Il rinnovo del contratto 2019-2021 della Dirigenza medica e sanitaria del Sistema sanitario nazionale ha registrato giorni caldi. Dopo un incontro tra i rappresentanti di categoria e il ministro della Salute, Orazio Schillaci, e il tavolo con l’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), si spera di chiudere la questione entro luglio.
L’intesa, rincorsa ormai da cinque mesi, riguarda circa 130mila camici bianchi, che riceveranno un aumento in busta paga. Resta ancora aperta la definizione del tema dell’orario di lavoro. Ecco tutte le novità.
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Cosa prevede il contratto dei medici
Sul tavolo delle trattative i medici chiedono più risorse per il rinnovo del contratto nazionale, ma non solo. Cruciali sono anche il tema del lavoro extraorario non pagato e l’eliminazione del tetto sulle assunzioni che dirotta i fondi pubblici sui cosiddetti “medici a gettone” (di cui avevamo parlato qui). Ciò che sembra ormai certo è che i professionisti della sanità otterranno un aumento medio lordo di 200 euro al mese, cui si sommano circa 9mila euro di arretrati.
Il nuovo contratto dovrebbe inoltre prevedere una norma sulle relazioni sindacali: il confronto potrà essere chiesto dalle associazioni a prescindere dal fatto che l’azienda lo avvii o meno. Un focus sarà dedicato anche a guardie e pronta disponibilità e all’assegnazione degli incarichi. Su quest’ultimo punto, si stabilisce che dopo il periodo di prova bisognerà assegnare l’incarico ai dirigenti. Ne consegue che il lavoro fuori sede sarà molto più regolato, con tanto di rimborso per chi dovrà prestare servizio lontano dalla propria sede di origine.
Per quanto riguarda le tempistiche, bisognerà attendere circa tre mesi dalla firma della pre-intesa, che dovrebbe avvenire entro le prossime settimane. Nel frattempo il documento sottoscritto da Aran e sindacati finirà sotto la lente di ministeri e organi di controllo. Solo una volta che verrà apposta la firma definitiva, si sbloccheranno le risorse economiche (qui avevamo parlato dell’allarme “deserti sanitari” in 9 Regioni: dove mancano i medici).
Il nodo dell’orario di lavoro
Il punto sul quale le parti appaiono più distanti è invece quello relativo all’orario di lavoro. Pierino Di Silverio, segretario dell’Anaao-Assomed (il maggiore sindacato dei medici ospedalieri), afferma che “i medici dovrebbero lavorare per 38 ore settimanali, ma in realtà ne lavoriamo in media 70 e siamo già al limite rispetto alla legge europea sui riposi, che prevede 11 ore di riposo consecutive dopo un turno di lavoro”.
Nella bozza di accordo si legge che le aziende “possono introdurre un orario aggiuntivo di lavoro per il raggiungimento dei risultati, facendo rientrare le ore in più in un generico fondo. Di fatto le ore in più non vengono retribuite adeguatamente e c’è un super carico di lavoro per i medici. Si sta cercando di affrontare la carenza di camici bianchi sovraccaricando i medici presenti”.
C’è però anche chi, come i vertici del sindacato Cimo-Fesmed, sostiene che la nuova formulazione dell’orario di lavoro “non elimina il rischio di dover lavorare senza limiti orari, prevedendo per le ore eccedenti circa 57 euro a settimana“. Nel mirino anche il numero di guardie notturne e festive, definito “eccessivo”. Per non parlare della bozza di norme per il servizio fuori sede, che sulla carta non impedisce al momento il trasferimento anche decine di chilometri dalla propria sede di lavoro. Le sigle sindacali polemizzano e temono che si imponga la nefasta figura di un “medico itinerante”. Stando ai calcoli dei sindacati, ogni medico “regala” circa 300 ore di lavoro extra ogni anno per coprire la carenza di personale. E questo alle classi di categoria non piace affatto.