Sonnolenza pomeridiana, in arrivo il test che la scopre in due minuti: chi rischia di più

La sonnolenza diurna eccessiva può diventare una vera e propria minaccia per il benessere. Nel prossimo futuro basterà un semplice test per scoprire di cosa si soffre

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 23 Ottobre 2024 12:23

Le palpebre che si abbassano. Il cervello che fatica a mantenersi connesso in riunione. L’attenzione che cala rapidamente. La cronobiologia dice che più o meno tra le 14 e le 16 le prestazioni cerebrali tendono a ridursi, dopo aver raggiunto il top (stiamo parlando di medie di popolazione ovviamente) nel corso della mattinata. Ma per alcune persone, la ripresa dopo il pranzo, per quanto leggero sia, diventa una vera e propria impresa.

Ed allora? Allora si lotta per rimanere concentrati, ma spesso si rischia di perdere comunque la concentrazione. E magari ci si attacca alla borraccia, in ufficio, per tentare di idratarsi e darsi una sveglia. Per chi soffre di insonnia, sempre più malattia delle 24 ore e non delle sole ore notturne, questo è un segno che occorre fare il punto con il medico. Anche perché la sonnolenza diurna eccessiva può diventare una vera e propria minaccia per il benessere, soprattutto se ci si mette alla guida. Come riporta una ricerca apparsa su Brain Research, forse, nel prossimo futuro basterà un semplice test per scoprire di cosa si soffre. E per prendere le opportune contromisure.

Marcatori su misura

Chi soffre di sonnolenza diurna eccessiva potrebbe riconoscere i contorni della sua condizione in due soli minuti. Come? Grazie ad un test mirato, messo a punto dagli studiosi dell’Università dell’Australia Meridionale che potrebbe andare ad integrare la classica procedura del Multiple Wakefulness Test (MWT), che richiede un giorno intero.

L’esame si effettua attraverso elettrodi che rilevano le tracce dell’elettroencefalogramma, misurando l’attività elettrica del cervello. Sulla base di questo dato, e sfruttando specifici marcatori, un’ipotesi di individuazione della sonnolenza diurna potrebbe essere più facile e rapida. Il test si basa appunto sull’impiego di nuovi marcatori EEG collegati ai processi biologici. E secondo i ricercatori potrebbe addirittura prevedere se una persona è abbastanza sicura da guidare, usare macchinari o persino avere la capacità mentale di sostenere un esame.

Insomma, si fa strada l’ipotesi di una valutazione oggettiva rapida per capire chi, magari senza saperlo, va incontro ad insonnia (quantitativa o qualitativa) che poi lascia postumi per 24 ore. Il nuovo test mira a tracciare l’eccitabilità neuronale, corrispondente ai processi sonno-veglia del cervello. Grazie all’esame, una volta che diventasse di routine, si potrebbero offrire vantaggi pratici per la gestione dei disturbi del sonno come l’insonnia, l’apnea notturna o altri disturbi in cui gli individui sperimentano un sonno interrotto ma magari non hanno la percezione di essere insonni, che ricadute anche sulla sicurezza sul posto di lavoro, dove rilevare e gestire la sonnolenza potrebbe prevenire incidenti in setto.

Quanto pesa l’insonnia sulla persona e sull’economia

L’impatto dell’insonnia è spesso sottovalutato. In realtà, può essere una condizione angosciante in grado di incidere in modo rilevante sulla qualità di vita del paziente compromettendo lavoro, studio, vita sociale e di relazione. Infatti che fa i conti con l’insonnia ha una probabilità tre volte maggiore di sentirsi giù di morale o depresse, rispetto alle persone con un ritmo di sonno normale.
Non solo: raddoppiano le possibilità di andare incontro a ridotta energia e bassa motivazione per dedicarsi all’esercizio fisico o per partecipare ad attività sociali. Inoltre è più facile sentirsi irritabili e incompresi, con possibili ripercussioni sulle relazioni nella vita privata e lavorativa.
Sul fronte lavorativo, infine, si triplica il rischio di essere poco concentrati durante il giorno rispetto a chi dorme bene.
Anche l’impatto economico dell’insonnia è molto significativo in quanto è una delle principali cause di assenteismo e di riduzione della produttività sul lavoro. Una cattiva gestione dell’insonnia è associata a un aumento del rischio di incidenti stradali, cadute e infortuni sul posto di lavoro.

In Europa, l’onere totale annuo dell’insonnia secondo dati recenti si aggira intorno a circa 50 miliardi di euro. Attenzione: questo dato si riferisce però ai soli costi diretti, come i costi per i farmaci e il trattamento psicoterapeutico. Vanno considerati anche i costi indiretti dovuti ad assenteismo, riduzione della produttività sul lavoro e all’aumento degli infortuni e del rischio di incidenti stradali.

Cosa succede alla persona

L’insonnia è associata a compromissione della qualità di vita dell’individuo che ne è affetto. In diversi studi gli insonni hanno riportato una diminuzione della qualità di vita. La percezione di salute generale di pazienti diagnosticati con insonnia cronica risulta compromessa da tale condizione e addirittura di qualità peggiore se comparata con quella riportata da pazienti “good sleeper” e da pazienti con altre malattie croniche. Risulta insomma una correlazione tra insonnia cronica/primaria e percezione di dolore fisico. I disturbi del sonno sono un indicatore affidabile di possibili nuovi episodi di dolore nonché della riacutizzazione dello stesso dolore cronico.
A causa di una sottovalutazione del problema, alcuni pazienti possono tendere a “normalizzare” l’insonnia, fatto che può impedire la ricerca d’aiuto nelle prime fasi del disturbo del sonno oltre a un generale senso di impotenza e disengagement del paziente nella gestione del problema.

Uno studio svedese evidenzia una correlazione significativa tra insonnia e uno stile di vita insalubre in accordo con altri studi precedenti che avevano esplorato la correlazione tra insonnia primaria, scarsa attività fisica e abuso di alcolici. Una meta-analisi ha rivelato compromissioni significative in alcune funzionalità attentive, di memoria episodica e di lavoro e in alcuni domini delle funzioni esecutive.
Ulteriori studi hanno indagato la relazione tra insonnia e depressione: se da un lato il disturbo del sonno è il sintomo più evidente nei pazienti depressi e in passato era considerato una manifestazione secondaria della depressione, oggi, molti studi longitudinali hanno identificato l’insonnia come un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di depressione emergente o ricorrente tra gli adulti giovani, di mezza età e anziani. Questa associazione bidirezionale tra disturbi del sonno e depressione ha creato una nuova prospettiva secondo cui i disturbi cronici del sonno non sono più un epifenomeno della depressione, ma un sintomo prodromico di questa ultima.

Quanto è diffusa l’insonnia a livello globale e in Italia? A che età si manifesta?

L’insonnia è un disturbo molto prevalente nella popolazione generale, con marcati picchi in relazione all’età avanzata e al genere femminile. I dati illustrati delineano un quadro di prevalenza elevata ma molto variabile che non dipende tanto da differenze tra i diversi Paesi ma piuttosto dal criterio utilizzato per la definizione di disturbo da insonnia. Trattandosi di studi eseguiti in massima parte senza diagnosi standardizzata, ma con strumenti auto-riferiti dei partecipanti alle indagini, le percentuali di prevalenza riflettono i criteri più o meno stretti per la definizione clinica del disturbo.

Innanzitutto, bisogna distinguere la prevalenza dell’insonnia acuta e dell’insonnia cronica che rimandano a percentuali diverse. Si definisce insonnia acuta quella con una durata inferiore ai tre mesi e “insonnia cronica” quella con durata superiore ai tre mesi fino a tutta la vita. Per la forma a breve termine, la forbice nei diversi studi epidemiologici oscilla fino al 30% della popolazione, intendendo individui che almeno una volta nel corso della loro vita hanno sofferto di insonnia; la forbice dell’insonnia cronica che è una vera e propria patologia, oscilla dal 10% al 15%. Queste percentuali sono in ogni caso orientative, perché strettamente legate alle modalità con cui sono stati raccolti i dati epidemiologici.
L’Italia rispetto al resto del mondo non presenta una sostanziale differenza, siamo intorno al 10%-15% per l’insonnia cronica, dunque dai 6 ai 9 milioni di individui, da 1 italiano su 10 a circa 1 italiano su 7.

L’insonnia può manifestarsi a qualsiasi età, dando per scontato che ne esistono forme diverse da quella infantile a quella dell’adulto, ci sono fasce in cui però diventa più prevalente come nell’anziano, nella donna e nel corso della menopausa. Possiamo dire che l’insonnia è un disturbo senza età e che quella infantile presenta caratteristiche in parte diverse da quelle dell’adulto. Non esiste un profilo del/della paziente insonne o quanto meno non ancora perché ancora non è stata identificata una fenotipizzazione completamente validata dell’insonnia, ossia non è stato individuato attualmente un profilo o profili standard convincenti. Si distinguono, al momento, pazienti con insonnia primaria e pazienti con insonnia secondaria. Inoltre distinguiamo pazienti con insonni di inizio (come difficoltà di addormentamento), di mantenimento (ad esempio con elevata frammentazione del sonno) e da risveglio anticipato, anche se alcuni pazienti possono presentare tutte e tre queste forme contemporaneamente.

Come nasce l’insonnia e come affrontarla?

Il quadro clinico va affrontato con il medico. Di certo è utile ricordare che possono influire sul quadro fattori di ordine diverso:

  • genetici (sono stati individuati specifici geni associati allo sviluppo di insonnia)
  • fisiologici (elevato livello di attivazione del sistema nervoso autonomo)
  • di personalità (tendenza al perfezionismo, stile cognitivo improntato alle ruminazioni…).

Ovviamente, a questi fattori di rischio vanno aggiunti il genere femminile e l’età avanzata. L’igiene del sonno, per tutti e soprattutto per chi soffre di insonnia notturna e disturbi diurni, è comunque fondamentale. Quando si parla di igiene del sonno si intende quell’insieme di comportamenti salutari che si devono adottare per favorire un buon sonno e prevenire eventuali disturbi del sonno che possono insorgere nel corso della vita. Le regole del sonno sono una delle strategie per approcciarsi anche alle insonnie e prevenire disturbi del sonno nei normo-dormitori. Per prima cosa vanno evitate, prima di mettersi a letto, tutte le sostanze stimolanti (caffè, tè, alimenti che contengono caffeina, energizzanti, farmaci come i simpaticomimetici, nicotina, etc.) e va evitato di assumere alcol che deprime e peggiora le normali funzioni respiratorie durante il sonno.
Cercare per quanto possibile di mantenere una certa regolarità negli orari di addormentamento e risveglio, siamo animali circadiani ricordiamolo sempre. È sconsigliata la sera un’eccessiva assunzione di cibi e di liquidi; sconsigliata anche l’assunzione di snack dopo cena. L’attività fisica va assolutamente evitata nelle ore serali in quanto stimolante. Cercare di evitare attività lavorative e stressanti di sera e di notte, così come va evitato l’uso del computer, del tablet, dello smartphone, della televisione e dei videogiochi che hanno un doppio effetto negativo: rimandano l’addormentamento, da un lato; dall’altro, questi dispositivi sopprimono la secrezione spontanea della melatonina che è strettamente legata al buio.