Pezzotto, carcere oltre alle multe automatiche: chi rischia con i nuovi emendamenti

Nuova stretta contro il pezzotto: un emendamento introduce il carcere fino a un anno per i gestori che non segnalano gli illeciti

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

La lotta dura contro il pezzotto prevede adesso anche il carcere per chi viene a conoscenza della truffa e non la denuncia. L’ulteriore stretta, dopo le multe automatiche, arriva con il via libera delle commissioni Bilancio e Finanze riunite in Senato agli emendamenti anti-pezzotto 6.0.35 e 6.0.36 al dl Omnibus, che modificano le leggi contro la pirateria a tutela del diritto d’autore. Il secondo emendamento introduce il carcere fino a un anno ai “prestatori di servizi di accesso alla rete” nell’eventualità di “omissione della segnalazione” di trasmissioni pirata che riguardano, fra gli altri, anche le partite di calcio fruite tramite app o siti web.

Il limite temporale per lo stop

L’emendamento 6.0.35 reca la firma di Zedda, Liris e Damiani. Il testo modifica la normativa sui provvedimenti urgenti e cautelari dell’Agcom per la disabilitazione dell’accesso a contenuti diffusi abusivamente. Viene stabilito che si provveda “periodicamente a riabilitare la risoluzione dei nomi di dominio e l’instradamento del traffico di rete verso gli indirizzi ip bloccati”, se trascorsi “almeno sei mesi dal blocco” e sempre che “non risultino utilizzati per finalità illecite”.

Viene aggiunta la dicitura “fornitori di servizi di vpn e quelli di dns pubblicamente disponibili, ovunque residenti ed ovunque localizzati”. Viene inoltre aggiunta alla frase “provvedono comunque,” anche un limite temporale allo stop alle trasmissioni una volta appurato il reato: “Entro il medesimo termine massimo di 30 minuti dalla notificazione del provvedimento di disabilitazione”.

Il carcere

L’emendamento 6.0.36, i cui firmatari sono sempre gli stessi, va a modificare la legge contro la pirateria. Il testo riguarda:

  • i prestatori di servizi di accesso alla rete;
  • i soggetti gestori di motori di ricerca;
  • i fornitori di servizi della società dell’informazione (inclusi i fornitori e gli intermediari di vpn o comunque di soluzioni tecniche);
  • gli operatori di content delivery network;
  • i fornitori di servizi di sicurezza internet e di dns distribuiti;
  • gli hosting provider che agiscono come reverse proxy server per siti web.

Il testo sanziona “i soggetti che vengono a conoscenza che siano in corso o che siano state compiute o tentate condotte penalmente rilevanti ai sensi della presente legge”, qualora non segnalino “immediatamente” alle autorità “tali circostanze, fornendo tutte le informazioni disponibili”. Tali soggetti sono obbligati a notificare “un punto di contatto” per comunicare direttamente. E nel caso di “omissione della segnalazione” e “della comunicazione” da parte dei prestatori di servizio si punisce “con la reclusione fino ad un anno“.

La sede legale all’estero non è una scappatoia: i soggetti che “non sono stabiliti nell’Ue ma che offrono servizi in Italia devono designare per iscritto” una persona fisica o giuridica che “funga da loro rappresentante legale in Italia”.

Restano le multe automatiche

Oltre alla reclusione, vengono applicate le multe previste per delitti informatici e per il trattamento illecito di dati.

Dopo la stretta rappresentata dalle multe automatiche per i clienti del pezzotto (con sanzioni da un minimo di 150 euro fino a un massimo di 5.000) è ora lotta dura contro chi gestisce le reti.

Il nuovo scudo anti-pezzotto, che trova piena applicazione con il dl Omnibus, è stato finanziato dal governo con 2 milioni di euro annui.