Dopo le pressioni internazionali, Israele inizia ad aprire a un accordo per un cessate il fuoco momentaneo nella Striscia di Gaza al fine di recuperare gli ostaggi rimasti nelle mani di Hamas. Lo ha dichiarato lo stesso consigliere capo di Netanyahu per la politica estera, Ophir Falk, commentando le parole del presidente degli Usa Joe Biden.
La prospettiva sarebbe quella di un cessate il fuoco temporaneo in cambio della liberazione o della riconsegna dei corpi di tutti gli ostaggi. Falk ha però anche specificato che non ci sarà uno stop definitivo alle ostilità fino a quando Israele non avrà raggiunto tutti i suoi obiettivi, tra i quali c’è anche il completo smantellamento di Hamas.
Israele pronto ad accettare l’accordo per un cessate il fuoco temporaneo
In un’intervista al settimanale britannico Sunday Times, immediatamente ripresa dai media israeliani, il consigliere per la politica estera del primo ministro Benjamin Netanyahu, Ophir Falk, ha aperto a un accordo tra Israele e Hamas per un cessate il fuoco temporaneo nella Striscia di Gaza: “È ciò che abbiamo concordato. Non è un buon accordo ma vogliamo con forza il rilascio degli ostaggi. Tutti” ha dichiarato Falk alla testata inglese.
“Ci sono ancora molti dettagli da definire e questo include che non ci sarà un cessate il fuoco permanente fino a che tutti gli obiettivi di Israele non saranno raggiunti” ha poi sottolineato il consigliere per la politica estera di Netanyahu, ricordando come tra gli scopi della guerra nella Striscia di Gaza non figura soltanto la liberazione degli ostaggi presi il 7 ottobre ma anche la distruzione totale di Hamas nell’area.
Le dichiarazioni di Falk arrivano dopo le forti pressioni da parte del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che nei giorni scorsi aveva pubblicamente invitato Israele ad accettare l’accordo per un cessate il fuoco temporaneo. Dopo poche ore anche gli altri due Stati impegnati maggiormente a fare da tramite nella mediazione, Qatar ed Egitto, avevano fatto eco alle dichiarazioni del presidente.
Le tensioni nel governo di Israele sul cessate il fuoco
Nel frattempo Israele continua a tenere alta la tensione sulla città di Rafah, l’ultimo grande centro abitato della Striscia di Gaza che non è ancora stato completamente invaso dalle forze armate israeliane. A fermare l’avanzata dell’Idf anche la strage di civili, conseguenza di un bombardamento avvenuto il 26 maggio, che ha causato un incendio nel quale sarebbero morte più di 45 persone.
All’interno del governo di Benjamin Netanyahu però crescono le pressioni contro il cessate il fuoco. I partiti più conservatori nelle scorse settimane hanno minacciato di togliere il supporto al premier in caso la guerra non arrivasse agli obiettivi prefissati, ossia la distruzione di Hamas. Bezalel Smotrich, leader di destra radicale, si è poi espressamente esposto contro l’accordo proposto da Joe Biden, dicendo che in caso il governo dovesse accettarlo, uscirebbe dalla maggioranza.
Anche il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir ha minacciato manovre simili, che porterebbero allo scioglimento del parlamento israeliano e quindi a nuove elezioni immediatamente dopo il cessate il fuoco, anche se temporaneo.