Fibromialgia, cos’è e come affrontarla: la difficile diagnosi e le speranze della ricerca

È una sindrome dolorosa cronica di cui non si conosce la causa, i cui sintomi più comuni vengono a volte confusi con quelli di altre patologie. Come affrontarla e come curarla

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

A volte ci sono malattie che non vengono riconosciute per tempo, e che addirittura fanno passare chi ne soffre per “malato immaginario”. Nel caso della fibromialgia, purtroppo capita ancora che i dolori non vengano correttamente inquadrati e chi soffre di quadro si senta in qualche modo mal-interpretato.

Così, almeno il 12 maggio, riflettiamo su questa patologia. La data non è casuale perché il 12 maggio del 1820 nacque Florence Nightingale, considerata la fondatrice delle scienze infermieristiche moderne e una delle donne britanniche più influenti dell’Età vittoriana. La donna morì nel 1910, soffrì molto probabilmente di fibromialgia e nonostante questo non si sottrasse mai al suo lavoro. Come tante donne oggi. E con grande fatica. Si calcola che il 2-4% della popolazione generale ne sia affetto, di cui l’80% donne, con un’età media fra i 30 ed i 50 anni.

Cos’è e cosa non è la fibromialgia

È una sindrome dolorosa cronica di cui non si conosce la causa, che si manifesta con problemi a carico di alcune sedi specifiche: tra i disturbi possono esserci anche la debolezza, un sonno che non appare riposante, addirittura problemi come il colon irritabile.
Il quadro clinico infatti va oltre il dolore: siamo di fronte ad una delle cause più comuni di dolore cronico diffuso ed è spesso caratterizzata dalla compresenza di sintomi quali stanchezza, difficoltà di concentrazione, astenia, disturbi del sonno, ma anche ansia, depressione e cefalea.

Esiste una forma primaria della malattia, non associata ad altre patologie, e una forma secondaria che insorge in pazienti che hanno già altre malattie reumatologiche (come la Sindrome di Sjogren o altre connettiviti, l’artrite reumatoide, la spondiloartrite o artrite psoriasica).
La patologia appare fortemente correlata a traumi fisici o psicologici che in un soggetto predisposto possono scatenarla. La tensione può giocare un ruolo importante nel determinare il quadro, così come anche la depressione e l’ansia. Va ricordato anche che oltre il 30 per cento delle patologie reumatiche si associa a fibromialgia e quasi due persone su tre che soffrono di questa condizione presentano altre malattie croniche.

La diagnosi è fondamentale per evitare che chi soffre di rinchiuda e “autogestisca” il dolore. Ultimo aspetto generale: non si deve assolutamente considerare una patologia psicosomatica. Non esistono differenze sotto l’aspetto psicologico tra chi soffre di fibromialgia e chi ha altre malattie reumatiche, come l’artrite reumatoide. Lo stato emotivo è quindi “conseguenza” della malattia e non va considerato come causa.

Com’è il dolore della fibromialgia

C’è ancora molto da fare per liberare la fibromialgia dall’aura di mistero e di difficoltà diagnostiche che caratterizza la patologia. I sintomi più comuni vengono a volte confusi con quelli di altre patologie e possono essere numerosi: dolore diffuso, senso costante di stanchezza, disturbi del sonno, formicolii, spasmi e contrazioni muscolari, debolezza degli arti, palpitazioni e disturbi intestinali. E per il malato è difficile capire a chi rivolgersi, anche perché a volte viene poco considerato.

Spesso chi è colpito da fibromialgia non sa a quale specialista rivolgersi, inoltre per via della pluralità dei sintomi e in assenza di alterazioni degli esami di laboratorio può essere visto come un soggetto ipocondriaco.
Il dolore cronico, in ogni caso, è il segno più classico della patologia. E va riconosciuto, visto che tante cause che lo originano: infiammatoria, come nel caso di un’artrite, di un’artrosi o di una lombalgia, neuropatica, come accade nella sindrome del tunnel carpale o per un’ernia discale che comprime una radice nervosa, oppure può avere una genesi mista, come capita per esempio quando si associano più problematiche, non solo reumatologiche. E non è ancora tutto, c’è anche quello nociplastico, che presenta un’alterazione della nocicezione (i sistemi neurobiologici coinvolti nella percezione del dolore). Ecco, questo è il dolore tipico della fibromialgia.

Come si affronta la fibromialgia

Le cure vanno studiate caso per caso. In termini generali, il trattamento della patologia integrato si basa su quattro pilastri: educazione del paziente, fitness (attività aerobica, thai-chi, yoga, pilates, ginnastica posturale, nuoto, etc.), psicoterapia e farmacoterapia.

Attualmente nessun farmaco riporta l’indicazione per l’utilizzo in fibromialgia ma in pratica clinica vengono utilizzati integratori, farmaci miorilassanti, anti depressivi e anticonvulsivanti, a seconda dei sintomi prevalenti. È fondamentale un approccio il più possibile personalizzato e graduale, basato su obiettivi condivisi con il paziente.

Va detto che questi approcci sono legati anche al fatto che molto c’è ancora da conoscere sulle cause della patologia. Si ritiene che ci sia una combinazione di predisposizione genetica (familiarità), con eventi di vita stressanti (traumi, interventi chirurgici, malattie, etc.); inoltre, a livello del sistema nervoso centrale sono state documentate numerose alterazioni dei neuro-trasmettitori o di sostanze ormonali che determinano l’alterata percezione del dolore.

La difficile diagnosi di fibromialgia e le speranze della ricerca

Purtroppo non esistono specifici esami strumentali per la diagnosi, che avviene per esclusione di patologie reumatiche rilevanti. Sebbene non sia una patologia degenerativa, il dolore cronico e la rigidità causati dalla fibromialgia sono pervasivi e persistenti: i sintomi non aumentano nel tempo ma sono fluttuanti e variano in rapporto a numerosi fattori esterni che sono in grado di provocarne un peggioramento. È il caso ad esempio dei fattori climatici (i dolori e la rigidità peggiorano in questa stagione e nei periodi di grande umidità), dei fattori ormonali (periodo premestruale, disfunzioni della tiroide), dei fattori psicologici e dell’invecchiamento.

Ciò che conta per arrivare alla diagnosi è comunque trovare una traccia certa. Ovvero un biomarcatore in grado di diagnosticare la fibromialgia e rappresentare un possibile target da colpire con farmaci avanzati già disponibili per altre patologie ampliando gli strumenti a disposizione per curare questa sindrome. Su questo aspetto si sta concentrando la ricerca che di Annunziata Capacci, responsabile Ambulatorio Fibromialgia del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, presso la UOC di Reumatologia diretta da Maria Antonietta D’Agostino. Lo studio è condtto per conto di FIRA, la Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia.

Fibromialgia ed emicrania viaggiano assieme?

La diagnosi è resa complessa dall’estrema variabilità dei sintomi e dall’assenza di biomarcatori e spesso giunge in ritardo, dopo anni dall’esordio dei sintomi.

“Un’urgente necessità medica per la fibromialgia è l’individuazione di biomarcatori per definire la malattia e caratterizzarne il fenotipo e la gravità. Clinicamente la fibromialgia ha molte caratteristiche proprie della sensibilizzazione centrale e l’alta prevalenza di fibromialgia in associazione all’emicrania suggerisce che possano condividere una causa comune – spiega l’esperta. In particolare, abbiamo ipotizzato che i pazienti affetti da fibromialgia possano avere elevati livelli di CGRP, il peptide che da tempo si ritiene possa giocare un ruolo fondamentale nella fisiopatologia dell’emicrania. Di conseguenza nel nostro studio valuteremo se in pazienti affetti da fibromialgia ed emicrania, trattati per quest’ultima secondo indicazione neurologica con farmaci anti CGRP, la terapia porti benefici anche per la fibromialgia. Se la nostra ipotesi fosse confermata aprirebbe la strada a nuove possibilità terapeutiche. Si potrebbero usare farmaci già approvati per l’emicrania anche per il trattamento della fibromialgia, ampliando gli strumenti a disposizione per migliorare la qualità di vita dei pazienti”.