Pensioni, uscita anticipata: quanto si perde sull’assegno

Cosa prevede l'Ape, lo strumento individuato dal governo per consentire ai nati tra il 1951 e il 1953 di andare in pensione in anticipo

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Emanuela Galbusera

Giornalista di attualità economica

Giornalista pubblicista, ha maturato una solida esperienza nella produzione di news e approfondimenti relativi al mondo dell’economia e del lavoro e all’attualità, con un occhio vigile su innovazione e sostenibilità.

Pubblicato: 10 Maggio 2018 11:59

Il Governo è al lavoro sul provvedimento riguardante la flessibilità in uscita con l’Ape, una norma che probabilmente vedrà la luce con la prossima Legge di stabilità e che permetterà di andare in pensione in anticipo di tre anni, al massimo, con una penalizzazione sull’assegno proporzionale al numero di anni.

La penalizzazione per chi punta ad uscire prima dal lavoro dovrebbe essere applicata solo sulla parte di montante calcolata con il metodo retributivo.

La misura del taglio potrebbe poi essere legata all’importo dell’assegno mensile: fino a tre volte la pensione minima (circa 1.500 euro) la riduzione sarebbe attorno a 2-3%, sopra questo livello si arriverebbe al 5-8%.

Soggetti interessati

I nati dal maggio 1951 a fine 1953 , quindi coloro che ormai prossimi alla pensione hanno subito il rinvio previsto dalla Riforma Fornero e non rientranti nella salvaguardia dei decreti correttivi. In particolare:

  • i nati dal 1.6.1951 al 31.5.1952 a cui mancano a 1 anno e un mese a 2 anni per la pensione
  • i nati dal 1.6 1952 al 31.12. 1953 a cui mancano da 2 anni e 5 mesi a 3 anni per la pensione di vecchiaia

Per le donne in particolare , quest’anno dovrebbero rientrare solo coloro che non hanno raggiunto nel 2015 i requisiti della cosiddetta Opzione Donna che permetteva già alle lavoratrici di queste classi di uscire con 20 anni di contributi maturati al 31.12.2011.

Calcolo della penalizzazione

Dovrebbe trattarsi del 2,3% per ogni anno di anticipo sugli assegni fino al triplo della pensione minima mentre su quelli più alti (oltre 1500 euro ) si potrebbe arrivare all’8%. Le aliquote vanno applicate alla quota retributiva maturata:

  • fino al 31.12.1995 (per chi a quella data aveva meno di 18 anni di contributi)
  • fino al 2011 (per chi a fine 1995 aveva più di 18 anni di contributi)

Per i lavori usuranti, la penalizzazione potrebbe essere minima per ogni anno d’uscita o zero per l’anticipo di un solo anno. Nel caso di esuberi, disoccupati e crisi aziendali invece si starebbe valutando l’eventuale contributo delle aziende.

Le stime dei costi

La Uil ha fatto una prima stima dei costi, ma solo per quanto riguarda l’anticipo della pensione. Con un tasso di interesse del 3,5% – pari a quello applicato dall’Inps per i prestiti pluriennali ai dipendenti pubblici – per una pensione lorda di 1.500 euro mensili l’anticipo di un anno potrebbe costare al pensionato 1.700 euro; con una pensione di 3mila euro lordi il conto salirebbe a oltre 3.400 euro. La restituzione avverrà una volta raggiunta l’età della vecchiaia e potrà essere dilazionata in più anni. Occorrerà comunque prevedere una garanzia statale a favore di banche e assicurazioni in caso di mancata restituzione del prestito.