Fatta la tara dei no vax e degli scettici sulle vaccinazioni in generale, la campagna vaccinale contro la pandemia da Covid-19 ha dato una forte accelerazione anche al lavoro di ricerca su un possibile vaccino contro i tumori. I vaccini con tecnologia mRna, infatti, si prestano ad uno svilupo scientifico che potrebbe avere ampio utilizzo proprio nella ricerca contro il cancro.
I vaccini anticancro sono più vicini?
Un dato è certo: “Il successo dei vaccini a mRna per Covid ha risvegliato e rinvigorito tutto questo mondo”. C’è fermento, spiega all’Adnkronos Salute Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Irccs Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano) e professore emerito di Humanitas University. Anche in Italia.
A riaccendere i riflettori sul “grande settore dei vaccini terapeutici”, come lo definisce Mantovani, è stata l’immunologa Ozlem Tureci, fra i fondatori di BioNTech, che in una recente intervista ha dato come possibile un orizzonte temporale che resta compreso entro il 2030.
L’accelerazione degli ultimi due anni
“Se abbiamo avuto i vaccini contro Covid – evidenzia Mantovani – è stato anche grazie alla ricerca contro il cancro perché i colleghi dell’università di Mainz che hanno dato origine a BioNTech, in particolare Christoph Huber che è un oncologo, stavano cercando da 20 anni di sviluppare vaccini terapeutici contro il cancro e quindi avevano tutta la tecnologia e avevano fatto la sperimentazione nell’uomo. Quindi, dal cancro si è arrivati ai vaccini preventivi contro Covid e ora si torna al cancro, adattando la tecnologia e con una spinta nuova. Questo successo avuto contro Covid ha accelerato il tutto, ha messo risorse. E bisogna dire che i dati iniziali ci sono già, sono già stati resi pubblici e pubblicati su riviste molto autorevoli”.
Tre diverse strategie
Nel dettaglio, approfondisce Mantovani, “stanno sviluppando 3 strategie. Una, sempre sulla base di un vaccino a mRna, è una strategia altamente individualizzata: nel tumore del paziente A identifico, con approcci di intelligenza artificiale e informatica, i bersagli contro cui dirigere il vaccino. Ma è un vaccino che funziona per quel paziente e non per altri. Una seconda strategia è quella di dire: troviamo il minimo comune denominatore fra i vari tumori dei pazienti A, B, C, D, e così via. E facciamo un vaccino diretto contro questo minimo comune denominatore. Questo sarebbe molto più sostenibile di un vaccino ad personam. Infine una terza strategia è combinare un vaccino a mRna con una terapia cellulare, cioè linfociti T diretti contro un bersaglio. Questa è una strategia un po’ più sofisticata e difficile. Per tutte e tre ci sono dei dati di sperimentazione clinica iniziale incoraggianti”.