Transizione 5.0 a rischio, Assolombarda teme “deserto industriale”. Confindustria incontra Urso

Al centro dell'Assemblea di Assolombarda il Piano Transizione 5.0. Imprese preoccupate per la tenuta del sistema. Troppi nodi ancora da sciogliere

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Pubblicato: 22 Ottobre 2024 11:43

Non bastava il caso Stellantis a infuocare la politica economica italiana. A rischio, ora, c’è anche il Piano Transizione 5.0. Un piano industriale che risponde a esplicite richieste di innovazione e sostenibilità dell’Europa, e che anche l’Italia si è impegnata a declinare a livello nazionale per sviluppare e portare a compimento le Twin Transition, le transizioni gemelle: quella digitale e quella energetica. Che, sole, di fronte a un concorrenza spietata di altre parti del mondo – dall’Asia all’America Latina ai Paesi arabi – possono assicurare competitività e crescita al sistema Paese.

I rischi per la Transizione 5.0 delle imprese italiane

Ma, ora, il processo che dovrebbe portare le imprese italiane alla Transizione 5.0 potrebbe arrestarsi. A lanciare l’allarme è Assolombarda, che ieri 21 ottobre, in occasione dell’Assemblea 2024, attraverso le parole del suo presidente Alessandro Spada ha alzato un grido di denuncia: “Continuare a ignorare i tre pilastri fondamentali della transizione – neutralità tecnologica, oggettività scientifica e gradualità – comporta con certezza il rischio di uscire dal mercato per fondamentali settori della nostra industria”.

E il pericolo non riguarda solo l’automotive, spiega, ma, riferendosi soprattutto alla Lombardia, anche la metallurgia, l’agroalimentare, il packaging, il trattamento rifiuti. “Senza queste industrie non potremmo raggiungere gli obiettivi di riciclo imposti dall’Europa. Obiettivi rispetto ai quali noi, più di chiunque altro, siamo all’avanguardia”.

Elogia gli “imprenditori di questo territorio”, che, dice, “sono veri e propri inventori, precursori di sostenibilità. Una sostenibilità ambientale certo, ma allo stesso tempo economica e sociale. Per noi la sostenibilità non è un vincolo o un obbligo di legge. È un vero e proprio vantaggio competitivo”.

Ricorda che a Milano, per esempio, la sostenibilità fanno con la prima tecnologia per il recupero di qualsiasi metallo, comprese le materie rare dalle acque reflue. O ancora, con la prima pompa centrifuga per convertire la plastica non riciclabile in bio-olio. A Monza e in Brianza, fino ad arrivare a Pavia, hanno messo in piedi un ecosistema di rigenerazione della natura, “con ettari ed ettari di terreni recuperati alla biodiversità“. E da Pavia fino a Lodi, infine, c’è uno dei centri più importanti nazionali per il recupero degli oli esausti e solventi.

Assolombarda: “Serve un fondo comune europeo per la Transizione 5.0”

Ma tutto questo non basta. Secondo Spada, per affrontare le sfide delle transizioni e la competizione con Stati Uniti e Cina, serve innanzitutto un fondo comune a livello europeo “e poi serve che sia all’altezza”. Cita il Chips Act, che ha l’obiettivo di aumentare dal 10% al 20% la quota europea nella produzione globale di semiconduttori entro il 2030.

“Direzione giusta. Ma l’Unione Europea dovrebbe investire oltre 260 miliardi di dollari, quasi 6 volte tanto l’ammontare che Bruxelles ha annunciato e che è in gran parte affidato alle finanze degli Stati membri. La Presidente von der Leyen ha dichiarato che nei primi 100 giorni di mandato della nuova Commissione sarà presentato il Clean Industrial Deal come parte essenziale della strategia verde dell’Europa. Ci auguriamo che sia il passaggio verso una transizione ecologica davvero industriale“. E avverte: “In questo piano, o ci sarà un cambiamento dei progetti attuali secondo un paradigma realistico e realizzabile, oppure il rischio di deserto industriale sarà concreto”.

Il problema del gap di materie prime in Europa

Rispetto al quarto trimestre 2019, quindi prima della pandemia, ricorda, nel secondo trimestre di quest’anno l’Italia ha accresciuto in termini reali i suoi investimenti in macchinari e impianti del 10,1%. In Spagna sono diminuiti del 4,5%, in Francia del 4% e in Germania del 9,9%. Anche grazie al Piano Industria 4.0, l’Italia ha portato la sua quota di investimenti in macchinari e tecnologie sul Pil dal 6,1% del 2014 al 7,2% del 2019 fino al 7,6% nel 2023.

“Questo è stato il vero segreto della nostra capacità industriale. Qualche giorno fa il presidente del consiglio per la digitalizzazione di Francia ha detto che gli imprenditori al mondo che più di tutti l’hanno impressionato sono quelli lombardi. L’Europa deve fare ancora molto per essere competitiva: i circa 800 miliardi aggiuntivi di investimenti all’anno stimati da Mario Draghi sono quasi il 5% del Pil europeo e oltre un terzo del Pil italiano”.

Spada punta dritto anche al “gap europeo di materie prime“: “L’Europa, su questo tema, è fortemente dipendente dalle importazioni”. La Commissione europea ne ha individuate 34 critiche, dal nichel al silicio fino alle terre rare. Oltre un terzo di questi materiali proviene dalla Cina come principale fornitore, a prezzi che i concorrenti non riescono a sostenere.

“Quindi – prima di ogni altra cosa – dobbiamo ridurre il fabbisogno attraverso riciclo e circolarità, che è uno dei nostri punti di forza, ma anche diversificando le forniture e aumentando, quanto possibile, la capacità produttiva europea”.

Urso promette reattori terza e quarta generazione entro fine 2024

A calmare gli animi ci ha pensato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, presente all’Assemblea di Assolombarda, che è apparso sereno e fiducioso. “Transizione 5.0? È l’unica misura che tiene insieme le due transizioni, quella green e quella digitale” ha ricordato.

“Transizione 5.0 nasce da una ricontrattazione con l’Europa: abbiamo trattato in Europa su come fare una misura, non è stata una cosa facile. Abbiamo preso 17 miliardi da capitoli che non avrebbero portato sviluppo e li abbiamo ricollocati. 9 miliardi e 700 milioni sono arrivati al nostro dicastero. La Lombardia va meglio in un’Italia che va bene, un Paese che in questo contesto storico, in un’Europa circondata da guerra e in stagnazione, fa meglio di altre nazioni europee”.

Secondo Urso il problema italiano “è uno solo”: il costo dell’energia, troppo caro rispetto agli altri competitor europei. E assicura che il governo Meloni, e lui in primis, stanno affrontando il “nostro problema”. “Entro fine anno faremo un contesto legislativo per garantire che anche in Italia si possano installare reattori di terza generazione avanzata e di quarta generazione“. Una promessa importante, vincolante per molte imprese in qualche modo, se andasse in porto.

Nucleare nodo centrale: quale futuro in Italia

Altro tema caldissimo affrontato all’Assemblea di Assolombarda è il nucleare. Spada ribadisce con forza che il nucleare “garantisce la più alta produzione energetica a fronte della minore emissione di CO2 e ci permette di ridurre l’esposizione ai rischi geopolitici”. La definisce “una priorità importante“: 2/3 del fabbisogno nazionale di energia viene dal Nord Italia, che può far meno affidamento su alcune fonti rinnovabili, come, per esempio, l’eolico.

Ricorda come in Cina, poche settimane fa, sono stati approvati ben 11 nuovi reattori nucleari e si stima che la loro costruzione durerà 5 anni. “Apprezziamo l’impegno da parte del Governo di arrivare ad un quadro giuridico entro la fine dell’anno, così come l’impegno del Mimit di realizzare una newco italiana con partnership tecnologica straniera per i reattori di terza generazione. Serve però anche una precisa pianificazione finanziaria e operativa”.

Nucleare come “fonte imprescindibile, insieme al gas naturale, alle rinnovabili, all’idrogeno” per assicurare una strategia di transizione energetica. Intanto, gli studi – sottolinea ancora – dicono che 20 impianti small modular reactor porterebbero a più di 50 miliardi di euro di Pil aggiuntivi, attivando fino a 117mila occupati dal 2030 al 2050.

Non dimentichiamo che negli ultimi mesi abbiamo visto annunci di aziende come Amazon e Microsoft che intendono utilizzare l’energia nucleare per alimentare i loro data center. Microsoft vuole puntare sull’Italia più di 4 miliardi. “Questo significa che bisogna preparare una filiera di costruzioni, di infrastrutture e permessi energetici, di autorizzazioni per i data center. Gli Stati Uniti lo stanno facendo”.

La priorità sono le infrastrutture e le imprese, non l’iper-regolamentazione” conclude Spada. “I dati certificano un impressionante ritardo rispetto agli Usa. I tre principali operatori cloud americani hanno oltre il 65% del mercato globale ma anche di quello europeo. Il più grande operatore cloud europeo rappresenta appena il 2% del mercato dell’Ue. Per temi di frontiera, come le tecnologie quantistiche, le aziende europee attirano solo il 5% dei finanziamenti privati globali, contro il 50% delle aziende degli Stati Uniti. La burocrazia è un costo insopportabile per lo sviluppo tecnologico. Per le grandi imprese, per le Pmi, per le startup”.

Orsini incontra Urso

Anche Confindustria chiede da tempo al governo di rivedere il Piano Transizione 5.0. Parlando a margine al convegno dei Giovani imprenditori a Capri qualche settimana fa, il presidente degli industriali Emanuele Orsini ha chiesto con forza una semplificazione del programma.

Serve, dice, aprire il Piano anche agli investimenti avviati nel 2023. “Chi ha dato l’acconto nel 2023 per gli incentivi di Industria 4.0 e non ha ancora realizzato l’impianto potrebbe utilizzare gli incentivi di Transizione 5.0, magari modificando l’impianto, stando attenti ai requisiti ambientali” dice. “Credo possa essere un’accelerazione che aiuti le imprese”.

Domani mercoledì 23 ottobre il presidente di Confindustria incontrerà il ministro Urso per chiedere una serie di chiarimenti e interventi immediati. Tra questi, i più urgenti riguardano i tempi degli investimenti, le regole troppo strette imposte dal DNSH (Do No Significant Harm, che prevede che gli interventi previsti dai Pnrr nazionali non arrechino nessun danno significativo all’ambiente), il divieto di cumulo con altri incentivi Ue, e poi richieste specifiche per i settori dell’edilizia, dei trasporti e dell’agricoltura.