La parabola del Superbonus 110% assume sempre di più i contorni di un racconto epico, con periodi di stallo che si sono alternati a colpi di scena e ad annunci di novità (come la nuova proroga che riguarda le case unifamiliari).
Dopo i nuovi criteri, di cui abbiamo parlato qui, la strada della cessione del credito si fa più ardua a causa da una serie di regole rese pubbliche da Eurostat.
Cosa prevedono le nuove regole
Le nuove regole sono sono esposte nel Manual on Government Deficit and Debt – Implementation of ESA, nella versione aggiornata coi dati relativi al 2022. Si tratta di un documento di circa 500 pagine che regolamenta le modalità di registrazione e classificazione delle somme, criterio fondamentale per la cessione dei crediti, e stabilisce nuovi paletti.
Finora il Superbonus è stato classificato come “credito non pagabile”, in attesa di ulteriori chiarimenti dall’Eurostat. Chiarimenti che sono finalmente arrivati. Per l’Istituto la cessione dei crediti fiscali va configurata come debito pubblico. Se invece la cedibilità è limitata, allora la classificazione va effettuata nei crediti cosiddetti non pagabili. Questi ultimi sono portati a riduzione delle entrate dello Stato, come ha sottolineato la sottosegretaria al Ministero dell’Economia Lucia Albano.
Il manuale sul deficit e sul debito classifica poi i “debiti pagabili” in base a tre fattori principali:
- la cedibilità;
- la differibilità agli anni successivi;
- la possibilità di compensare i crediti con qualunque tipo di imposta o contributo sociale.
Crediti “pagabili” e “non pagabili”
Approfondiamo meglio la questione. La trasformazione dei crediti edilizi, e quindi del Superbonus, da “non pagabile” a “pagabile” getta non poche ombre sul meccanismo dei trasferimenti dei bonus tra gli operatori. In questo modo rischierebbe di crollare l’intero castello delle agevolazioni fiscali, che graverebbero direttamente sul debito pubblico come nuova spesa e non come minori entrate derivanti dalle detrazioni.
A questo proposito il Manuale di Eurostat sul disavanzo e sul debito pubblico, dedica circa 15 pagine alla già menzionata riclassificazione dei crediti d’imposta e alla loro cessione. Riguardo, ad esempio, ai crediti d’imposta legati all’efficientamento energetico, il documento sottolinea che le agevolazioni devono essere registrate come una spesa “nel momento in cui si verifica l’investimento che dà diritto al credito d’imposta, in quanto il credito stesso è maturato in quel momento”.
Le criticità e i dubbi non mancano, perché in alcuni casi l’investimento potrebbe essere distribuito su più anni. E proprio guardando al futuro che l’Eurostat tenta di regolamentare la materia, suggerendo di far rientrare i crediti d’imposta nella direzione dei crediti “pagabili” o “esigibili”, poiché i bonus possono essere comunque riscossi anche a distanza di anni.
Cosa succede ora
Le regole per la classificazione e la contabilizzazione rischiano insomma di complicare un quadro già di per sé in piena tempesta. Da un lato perdura l’esigenza di imprese, banche e contribuenti di recuperare le somme investite in lavori legati alle pratiche del Superbonus e di altri contributi edilizi; dall’altro c’è però anche il bisogno strutturale dello Stato di non gravare ulteriormente sulle casse pubbliche.
Nel caso in di cessione dei crediti d’imposta legati ai bonus edilizi e al Superbonus, ci sarà maggiore probabilità di riscossione se gli stessi sono ceduti a terzi e possono essere utilizzati per abbattere il debito fiscale tramite detrazione. In tutti questi casi, dunque, dovrà modificarsi la modalità di registrazione dei crediti fin dall’anno in cui maturano o allo svolgimento dei lavori.
Attualmente sono numerosi i crediti cosiddetti “incagliati”, che mettono in pericolo gli investimenti di cittadini e imprese. Un altro nodo ancora tutto da discutere e, dunque, risolvere è quello legato alla responsabilità dei cessionari nel caso di crediti bloccati per frodi.