Affitti brevi, oltre 114mila strutture senza codice Cin: le regioni peggiori

Secondo i dati del ministero del Turismo, una struttura su cinque destinata agli affitti brevi è ancora priva del Codice identificativo nazionale, con diverse regioni sotto la media

Foto di Claudio Carollo

Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Pubblicato: 10 Gennaio 2025 20:10

Continua la lotta senza quartiere ai B&b e alle strutture per uso turistico ancora fuori legge. Mentre cominciano a fioccare le multe in seguito ai controlli in tutta Italia, il ministero del Turismo ha diffuso i dati sugli immobili che si sono adeguati alla normativa sugli affitti brevi, in particolare all’obbligo di registrarsi con il Codice identificativo nazionale (Cin), in vigore dall’inizio del nuovo anno. Secondo il report del dicastero aggiornato al 10 gennaio 2025, una struttura su cinque non è in regola e in due regioni, Umbria e Friuli, il rapporto si alza a tre su cinque.

I dati del ministero del Turismo

Dalla Banca dati strutture ricettive del ministero del Turismo (Bdsr) aggiornata del ministero del Turismo, risultano essere 463.244 le strutture che hanno ottenuto un numero di Cin, l’80,37% sul totale delle 576.410 attività registrate.

Al netto delle 5.860 richieste in corso di verifica amministrativa, sono quindi 113.166 gli immobili destinati agli affitti brevi che mancano all’appello, circa il 20%, senza considerare le strutture completamente abusive, sulle quali manca un tracciamento.

La mappa delle regioni

Sul sito dedicato alla Bdsr, il dicastero guidato da Daniela Santanchè riporta la mappa dei B&b e altre attività ricettive in possesso del Codice identificativo e di quelle irregolari in tutta Italia.

Secondo il report sono diverse le regioni sotto la media nazionale, tutte intorno al 75%: le Marche con circa 9.895 strutture in regola, la Puglia con  37.559 codici Cin, l’Abruzzo (8.089), la Liguria (31.252), la Calabria (4.900), il Lazio (41.138) e il Piemonte (19.886).

Ancora peggiori sono i numeri di Umbria e Friuli Venezia Giulia, uniche due regioni rimaste al 58% di copertura, rispettivamente con 4.695 e 8.939 attività a norma, ma tre su cinque violano le nuove regole.

Più diligenti i titolari di locazioni turistiche in Basilicata, dove la percentuale di affitti brevi regolari sale al 94%, 2.337 unità in valore assoluto, seguita dalla Valle d’Aosta con il 90%, pari a 3.961 unità.

L’analisi della ministra Santanchè

L’obbligo del Codice identificativo nazionale (Cin), necessario per identificare tutte le strutture ricettive e gli immobili con finalità turistiche,  rientra tra le misure introdotte dal ministero del Turismo per regolamentare il settore degli affitti brevi, scattate l’1 gennaio 2025.

Secondo la normativa le attività ricettive che non si adeguano alle nuove regole possono andare incontro a pesanti multe comprese tra gli 800 e gli 8mila euro, mentre le sanzioni nei confronti delle piattaforme che ospitano gli annunci delle strutture non in regola andrebbero da 500 fino a 5mila euro.

Il dato del 20% di strutture non a norma non sembra però preoccupare la ministra competente Daniela Santanchè, che è tornata a respingere le critiche sulla reale efficacia del Cin.

Sul sito del Turismo, la ministra rivendica quella che definisce la normativa “una riforma enorme, davvero senza precedenti, che ha richiesto e continua a richiedere un grande lavoro collettivo. Ad oggi, stiamo processando, ogni giorno, oltre 2000 richieste di registrazione alla Bdsr, e il dialogo con le Regioni è costante”.

Santanché ha sottolineato l’esistenza anche di “strutture che non hanno ancora preso il Cin ce ne possono essere alcune in anagrafica ma che non esercitano l’attività. La percentuale di aziende ancora non inserite nella Bdsr rientra quindi in un fisiologico processo di assestamento del nuovo quadro normativo definito dalla riforma. Direi, perciò, che il dato del 20% di strutture non ancora registrate non mi sembra così preoccupante, anche considerando il fatto che la BDSR è entrata in vigore da soli quattro mesi. Una riforma epocale, quindi, che in poco tempo sta già dando i primi risultati”.