Pa, tra 10 anni arriverà una grande rivoluzione

Il numero di dipendenti pubblici in Italia è tornato a crescere, raggiungendo il livello più alto degli ultimi dieci anni

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Dopo il calo registrato nel 2021, alla fine del 2022 il numero dei dipendenti pubblici in Italia è tornato a crescere, raggiungendo 3.266.180 unità, il valore più alto degli ultimi dieci anni, con un aumento del 0,8% rispetto all’anno precedente. Al 31 dicembre 2021, i dipendenti pubblici erano 3.239.000 e circa 178.000 nuove assunzioni hanno compensato l’uscita di 184.000 persone. Le stime della Ragioneria dello Stato per il 2022 mostrano segnali più ottimistici, indicando un incremento di circa 27.000 unità, portando il totale a 3.266.180 persone.

I dati del Forum Pa 2023

Questi dati emergono dall’indagine sul Lavoro pubblico realizzata da Fpa, una società del Gruppo Digital360, presentata questa mattina durante il Forum Pa 2023 “Ripartiamo dalle Persone”, un evento che si svolge dal giorno odierno fino al 18 maggio presso il Palazzo dei Congressi di Roma. L’aumento riguarda principalmente il settore della Scuola, con un incremento di 14.400 unità (+1,2%), e il settore della Sanità, con un aumento di 9.000 persone (+1,3%). Nel 2022, la spesa totale per i redditi da lavoro dipendente nella Pubblica Amministrazione è aumentata a circa 187 miliardi di euro (rispetto ai 177 miliardi del 2021). Tuttavia, la spesa pro-capite per il reddito dei dipendenti è diminuita, calcolata a prezzi costanti del 2022 e depurata dall’inflazione, arrivando a 57.200 euro rispetto ai 59.000 euro del 2021, rappresentando il valore più basso dal 2015.

Pa, solamente 2 dipendenti su 100 hanno un’età inferiore ai 30 anni

Nelle pubbliche amministrazioni italiane, nell’anno 2021, l’età media dei dipendenti stabili è stata di 50,7 anni, con una differenza tra uomini (49,9 anni) e donne (51,4 anni). Nel 2001, l’età media era di 44,2 anni, quindi si è registrato un aumento significativo nel corso degli ultimi due decenni. L’età media di ingresso nel settore pubblico è passata da 29,3 anni nel 2001 a 34,3 anni nel 2021.

Il numero di impiegati pubblici con meno di trent’anni è del 4,8%, ma tale percentuale si riduce al 3,6% se si considera solo il personale stabile. Questo significa che, nei Ministeri, negli enti locali e nelle scuole, solo due giovani con meno di trent’anni vengono assunti stabilmente ogni cento impiegati. Il confronto con il numero di dipendenti stabili che hanno più di 60 anni evidenzia una situazione impietosa: nei Ministeri, lo 0,7% del personale ha meno di trent’anni, mentre il 29,3% ha più di 60 anni. Nelle amministrazioni locali, la percentuale di giovani è dell’1,8%, mentre il 20,8% del personale è costituito da “anziani”. Nella scuola, la percentuale di giovani impiegati è addirittura dello 0,3%, a fronte del 22,8% di dipendenti sopra i 60 anni.

In pensione 1 milione di dipendenti pubblici entro il 2033

La Pubblica Amministrazione è chiamata ad affrontare una sfida importante legata alle future pensioni dei dipendenti pubblici. Entro il 2033, più di un milione di dipendenti pubblici avranno raggiunto l’età pensionabile, il che rappresenta circa un terzo dell’attuale forza lavoro nel settore. Questa situazione richiederà un’adeguata politica di assunzioni per garantire la continuità operativa degli enti pubblici. Alcune amministrazioni dovranno affrontare una sostituzione di oltre il 50% del personale attualmente in servizio. In termini assoluti, le uscite di personale più significative si verificheranno nei settori della scuola, con 463.257 dipendenti in partenza, della sanità, con 243.130 dipendenti in partenza, e degli enti locali, con 185.345 dipendenti che andranno in pensione. Questi numeri evidenziano la necessità di un piano strategico per gestire efficacemente la transizione e garantire un adeguato ricambio generazionale all’interno della Pubblica Amministrazione.

Nel lavoro pubblico 15 contratti su 100 sono flessibili

Nel settore pubblico si sta osservando un aumento del lavoro a tempo determinato. Su 100 contratti a tempo indeterminato, ce ne sono 15 che sono di tipo flessibile. Inoltre, si sta riscontrando una sfida nel reclutamento, poiché vi è una vera e propria competizione sul talento sia con il settore privato che tra le diverse amministrazioni.

Il settore dell’Istruzione e della ricerca rappresenta il 68% di questi contratti flessibili, con un totale di 297.000 lavoratori precari, che corrisponde al 30% del comparto. Il settore della Sanità rappresenta il 14% dei contratti flessibili, con circa 63.000 lavoratori precari, e si è registrata una forte crescita a causa delle necessità di reclutamento legate alla pandemia. Secondo i dati relativi all’anno 2021, il numero di contratti a tempo indeterminato ha raggiunto il minimo storico di 2.932.529 persone, il livello più basso dal 2001. Allo stesso tempo, i contratti flessibili sono aumentati a oltre 437.000, con un incremento di 22.000 rispetto all’anno precedente. Questi dati evidenziano una tendenza verso una maggiore flessibilità nel lavoro pubblico, con un numero crescente di lavoratori impiegati con contratti a tempo determinato.

Spesa per la formazione a dipendente diminuita del 50%

Dal 2008 al 2021, la spesa per la formazione dei dipendenti pubblici è diminuita quasi del 50%. Secondo i dati a consuntivo del Conto Annuale della Ragioneria dello Stato, la spesa è passata da 301 milioni di euro reali nel 2008 a 158,9 milioni di euro nel 2021. Inoltre, il numero di giorni di formazione è diminuito da un massimo di 4,9 milioni nel 2008 a 2,9 milioni nel 2021, con una media di meno di un giorno di formazione per dipendente.

Il piano straordinario del ministro Brunetta per la formazione dei dipendenti pubblici non ha ancora raggiunto gli obiettivi annunciati. Ad settembre 2022, solo poco più di 55.000 dipendenti su 3,2 milioni sono stati inseriti nel programma di formazione, e solo 2.500 dipendenti si sono iscritti alle 65 università che partecipano al piano “PA 110 e lode”. Tuttavia, va notato che il numero di laureati nella Pubblica Amministrazione è in crescita. Attualmente, rappresentano il 43,8% del totale dei dipendenti, con un aumento del 27,3% rispetto al 2011. Questo dato è destinato a crescere ulteriormente poiché il 90% dei concorsi pubblicati sul portale InPA richiede il possesso di una laurea (ad eccezione di quelli per le Forze dell’ordine, la vigilanza e le Forze armate). Ciò indica un trend verso una maggiore qualificazione del personale pubblico attraverso l’accesso a figure con un titolo di studio superiore.

2 vincitori su 10 rinunciano al posto fisso nei concorsi

Nella pubblica amministrazione italiana, si sta osservando una forte ripresa dei concorsi, ma al contempo si registra una diminuzione dei candidati e un aumento delle rinunce. Dal primo trimestre del 2021 fino a giugno 2022, si sono presentati solo 40 candidati per ogni posto messo a concorso, un quinto rispetto alla media di 200 candidati nel biennio precedente. In media, due vincitori su dieci hanno rinunciato al posto, con un tasso di rinuncia che arriva al 50% per i contratti a tempo determinato.

A causa dell’affollamento delle selezioni negli ultimi due anni, si è verificato spesso il fenomeno delle candidature multiple e dei vincitori che ottengono più posizioni. Il 42% dei partecipanti ha preso parte a più di un concorso e il 26% è risultato idoneo in almeno due concorsi. Questa competizione tra gli enti pubblici ha portato all’assunzione di dipendenti pubblici già in servizio nell’8,6% dei 150.000 assunti tramite concorso nel 2021. Inoltre, il potere di scelta dei candidati sta influenzando negativamente la disponibilità delle persone ad accettare trasferimenti al Nord Italia. I costi degli affitti, che impegnano quasi il 50% dello stipendio di un neoassunto laureato, sono significativamente più elevati rispetto alle città metropolitane del Sud, dove l’impegno per l’affitto rappresenta l’18-23% dello stipendio.

Questi fattori, come la riduzione dei candidati, le rinunce e le sfide legate alla mobilità geografica, stanno influenzando il panorama dei concorsi nella pubblica amministrazione italiana.