La pensione anticipata potrebbe essere prevista anche per gli statali. E’ una delle ipotesi sul tavolo della trattativa governo-sindacati che, come scrive Il Sole 24 Ore, ha parecchie possibilità di essere inserita nel piano flessibilità definitivo.
Dopo aver definito i dettagli dell’istituto (63 anni e 11 mesi, 20 anni di contributi, anticipo di massimo 3 anni dalla pensione, assegno non inferiore a 1,5 volte quello sociale, applicazione di penalizzazioni graduate in base all’ammontare della futura pensione ed applicata solo alla quota calcolata con il sistema retributivo), il governo potrebbe estendere il beneficio anche ai dipendenti pubblici.
Cosa prevede l’Ape
Nel nuovo meccanismo sull’anticipo pensionistico (Ape), l’impegno economico per le casse dello Stato sarà non superiore ai 500-600 milioni, compresi i dipendenti pubblici. Che prevede anche il ricorso alla “Rita”, la Rendita integrativa temporanea anticipata destinata a consentire al lavoratore “over 63”, che abbia aderito alla previdenza complementare e sia intenzionato a utilizzare la flessibilità-pensioni, la possibilità di incassare parte della pensione integrativa per ridurre l’impatto dell’Ape con il “vantaggio” di ridurre (anche dimezzare) il “prestito” bancario necessario per usufruire dell’assegno previdenziale anticipato.
Il nodo delle penalizzazioni
Oltre all’estensione dell’Ape agli statali, resta da sciogliere il nodo delle penalizzazioni: la diversa decurtazione dell’assegno anticipato degli over 63 a seconda della categoria di appartenenza. Al momento l’ipotesi è una decurtazione media dell’assegno pari a 3-4%, a partire da un minimo dell’1% a un massimo dell’8%.