Pensione e scivolo di 5 anni: le novità nel decreto lavoro

Due le novità principali in tema di pensioni: la proroga del contratto di espansione e nuove finestre per presentare le domande di accesso all'Ape sociale e all'uscita per i lavoratori precoci.

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Redazione

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Mentre il Def presentato la scorsa settimana dal governo ha sostanzialmente rimandato a data da destinarsi la riforma del sistema pensionistico (oltre che quella fiscale), il decreto lavoro potrebbe portare alcune novità sullo scivolo pensionistico di 5 anni e la proroga del contratto di espansione.

Lo scivolo per la pensione destinato ai lavoratori fino a cinque anni dalla maturazione dei requisiti pensionistici potrà infatti essere utilizzato fino al 2025. Il contratto di espansione, inizialmente previsto fino al 2023, è esteso di due ulteriori anni (2024 e 2025) dalla bozza del decreto, la cui approvazione è attesa nelle prossime settimane in consiglio dei ministri.

Pensione e contratto di espansione

È prevista quindi la proroga al 2025 della facoltà di avviare una procedura di consultazione finalizzata alla stipula del contratto di espansione, fermo restando il limite minimo di 50 unità lavorative in organico, anche calcolate complessivamente nelle ipotesi di aggregazione stabile di imprese con un’unica finalità produttiva o di servizi. Inoltre, viene consentito alle imprese interessate da contratti di espansione di gruppo di completare i piani di turn over previsti, consentendo loro, mediante accordi sindacali, di pianificare le uscite dei lavoratori più anziani in un arco temporale più ampio.

ApE Sociale

Nella bozza del decreto c’è spazio anche per l’ApE Sociale, con tre identici termini di presentazione delle domande al 31 marzo, 15 luglio e, comunque, non oltre il 30 novembre di ciascun anno.

Cambia qualcosa anche in tema di ricongiunzioni: viene sostituito il rendimento previsto in favore della gestione verso cui opera la ricongiunzione, attualmente pari al 4,5% annuo, con un rendimento in linea con quello offerto dal sistema contributivo, ovvero la media quinquennale del tasso di crescita del Pil.

Opzione Donna

Nessun accenno invece a Opzione Donna, che puù essere richiesta dalle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2022 abbiano maturato un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e un’età anagrafica di almeno 60 anni e che si trovino – alla data di presentazione della domanda – in una delle seguenti condizioni:

  • assistano da almeno sei mesi il coniuge o la parte dell’unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità, oppure un parente o un affine di secondo grado convivente nel caso in cui i genitori, il coniuge o l’unito civilmente della persona con handicap grave abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti oppure siano deceduti o mancanti;
  • presentino una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti Commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, pari almeno al 74%;
  • siano lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese per le quali è attivo, alla data del 1/1/2023 ovvero è attivato in data successiva, un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale.

Possono fare domanda le lavoratrici in possesso di:

  • 60 anni d’età (59 con un figlio e 58 con due o più figli);
  • 35 anni di contributi.

Per le donne licenziate o dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto l’età pensionabile è di 58 anni a prescindere dal numero di figli.

Per accedere alla prestazione, tutti i requisiti devono essere stati maturati entro il 31 dicembre 2022.