Bozza Dl Criminalità, cosa prevede il piano del Governo

Gli ultimi casi di violenza hanno fatto suonare il campanello d'allarme del Governo che ha pensato a un decreto volto a contrastare la criminalità minorile

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

Quelli di Palermo, Caivano e Napoli sono soltanto gli ultimi episodi  di violenza per mano di minori, casi che hanno fatto suonare ancor di più il campanello d’allarme per il Governo. Situazioni simili allo stupro della 19enne in Sicilia e quello delle due cuginette a Caivano, ma anche l’omicidio di Giovanbattista Cutolo per un motorino parcheggiato male, infatti, non resteranno più impuniti se a essere coinvolti saranno dei minorenni, perché l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha l’obiettivo di arginare sempre di più la criminalità anche tra i più giovani che non hanno raggiunto la maggiore età.

Come? Attraverso un nuovo decreto, il Dl Criminalità, che è stato bozzato negli scorsi giorni e che nelle prossime ore passerà al vaglio del Consiglio dei Ministri per cercare di introdurre dei provvedimenti volti a frenare la criminalità tra i più giovani.

Cosa prevede il decreto

Tenendo conto che si tratta di una bozza e che quindi potrà essere rivisto con aggiunzioni, articoli cancellati o modificati, al momento il decreto Criminalità contiene 14 punti volti a contrastare il disagio giovanile, la criminalità minorile e la povertà educativa. Articolo in cui si mira a una stretta sulla criminalità estendendo le pene anche ai minori di 14 anni, con l’avviso orale che ora può arrivare anche ai più giovani e interessare anche i genitori.

Nel Dl, infatti, si parla di abbassare la soglia da 9 a 6 anni per la pena edittale minima perché un minorenne possa essere sottoposto a custodia cautelare in carcere, ma anche di incentivare la messa in prova dei minorenni, ovvero la possibilità concessa dai giudici di evitare il processo – per reati con pena massima di 5 anni- a patto che acceda a un percorso di reinserimento e rieducazione “con svolgimento di lavori socialmente utili per un periodo compreso da uno a sei mesi”.

L’ammonimento per i 12enni, inoltre, porta alla convocazione del minore in questura insieme ai genitori. Se il ricevente dell’avviso viene poi considerato “pericoloso per la sicurezza pubblica” e si trova “in un Comune diverso dai luoghi di residenza o di dimora abituale”, può essere emesso il Daspo urbano, ovvero il divieto di ingresso in un determinato Comune in cui il minore non potrà fare ritorno, previa autorizzazione, per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a quattro anni.

Nel decreto pensato dal governo Meloni, alle prese anche con un piano per la Manovra, poi si parla anche di divieto di utilizzo di piattaforme social e cellulari. Nello specifico se il ricevente dell’avviso orale, prima citato, risulta condannato anche con sentenza non definitiva per delitti contro la persona, il patrimonio, inerenti ad armi o droga, il questore può proporre al tribunale il divieto di utilizzare “piattaforme o servizi informatici e telematici specificamente indicati nonché il divieto di possedere telefoni cellulari”.

Incentivi per la scuola

Ma nel decreto al vaglio del Cdm c’è anche una voce che interessa le scuole e non solo. Il Dl, infatti, mira a combattere anche la dispersione scolastica, e per fare ciò il Governo avrebbe intenzione di stanziare un nuovo fondo da 32 milioni per le scuole del Mezzogiorno per potenziare l’organico dei docenti per l’accompagnamento dei progetti pilota del piano “Agenda Sud”. Si tratterebbe di fondi su piano triennale, con una spesa di circa 6,4 milioni nel 2023, 16 milioni per il 2024 e 9,6 milioni per il 2025.

Si irrigidiscono poi le pene per i genitori, o chi esercita la responsabilità genitoriale, che non provvedono all’istruzione obbligatoria dei figli. Se fino a oggi era prevista una multa di 30 euro, nel Dl in bozza è previsto il carcere fino a 2 anni per chi “omette, senza giusto motivo, d’impartirgli o di fargli impartire l’istruzione obbligatoria”.