Rinuncia alla casa ereditata, quanto costa e come evitare l’accettazione tacita

Quali sono le conseguenze se si decide di rinunciare a un immobile in eredità e cosa succede se ci sono altri eredi: la guida

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Manuela Margilio

Content Specialist in diritto, fisco e immobilare

Esperta di diritto, sul web collabora con diverse riviste occupandosi del settore immobiliare e fiscale.

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Rinunciare a un’eredità non è mai una decisione semplice, soprattutto quando riguarda un immobile. Una casa, un terreno o un appartamento possono sembrare un vantaggio, ma spesso nascondono costi, debiti o responsabilità che rendono la rinuncia una scelta più prudente dell’accettazione. In Italia, il diritto successorio offre strumenti precisi per tutelare gli eredi, ma richiede consapevolezza: una volta accettata l’eredità, si deve affrontare tutto ciò che ne consegue.

Vediamo dunque quando conviene rinunciare a un immobile, quali sono le procedure da seguire e quali effetti produce la rinuncia.

Quando rinunciare alla casa ereditata

Può succedere che a seguito della morte di un parente si scopra di poter ereditare un immobile. Non è detto che questa sia una bella notizia. Non lo è infatti se l’immobile dovesse essere fatiscente oppure gravato da debiti e ipoteche che possano comportare delle responsabilità difficili da gestire.

È bene sapere fin da subito che è possibile rinunciare a una casa che sarebbe soltanto un problema economico e gestionale.

Quando una persona muore, i suoi bene non diventano immediatamente di proprietà dell’erede. Per poter entrare a far parte del suo patrimonio devono essere accettati. È però importante conoscere quelle che in base alla legge sono le modalità di procedere qualora si voglia rinunciare.

Oltreché in caso di un immobile in stato di degrado o non utilizzabile, la decisione di rinunciare ad esso può essere presa anche se:

  • si scopre di dover sostenere degli ingenti costi di manutenzione perché si tratta di un immobile vecchio che richiede dei lavori e spese condominiali;
  • se si trova in una zona con mercato immobiliare stagnante;
  • se occorre gestire delle quote indivise o conflitti familairi a causa della presenza di altri eredi;
  • se ci sono delle tasse cospicue.

Di fronte a costi elevati da sostenere e al rischio di rimanere intrappolati in una comunione ereditaria, la rinuncia si rivela una scelta strategica. Siamo di fronte ad uno strumento di tutela, previsto dal nostro ordinamento proprio per evitare che l’erede si trovi a rispondere di debiti o costi sproporzionati rispetto a quelli che potrebbero essere i benefici.

Come rinunciare all’eredità

Per quanto concerne le modalità, la legge prevede che la rinuncia all’eredità possa essere effettuata solo dopo la morte del de cuius.

Per rinunciare occorre presentarsi dinnanzi al notaio o al cancelliere del Tribunale del luogo dove la persona defunta aveva il suo ultimo domicilio. È infatti un atto solenne, reso sotto forma di dichiarazione espressa che non richiede motivazioni esplicite.

La legge non prevede un termine preciso ma stabilisce che si può rinunciare finché l’eredità non sia stata accettata. Tuttavia, si hanno a disposizione soli tre mesi se un creditore del defunto o un coerede intimano di dichiarare se si accetta o si rinuncia, al fine di evitare che la successione resti bloccata per anni.

È bene chiarire che la rinuncia non può:

  • contenere termini (non è ammessa una rinuncia a partire da una certa data);
  • essere subordinata al verificarsi di una condizione (non si può renderla effettiva se e quando si verifica un determinato fatto);
  • essere parziale.

Quest’ultimo è un aspetto da sottolineare e sul quale prestare attenzione, perché non è possibile rinunciare a un immobile e pensare di poter acquisire le somme che il defunto ha sul conto in banca. La rinuncia se effettuata deve essere totale. Non si può selezionare solo ciò che più conviene.

In ogni caso anche qualora si rinunci, l’atto compiuto può essere revocato entro il termine di 10 anni dall’apertura della successione, salvo alcune eccezioni.

Quali sono le conseguenze della rinuncia

Veniamo a un punto importante, ovvero a quelli che sono gli effetti della rinuncia se vi sono altri eredi.

La rinuncia produce i seguenti effetti immediati:

  • l’erede rinunciante è considerato come se non fosse mai stato chiamato poiché la rinuncia ha effetto retroattivo e il bene che avrebbe potuto ereditare non entrerà a far parte del suo patrimonio;
  • la sua quota si devolve agli altri eredi secondo le regole della rappresentazione o dell’accrescimento;
  • i creditori personali dell’erede non possono opporsi alla rinuncia, ma possono impugnarla se fatta in frode ai loro diritti.

Un aspetto interessante: se tutti gli eredi rinunciano, l’eredità si devolve allo Stato, che però non risponde dei debiti oltre il valore dei beni.

Quanto costa e perché bisogna pagare

Per quanto riguarda la rinuncia effettuata presso la cancelleria, si dovranno sostenere i seguenti costi:

  • una marca da bollo da 16,00 euro da apporre sul verbale in originale;
  • un versamento di 200,00 euro in favore dello Stato, da farsi tramite F24 il giorno della rinuncia.

Il pagamento di queste tasse è necessario affinché il verbale contenente la rinuncia possa essere trascritto nel registro delle successioni e divenire così opponibile nei confronti di eventuali creditori.

Qualora, invece, la rinuncia venga effettuata dinnanzi a un notaio, a questi costi occorre aggiungere anche l’onorario del professionista che, mediamente, potrebbe aggirarsi intorno agli 800,00 euro.

Errori da evitare in fase di rinuncia

Rinunciare a un immobile ereditato è una scelta che richiede lucidità e consapevolezza. Molti errori nascono dalla fretta e dalla scarsa conoscenza delle regole.

Tra questi vi è ignorare la presenza di figli o discendenti, non considerare alternative meno drastiche come l’accettazione con beneficio di inventario e agire senza una consulenza professionale.

Un altro aspetto al quale prestare attenzione, qualora si voglia rinunciare all’immobile, è evitare di compiere atti che costituiscano accettazione tacita dell’eredità.

Atti che comportano l’accettazione tacita

La rinuncia è possibile solo se non si è già accettata l’eredità. Molti comportamenti, anche apparentemente innocui, possono però costituire accettazione tacita, rendendo impossibile la rinuncia successiva.

Ecco alcuni esempi tipici:

  • pagare debiti del defunto con denaro proprio;
  • vendere o affittare l’immobile ereditato;
  • prelevare somme dai conti del defunto;
  • eseguire lavori sull’immobile.

La regola è semplice.

Se il comportamento presuppone la volontà di agire come erede, la rinuncia non è più possibile.

Immaginiamo di ereditare un appartamento con debiti condominiali arretrati. Se, per evitare problemi, si decide di pagarli, si incorre nell’accettazione tacita dell’eredità. A quel punto, anche scoprendo che l’immobile è gravato da un’ipoteca pesante, non sarà più possibile rinunciare.

Ecco perché è fondamentale valutare la situazione prima di compiere qualsiasi atto.