Ritorna l’ansia dell’infezione da Citrobacter all’Ospedale Borgo Trento di Verona. I toni, va detto, sono toni molto diversi da quelli che tra il 2018 e il 2020 avevano caratterizzato la microepidemia causa di quattro decessi in neonati (su quasi cento piccoli interessati). Ora sono tre i neonati che risultano positivi al test che rivela la presenza del batterio. E per fortuna non hanno presentato patologie serie.
Ma quanto accade, oltre ad indurre il blocco dei ricoveri in terapia intensiva neonatale come misura precauzionale da parte della direzione del nosocomio, ripropone la massima attenzione che si deve prestare alle infezioni batteriche in generale e in particolare al Citrobacter koseri, uno dei tanti “fratellini” di questa famiglia. Cerchiamo allora di capire bene le caratteristiche di questi ceppi, grazie alle informazioni rese disponibili sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità.
Indice
Un batterio onnipresente
Anche se può sembrarci strano quando leggiamo queste righe, non dimentichiamo che batteri del genere Citrobacter vivono anche nel nostro corpo. Senza causare disturbi particolari. Fanno parte del cosiddetto microbiota dell’apparato digerente. Basta questo per comprendere quanto e come microbi di questo tipo siano in grado di sopravvivere e riprodursi praticamente ovunque, magari rimanendo sulle nostre mani, permanendo all’interno dell’acqua, riproducendosi negli alimenti.
Quindi, nell’equilibrio che si realizza tra essere umano ed ambiente, la convivenza con i diversi tipi di Citrobacter è praticamente ovvia.
Ci sono però situazioni in cui, sia per la carica batterica presente sia per l’oggettiva debolezza del sistema immunitario in cui i germi si riproducono, possono determinare infezioni. In questo senso i Citrobacter sono veri e propri “maestri” di opportunismo. E possono determinare infezioni molto gravi soprattutto nelle età estreme della vita quindi nei neonati, soprattutto se prematuri, e negli anziani. Ovviamente poi rischiano di più l’infezione i soggetti che per terapie come quelle che intaccano il sistema difensivo dell’organismo o per patologie particolarmente gravi che danneggiano il sistema immunitario come i tumori (ma non solo) risultano meno in grado di difendersi autonomamente da questi batteri.
Come si trasmette il Citrobacter
Partiamo da un presupposto. Pur se i diversi tipi di batteri (il koseri è solo uno di quelli che possono creare infezioni serie nell’essere umano, ma esistono diversi “parenti stretti” con altri nomi che sono in grado di causare questi quadri) vivono praticamente ovunque, il maggior timore è legato alle infezioni che si creano in ospedale. Ed è proprio nelle corsie che si possono creare microepidemie.
Gli esperti dell’ISS segnalano in questo senso la necessità di osservare strette regole di igiene, con la sempre valida regola di lavarsi le mani più volte disinfettandole in ospedale, e di fare attenzione a contatti con superfici sulle quali il batterio potrebbe albergare. Va anche detto che la trasmissione può avvenire anche con il contatto diretto tra le persone, durante il parto con il batterio che può passare dalla madre al neonato mentre fuori dall’ospedale sono soprattutto gli alimenti a creare rischi che ovviamente involontariamente trasmette il batterio. La maggior parte di queste infezioni sono acquisite in ospedale (infezioni nosocomiali), tuttavia, data la diffusione del batterio, ci si può infettare anche al di fuori dell’ospedale.
Cosa succede in caso d’infezione da Citrobacter
Precisato che la risposta all’infezione batterica cambia da persona a persona ed appare correlata alla “robustezza” immunologica del singolo, il germe può determinare quadri anche molto gravi a carico di diversi organi ed apparati.
A volte il quadro si manifesta a carico della pelle e delle ossa, con gonfiore, arrossamenti, formazione di pus anche internamente in caso di osteomielite.
Poi possono esserci infezioni urinarie con i classici sintomi di questi quadri: presenza di sangue nelle urine, dolore e bruciore mentre si urina, urgenza, vero e proprio dolore al basso ventre e nella zona lombare, febbre.
Ancora: in certi casi la manifestazione clinica dei Citrobacter si localizza anche all’apparato respiratorio con malessere generale, difficoltà respiratorie, tosse con produzioni di espettorato.
Infine, non va dimenticato che il germe può anche circolare nel sangue invadendo diversi organi, che è ciò che avviene in caso di sepsi (possono anche esserci febbre molto alta, confusione, ipotensione e addirittura perdita di coscienza), e soprattutto può determinare nei neonati (in questi casi si parla ancora di Citrobacter Koseri) una meningite molto grave con la formazione di ascessi all’interno del cervello.
Come si diagnostica e si cura
Prima di tutto, occorre avere la certezza che si parla proprio di Citrobacter. Per questo, in base alle manifestazioni cliniche della patologia infettiva, si vanno ad esaminare i composti biologici disponibili. I medici possono quindi eseguire un test sulle urine, o sul sangue, con conseguente urinocoltura ed emocoltura, analizzare l’espettorato emesso dalle vie respiratorie, ricercare con un tampone l’eventuale presenza di batteri di questo tipo sulla pelle. Queste sono le prime analisi, che indirizzano il quadro.
Poi ulteriori controlli in laboratorio permettono di realizzare correttamente la “carta d’identità” del ceppo in questione. Questo è importante per affinare ancora la diagnosi e per studiare le caratteristiche di un’eventuale diffusione all’interno di un nosocomio dell’infezione.
Capitolo terapie: stiamo parlando di un batterio, quindi la cura passa attraverso un trattamento antibiotico che va fatto sulla base dell’antibiogramma. Questo esame permette di vedere in laboratorio a quali antibiotici o associazioni di questi farmaci lo specifico germe potrà rispondere. Non dimentichiamo che i Citrobacter fanno parte della famiglia delle Enterobacteriaceae e sono particolarmente avvezzi a sviluppare resistenze agli antibiotici. Il medico potrà scegliere caso per caso il trattamento più idoneo.