Superbonus, cosa rischiano le famiglie dopo la stretta del Governo

Lo stop a cessione del credito e sconto in fattura "blocca" diverse categorie. Si salvano solo i lavori già avviati. Resta solo la detrazione per Ecobonus e Sismabonus

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Dopo la dura stretta sui bonus edilizi decisa dal Governo Meloni (di cui abbiamo parlato qui), divenuta operativa dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, migliaia di famiglie e imprese hanno visto aprire davanti ai loro occhi un vaso di Pandora che pone seri interrogativi sul futuro dei cantieri.

Su proposta della Presidente del Consiglio e del Ministro dell’Economia, il Cdm ha approvato un decreto che interviene, in particolare, per modificare la disciplina riguardante la cessione dei crediti d’imposta relativi alle spese per gli interventi di ristrutturazione (qui spieghiamo come funziona) e il cosiddetto sconto in fattura.

Chi coinvolgerà lo stop alla cessione dei crediti?

In parole povere, non sarà possibile dare vita a cessioni del credito e sconti in fattura per lavori non ancora avviati. Per le attività diverse dal 110%, è necessario invece aver richiesto il titolo abilitativo o iniziato i lavori prima dell’entrata in vigore del decreto. Ma per il Superbonus, in concreto, cosa cambia? Sull’agevolazione dal cammino più complesso dalla sua introduzione, le nuove regole avranno senza dubbio un impatto maggiore.

Innanzitutto dovranno obbligatoriamente chiedere le detrazioni sul 730 e sul modello PF i condomini o i proprietari di case indipendenti (a patto che si tratti di prima casa e che il contribuente abbia i requisiti di reddito per chiedere il bonus) che non abbiano ancora depositato la Cilas (Comunicazione di inizio lavori asseverata Superbonus 110%).

La “beffa” appare ancora più amara se si considera che le norme e le tempistiche del Superbonus non vengono direttamente modificate dal Governo. Lo stop alla cessione dei crediti, però, è una spada di Damocle sempre più vicina alla testa della misura. Il costo dei lavori è molto alto, pari in media a 50mila euro per ogni unità immobiliare in condominio. Una somma che il contribuente dovrebbe anticipare di tasca sua o tramite un mutuo (a tassi pazzeschi, come avevamo spiegato qui). Non solo: deve inoltre possedere un reddito imponibile in grado di “ammortizzare” l’intera detrazione. Si parla di 11.250 euro se si considera il Superbonus al 90%, cioè all’aliquota valida per il 2023 per chi non ha ancora depositato la Cilas.

Chi “si salva”

Dall’altro lato dei cantieri c’è però chi “si salva” dalla stretta: e cioè chi ha già iniziato i lavori pagando alcune fatture e, ovviamente, chi ha già effettuato almeno una cessione a Sal (Stato avanzamento lavori, per cui è possibile cedere al completamento del 30% e del 60% dei lavori totali). Per queste categorie lo sconto o le cessioni dei crediti sono ancora possibili. Lo stesso vale anche per chi non ha ancora iniziato i lavori, ma ha depositato la Cilas prima della data di entrata in vigore del decreto. C’è però un aspetto molto importante da sottolineare: la possibilità di accedere alla cessione è solo sulla carta e non garantisce affatto che si troverà una banca disposta a ritirare il credito.

Scendendo più nel dettaglio per quanto riguarda gli interventi legati al Superbonus, entro il 17 febbraio 2023 (la data di entrata in vigore del decreto) devono risultare presentati:

  • per gli interventi diversi da quelli effettuati dai condomini, la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila);
  • per gli interventi effettuati dai condomini, oltre alla Cila deve anche risultare adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori;
  • per gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo.

C’è poi la questione dei “ricchi”. Una delle critiche più “antiche” e diffuse vede il Superbonus come un’agevolazione statale che va a vantaggio dei contribuenti più abbienti e con più liquidità. Una considerazione che col blocco della cessione del credito si fa ancora più corrispondente al vero.

Invariate tempistiche e aliquote

Come accennato in precedenza, la stretta governativa non modifica tempistiche e aliquote relative al Superbonus. Per quanto riguarda i condomini: se la delibera assembleare è stata approvata entro il 24 novembre e la Cilas presentata entro il 25 novembre 2022, oppure se la Cilas è stata presentata dopo il 25 novembre ma entro il 31 dicembre e la delibera assembleare non è successiva al 18 novembre, si ha diritto alla detrazione del 110%. In caso contrario, si scende al 90% per l’anno 2023.

Per quanto riguarda le case indipendenti, se i lavori al 30 settembre 2022 erano stati completati almeno per il 30%, si ha diritto al 110%, ma solo a un’altra condizione: che le opere siano state ultimate entro il 31 marzo 2023. Negli altri casi le abitazioni indipendenti possono usufruire del 90% per il 2023, purché si tratti di prima casa e il quoziente familiare sia inferiore a 15mila euro.

Per le case plurifamiliari con proprietà unica, il termine ultimo per presentare la Cilas e ottenere il 110% era il 25 novembre 2022. Per tutte le categorie, il Superbonus scende al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025.

Gli altri bonus coinvolti

Come già spiegato qui, il blocco delle cessioni riguarda anche gli altri bonus edilizi: dall’Ecobonus ordinario al Bonus ristrutturazione, dal Sismabonus standard al Bonus barriere architettoniche e al Bonus facciate. Anche per queste agevolazioni, il blocco delle cessioni scatta a partire dal 17 febbraio. Sempre per chi non abbia già avviato l’iter autorizzativo, laddove previsto.

La stretta voluta dal Governo avrà comunque un impatto minore, poiché le somme coinvolte sono molto più basse e anche il rendimento delle cessioni è molto più contenuto. Sui bonus spalmati in 10 anni, oggi si ottiene a fatica il 70% del credito d’imposta. Per citare alcuni esempi pratici: si parla di 80mila euro spese per il bonus ristrutturazione, 40mila euro il credito fiscale, 28mila le entrate della banca.

Per gli altri interventi edilizi diversi dal Superbonus è necessario che entro la stessa data:

  • sia stata presentata la richiesta del titolo abilitativo;
  • siano già iniziati i lavori nel caso in cui non serva un titolo abilitativo;
  • risulti regolarmente registrato il contratto preliminare o stipulato il contratto definitivo di compravendita, nel caso di acquisto di unità site in fabbricati oggetto di interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione.

Resta solo la detrazione per alcune categorie

Una cosa è drammaticamente certa: per le spese relative ai vari interventi edilizi non sarà più possibile ricorrere della cessione del credito o dello sconto in fattura. Resta possibile soltanto la detrazione fiscale attraverso la dichiarazione dei redditi.

Le spese vanno dunque pagate interamente, ma potranno essere poi detratte dalle tasse, con una percentuale che varia in base al tipo di bonus e ripartita su più anni. Gli interventi interessati sono sette:

  • recupero del patrimonio edilizio;
  • efficienza energetica;
  • adozione di misure antisismiche;
  • recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti;
  • installazione di impianti fotovoltaici;
  • installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici;
  • superamento ed eliminazione di barriere architettoniche.