Perché Sinner può pagare le tasse all’estero: la polemica

Cazzullo ha espresso la sua delusione nei confronti di Sinner per il fatto che il tennista italiano abbia la residenza, e paghi le tasse, a Montecarlo

Pubblicato: 31 Gennaio 2024 12:30

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Redazione

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Rispondendo alla lettera di un lettore del Corriere della Sera, il giornalista Aldo Cazzullo ha espresso la sua delusione nei confronti di Jannik Sinner per il fatto che il tennista italiano abbia la residenza, e di conseguenza paghi le tasse, a Montecarlo, nel Principato di Monaco.

“Il fatto che il nuovo portabandiera dello sport italiano abbia la residenza fiscale a Montecarlo, e quindi non contribuisca alla sanità, alla scuola, alla sicurezza, alle molte esigenze della comunità nazionale che rappresenta, dovrebbe farci dubitare non tanto di Sinner, quanto di noi stessi. Un popolo che in fondo si disprezza” ha scritto il giornalista.

La residenza fiscale e i premi degli sportivi

La situazione fiscale degli sportivi, in particolare di quelli che partecipano durante l’anno a gare e competizioni in tutto il mondo, è complessa. Una parte molto significativa dei loro introiti viene dai premi vinti con le proprie prestazioni sportive. Questi introiti quindi sono tassati per la maggior parte proprio nello stato in cui vengono percepiti.

Ad esempio Jannik Sinner dovrà pagare all’Australia le tasse sul premio vinto per il trionfo agli Australian Open, che ammonta a circa 2 milioni di euro. In questo senso, quindi, la residenza fiscale di Sinner nel Principato di Monaco ha un impatto molto poco significativo su questa parte dei suoi introiti. Anche se fosse residente in Italia, infatti, continuerebbe a pagare le tasse dei premi che vince negli Stati in cui si svolgono i tornei a cui partecipa.

Sono gli altri introiti di Sinner, come gli accordi di sponsorizzazione, ad essere tassati solitamente presso la sua residenza fiscale, quindi a Montecarlo.

Spostare la propria residenza fiscale comunque non basta per eludere le tasse in Italia. La sentenza della Cassazione Tributaria del 4 settembre 2013 prevede che per determinare la residenza fiscale di una persona fisica sia necessario esaminare gli “elementi di fatto” che caratterizzano la sua vita. Con questa formula si intendono legami professionali ma anche familiari, oltre alla presenza fisica della persona nello Stato.

Per avere la residenza fiscale nel Principato di Monaco quindi bisogna effettivamente viverci. L’Agenzia delle Entrate inoltre può presumere, in base ai dati in suo possesso, che la residenza fiscale di un cittadino sia in Italia. Sta poi al cittadino stesso dimostrare a un giudice che gli elementi di fatto dicono il contrario.

I casi degli altri sportivi italiani che pagano le tasse all’estero

Jannik Sinner, come molti altri tennisti, vive effettivamente nel Principato di Monaco. La sua casa e il suo centro di allenamento principale si trovano a Montecarlo. La ragione di questa scelta potrebbe essere anche in parte dovuta al regime fiscale del Principato, ma sicuramente non è l’unica.

Molti altri tennisti di alto livello utilizzano Montecarlo come base operativa, anche perché la sede dell’ATP, l’associazione del tennis professionista maschile, è proprio lì. Per ragioni simili anche Matteo Berrettini, altro tennista italiano di altissimo livello, vive e si allena a Monaco.

Pur vero che alcune celebrità del tennis hanno spostato la propria residenza a Dubai, per godere di una tassazione agevolata.

In passato altri casi di sportivi italiani hanno spostato la loro residenza all’estero. A Montecarlo vive tutt’ora il motociclista Max Biagi, mentre nel 2007 Valentino Rossi fu accusato di avere una residenza fittizia a Londra: dovette pagare al fisco italiano 35 milioni di euro dopo un accordo raggiunto con l’Agenzia delle Entrate.

Sorte simile per Giancarlo Fisichella, celebre pilota di Formula 1, anche lui accusato di non abitare veramente a Montecarlo, dove aveva dichiarato di risiedere al fisco italiano. Tra i più famosi a dover pagare il proprio debito allo Stato italiano ci fu anche lo sciatore Alberto Tomba, che nel 2000 pagò 7,5 miliardi di lire evitando un processo per evasione fiscale.