La Manovra 2025 manda su tutte le furie giudici e avvocati, che attaccano l’articolo 105. Il passaggio impone l’estinzione del processo “per omesso o parziale pagamento del contributo unificato”. La ratio della norma è quella di combattere l’evasione contributiva.
Cosa cambia
Se la norma dovesse passare, alla prima udienza il giudice dovrà verificare se il pagamento sia stato effettuato correttamente. In caso di irregolarità, il giudice rinvierà l’udienza a data “immediatamente successiva” e la parte interessata avrà un termine di trenta giorni per effettuare il pagamento o l’integrazione della parte mancante. Se anche nella seconda udienza il giudice dovesse verificare che il contributo unificato non è stato pagato per intero, allora dichiarerà l’estinzione del giudizio.
La norma andrà a modificare il codice di procedura civile introducendo la nuova causa di estinzione del processo “per omesso o parziale pagamento del contributo unificato” che va da un minimo di 43 a un massimo di 3.372 euro, a seconda del valore della causa e del grado di giudizio.
Chi non paga, dunque, perderà il diritto di agire in giudizio civile, tributario o amministrativo. Per utilizzare il gergo sportivo, chi non paga perderà la causa “a tavolino”.
Gettito non quantificabile
Nella relazione tecnica si legge che la misura “è suscettibile di generare un gettito in entrata per le casse erariali, che, in quanto di difficile quantificazione, tuttavia, non è stato prudenzialmente ascritto sui saldi di finanza pubblica”.
Giuristi sul piede di guerra
Immediate le reazioni di giudici e avvocati. Per L’Organismo congressuale forense “lo stop ai processi è incostituzionale” e si deve quindi subito “stralciare la misura”. Una simile norma, si legge in una nota, di fatto attribuirebbe al giudice “poteri di amministrazione finanziaria”. “Ogni tentativo di subordinare il baluardo costituzionale della tutela dei diritti ad imposizioni o a prestazioni patrimoniali è stato, nel tempo, bocciato dalla Corte costituzionale”, sottolinea l’organismo che rappresenta gli avvocati. L’Ocf promette che “adotterà ogni iniziativa volta a evitare l’approvazione della norma, come ipotizzata, e di qualsiasi altro provvedimento che pieghi l’operato del giudice a ragioni fiscali”.
L’Unione nazionale delle Camere civili definisce la norma “inaccettabile”. “L’articolo 24 della Costituzione – si puntualizza – garantisce il diritto di agire in giudizio e non lo subordina ad alcun adempimento di carattere fiscale. La norma proposta viola invece tale diritto e non ha dunque alcuna ragionevolezza: la giustizia ai cittadini deve essere garantita, e non venduta. La tutela dei diritti e la giustizia rientrano tra i compiti istituzionali dello Stato, che non può subordinarne l’adempimento a versamenti fiscali, sicuramente dovuti, ma che trovano già nell’ordinamento tributario i propri rimedi e le proprie sanzioni”.
Proteste contro la Manovra arrivano anche dai giudici di sinistra della corrente Area. “Non sarà un processo per poveri”, accusano le toghe progressiste che parlano di “una disposizione ingiusta che finisce con il calpestare i diritti di tanti cittadini, specie quelli delle fasce più deboli, privandoli della possibilità di vedere tutelate in giudizio le loro ragioni”. Il governo Meloni viene accusato di avere introdotto “una sanzione che punisce con l’estinzione del processo non una condotta processuale delle parti (come, invece, è previsto per le altre ipotesi di estinzione), ma l’inadempimento di un’obbligazione tributaria, per la quale l’ordinamento già conosce altri strumenti di tutela”. Il tutto, viene aggiunto, violando l’articolo 24 della Costituzione ma anche “gli articoli 6 e 13 Cedu e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue che assicurano il diritto a un ricorso effettivo”.