravi alla biodiversità autoctona. In alcuni casi, però, i problemi causati da queste specie possono anche ritorcersi direttamente contro la specie umana (qui vi abbiamo parlato dell’allarme scarlattina killer tra i bambini).

Infatti, dato che l’edera “comune” può essere utilizzata in cosmetica per le sue proprietà tonificanti e drenanti contro cellulite, ritenzione idrica e gonfiori, ma anche per la cura dei capelli e piccole irritazioni o scottature, l’uso di quella velenosa potrebbe creare non pochi problemi all’uomo. Data la sua somiglianza con la pianta innocua, scambiarle potrebbe portare, tra le altre cose dermatiti da contatto gravi con i seguenti sintomi:

  • Arrossamento;
  • Gonfiore;
  • Formazione di vescicole a distribuzione lineare e dal contenuto sieroso;
  • Prurito;
  • Bruciore

La reazione cutanea può durare dai 2 ai 10 giorni, con il tempo di guarigione che varia dalle due alle cinque settimane. Se ingerita, invece, può causare irritazione alle mucose, nausea, diarrea, coliche intestinali o addirittura danni renali. Il trattamento farmacologico della dermatite da contatto provocata dall’edera velenosa prevede sostanzialmente la somministrazione di farmaci corticosteroidi (potenti antinfiammatori) e di antistaminici (per il controllo dei sintomi). In alcuni casi, si può ricorrere anche all’uso di antibiotici al fine di evitare il rischio di sovrainfezioni batteriche.