Caffè sempre più caro, verso i 2 euro a tazzina

Dazi, clima estremo e costi energetici fanno schizzare il prezzo del caffè ai massimi storici da 50 anni, con aumenti in bar e supermercati

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

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Continua l’aumento del prezzo del caffè. Cristina Scocchia, amministratrice delegata di Illycaffè, ha raccontato la “tempesta perfetta” del mercato. Da una parte i dazi al 50% sulle importazioni brasiliane, dall’altra le condizioni climatiche sfavorevoli.

In questo modo il prezzo del caffè è ai massimi storici da cinquant’anni, raggiungendo una quotazione intorno ai 380 euro per libbra, tre volte la media. I nuovi rincari hanno portato a un aumento del costo del caffè nei supermercati, ma soprattutto nei bar. C’è ancora molta differenza di prezzo da Nord a Sud, ma il trend è il rialzo ovunque.

Prezzo del caffè ai massimi da mezzo secolo

Ormai il prezzo del caffè ha raggiunto i massimi storici. Sono molti i motivi che hanno contribuito ai rincari, ma si possono prendere come esempio i due con il maggior peso: dazi e cambiamento climatico.

In particolare, il cambiamento climatico mostra le sue conseguenze più gravi proprio nei Paesi che producono la maggior parte del caffè venduto nel resto del mondo. Per esempio la siccità in Vietnam o le piogge torrenziali in Brasile. Questi fenomeni estremi hanno ridotto i raccolti e destabilizzato l’offerta. Nel 2024 i prezzi dei chicchi grezzi erano già aumentati fino all’80%.

Il costo finale in tazzina però aumenta anche per via dei costi energetici, con gas ed elettricità che pesano sul prezzo della torrefazione. Infine c’è il prezzo della logistica internazionale, influenzato da eventi come la congestione dei porti di Suez e dal raddoppio dei noli marittimi.

Chiudono i motivi dietro all’aumento del prezzo anche l’inflazione sui costi di imballaggio e manodopera, la speculazione finanziaria e le nuove normative europee contro la deforestazione. Infatti le norme europee impongono agli importatori sistemi di tracciabilità e certificazioni che forzano la sostenibilità ambientale, ma comportano anche una serie di costi aggiuntivi per i piccoli produttori che scaricano questi sul prodotto finale.

Gli effetti dei dazi

Oltre alla crisi climatica, c’è l’effetto delle nuove tariffe doganali sul Brasile. I rialzi attuali, come spiega Filippo Roda, analista di materie prime dell’agrifood per Areté, sono in gran parte legati all’incertezza dovuta ai dazi. La scommessa, prosegue, è tutta geografica.

Il Brasile produce il 40% dell’arabica mondiale e il 30% delle varietà robusta ed è in totale responsabile del 31% dell’export di caffè. Ma se il Brasile non riesce a produrre abbastanza, non ci sono molti altri éaesi capaci di tamponare la situazione. La Colombia può fornire la materia prima a un costo più basso, ma non ha i volumi sufficienti a coprire l’intera domanda. In generale, però, la produzione di caffè è diminuita o non riesce a stare al passo con l’aumento della domanda. Anche nel 2025 la produzione di arabica brasiliana è prevista in calo del 6%.

Consapevole di questo, il Brasile deve riorganizzare le rotte commerciali: l’Europa è il primo importatore al mondo di caffè, ma è seguita dagli Stati Uniti, la cui importazione però è sottoposta a dazi al 50%. Non è ancora chiaro quanto il dazio al 50% si tradurrà in rincari finali per i consumatori americani, ma potrebbe essere intorno al 25%. Tradotto, secondo uno studio Fao:

un aumento dell’1% dei prezzi della materia prima si riflette in un incremento dello 0,25% del prezzo della tazzina.

Per il Brasile il commercio con gli Stati Uniti potrebbe quindi diventare più complicato e questo potrebbe aprire un nuovo scenario per l’Europa che si troverebbe ad acquistare caffè brasiliano a prezzi più convenienti. C’è solo un problema: la Cina. Pechino infatti ha autorizzato 183 aziende brasiliane a esportare i chicchi per aumentare l’importazione dal Brasile. Oggi il mercato cinese del caffè importa appena il 4% del totale e difficilmente potrebbe avere un ruolo determinante, ma si tratta di un mercato in crescita con le importazioni aumentate del 90% negli ultimi 10 anni e i consumi del 150%. Al momento comunque la partita si gioca ancora in Occidente, tra America ed Europa.

Fino a 2 euro per una tazzina di caffè

È in questo modo che si arriva a pagare anche fino a 2 euro per una tazzina di caffè. Lo racconta il Centro studi di Unimpresa che ha monitorato il costo del caffè dal 2020 al 2025. In Italia la traiettoria è una crescita costante e si prospetta che entro la fine dell’anno si potrà superare la soglia simbolica dei 2 euro a tazzina.

Oltre alle motivazioni già citate, ci sono altre dinamiche che entrano in gioco per arrivare alla soglia psicologica dei 2 euro. Parte, per esempio, è dovuta alla locazione geografica.

Da nord a sud, infatti, il prezzo cambia molto. Lo racconta sempre l’ad di Illycaffè: tra Benevento e Bolzano si attesta a circa 1,5 euro, mentre a Catanzaro a 1 euro. Il costo della tazzina al bar è aumentato del 19% rispetto al 2021 e del 3,4% rispetto al 2024. Sempre secondo le previsioni di Unimpresa, ben presto potremmo arrivare a pagare oltre i 2 euro solo per il costo della materia prima e non per le scelte dei singoli rivenditori e bar.