L’attacco ucraino nella regione russa di Kursk non è stato un semplice blitz, dopo il quale di solito avviene una rapida ritirata delle truppe. Kiev non ha applicato la tattica shoot and scoot, cioè non ha colpito e poi si è dileguata. Tecnicamente, in gergo militare, si è trattato di un’incursione.
Cioè che è certo è che ha colto di sorpresa il nemico nel suo stesso territorio. In Russia i militari e paramilitari ucraini erano già entrati in precedenza, ma mai in maniera così significativa. Come è stato possibile che, come afferma Zelensky (esagerando un po’), l’esercito di Kiev abbia “preso il controllo di mille chilometri quadrati” dell’oblast russo?
Come procede l’attacco ucraino nella regione russa di Kursk
Intanto l’incursione nell’oblast di Kursk prosegue. E mentre proseguono gli scontri tra russi, che cercano di contrastare e cacciare gli incursori, e ucraini, che tentano di ampliare il fronte d’occupazione, si moltiplicano gli ordini di evacuazione da ambo le parti per gli abitanti delle zone di frontiera (si parla di oltre 120mila persone solo da parte russa). Nei giorni seguenti il primo attacco, l’esercito di Mosca ha di fatto arrestato l’avanzata nemica nei pressi di Korenovo. Non lontano, più a nord, gli ucraini non sono però rimasti a guardare e lungo la strada E38 hanno bombardato una colonna di camion e mezzi militari, manovrati da circa cento soldati russi tra Rylask e Maryno. L’operazione è stata compiuta con missili lanciati con sistemi Himars forniti dall’Occidente, il che ha provocato le accuse russe nei confronti di Usa e Nato e relative minacce di allargamento del conflitto.
Le truppe del Paese di Volodymyr Zelensky sono giunte grossomodo nell’area di Sudzha, grande obiettivo dell’incursione per via della stazione di pompaggio del gas russo verso l’Europa. Ogni giorno che passa si fa invece sempre più difficile l’ipotesi che Kiev punti a minacciare anche la non lontana centrale nucleare di Kursk, per pareggiare il controllo russo di quella ucraina di Zaporizhzhia dal marzo 2022. La zona occupata dalle truppe ucraine fa perno sulla cittadina di Sudzha e si estende in maniera irregolare in tutte le direzioni, fino ai centri di Dubrovo-Bovrik e Martynovka. Al contempo, altri tentativi di penetrazione ucraina sono stati segnalati anche in altri due punti: Slobodvka-Ivanovka e Belgorod. Un ulteriore tentativo di compensare la lenta ma costante avanzata russa nel fronte originario del Donbass, dove la devastazione ha raggiunto ormai livelli insostenibili.
Video satellitari e report dal campo hanno evidenziato come i russi si stiano preparando a una guerra difensiva proprio in stile Donbass, con fortificazioni e trincee a sud di Kurchatov, non lontano dal sito nucleare. Nel frattempo gli ucraini intensificano gli sforzi bellici anche nell’oblast nazionale di Kharkiv, utilizzando i droni X per distruggere le strutture di difesa e colpire quattro basi aeree degli invasori. L’obiettivo generale è quello di evitare che il Cremlino concentri la propria potenza d’attacco nel Paese invaso, anche se l’Institute for the Study of War ha osservato come Kiev non abbia l’effettivo controllo della porzione di territorio russo nella quale è penetrata dal 6 agosto in poi. Zelensky ha affermato che le operazioni ucraine nell’oblast di Kursk hanno lo scopo di proteggere i confini del Paese, attraverso la creazione di una zona cuscinetto. Secondo alcuni analisti, lo Stato maggiore russo potrebbe decidere di spostare elementi selezionati di unità irregolari dal Donetsk a Kursk per correre ai ripari.
Unità d’élite e imboscate: la tattica ucraina che ha sorpreso i russi
Le unità russe lasciate a difesa di Kursk erano sostanzialmente truppe di leva e guardie di frontiera. Una difesa “leggera” e perforabile con un attacco rapido, ma da compire con un consistente numero di uomini ben addestrati ed equipaggiati. Una mossa tuttavia ritenuta altamente improbabile dal Cremlino, vista l’estrema debolezza materiale e demografica delle forze di Kiev. Ennesimo errore di calcolo di una potenza nucleare che sta perdendo la guerra dal punto di vista strategico, a partire dalla sua guida Vladimir Putin, che verrà ricordato nei libri di storia come il leader russo che ha perduto l’Ucraina. Quest’ultima si è dimostrata sorprendentemente capace di condurre un’azione meccanizzata di ampio respiro, mettendo in moto unità d’élite e divisioni delle migliori brigate dell’esercito regolare, per un totale di circa 3mila soldati. Un sapiente lavoro di intelligence e sabotaggio coadiuvato dai militari occidentali presenti sul campo e associati alla legione internazionale.
Quello di Kursk è un attacco vincente che parte da lontano. Da mesi infatti gli ucraini hanno danneggiato gradualmente il sistema di comunicazione russo dell’oblast appena al di là del confine, adoperando droni FPV e mostrando una volta in più quanto questa tecnologia abbia profondamente modificato il modo convenzionale di fare la guerra. Un altro segreto del successo ucraino è stata l’assenza di fuoco preparatorio, che avrebbe al contrario allarmato le forze russe. Il fulmine a ciel sereno per Mosca si è materializzato anche perché gli ucraini hanno evitato i punti in cui i nemici erano più forti e numerosi. L’attacco è stato dunque condotto con circa un terzo delle forze di Kiev che ha impegnato i difensori russi, mentre il resto delle truppe ha continuato il viaggio verso i centri urbani e lo snodo del gasdotto di Sudzha, ben oltre l’approntata linea di resistenza.
Al contempo le unità di ricognizione ucraine si sono spinte ancora oltre la seconda linea d’invasione, al fine di intercettare i rinforzi russi che sarebbero sopraggiunti per difendere i colleghi. Le imboscate tese a danno dei nemici hanno permesso all’esercito di Kiev di guadagnare tempo per consolidare la conquista territoriale. Il principio militare adottato, in definitiva, è quello dell’isolamento del nemico, costringendolo a disunirsi in sacche di resistenza slegate le une dalle altre. Con conseguente e letale disorientamento. Una tattica che lo Stato maggiore ucraino ha mutuato dalla Nato, con l’ovvia reazione propagandistica russa di accusa all’Occidente di essere impegnata in una guerra per procura contro il Cremlino. Ma con un’appendice interessante: dopo l’attacco subito, le autorità russe hanno realizzato e diffuso un video in cui venivano ricostruite tutte le fasi dell’incursione nemica, in modo che ufficiali e soldati possano studiarne i dettagli e imparare dagli errori.