I papà non possono essere licenziati: come funziona la legge

L'ultima riforma sulla maternità prevede una maggior tutela anche per i neo papà: ecco cosa prevede la legge voluta dal governo Draghi prima delle dimissioni

Pubblicato: 22 Marzo 2023 22:00

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Non solo le mamme, ora anche i neo papà saranno tutelati dalla legge e non potranno essere licenziati. La svolta è arrivata col decreto legislativo dello scorso 30 giugno 2022, fortemente voluto dal precedente governo diretto da Mario Draghi, che ha voluto estendere il divieto di licenziamento che interessa le mamme anche ai papà.

Le novità si legano alla riforma della maternità pensata per “migliorare la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza”.

I papà non potranno essere licenziati

Una novità importantissima che toglie di certo un pensiero, e anche abbastanza pesante, dalla mente dei neogenitori. Dopo il noi al licenziamento della mamma, infatti, il divieto è stato esteso anche ai papà, dando così maggior tutela.

Il decreto dello scorso giugno è stato richiamato dalla circolare Inps del 20 marzo 2023 e ha apportato modifiche al “Testo Unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”,, raddoppiando il congedo di paternità che è ora obbligatoriamente di 10 giorni (fruibili dai due mesi precedenti la data presunta del parto e entro i cinque mesi dopo la nascita).

La modifica netta, però, riguarda l’articolo 54 che regola la questione del licenziamento. L’articolo citato, infatti, è stato modificato vietando, di fatto, il licenziamento del papà. Il divieto, si legge, viene esteso infatti “al lavoratore padre che ha fruito del congedo di cui all’articolo 27-bis e all’articolo 28 del medesimo Testo Unico”.

Come chiarisce la circolare Inps del 20 marzo si dispone che in caso di fruizione del congedo di paternità “il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino“.

Stesso trattamento, dunque, per papà e mamma. Alle madri, infatti, il divieto di licenziamento era stato garantito nel Testo unico maternità (dlgs 151/2001) che prevedeva che la mamma non potesse essere licenziata dall’inizio della gravidanza fino all’anno di età del figlio. Per i papà il divieto di licenziamento subentrava solo in caso di congedo parentale alternativo nei casi in cui la madre non fosse in grado di accudire i figli (come la morte prematura della donna, l’ infermità mentale o l’abbandono del minore da parte della madre).

La novità sulla NASpI

La riforma, poi, prevede anche importanti novità sulla NASpI, di solito riservata a quanti sono stati protagonisti di un evento di disoccupazione involontaria (il calendario dei pagamenti di marzo). In caso di paternità, infatti, sarà possibile accedervi per tutti coloro che hanno fruito di congedo sia obbligatorio che alternativo e potrà essere richiesto anche in caso di dimissioni improvvise date durante il divieto di licenziamento e quindi fino all’anno di vita del figlio.

Una novità non di poco conto se si pensa che in precedenza l’accesso alla NASpI era possibile solo ai papà in congedo di paternità alternativo. All’articolo 55 del Testo Unico infatti si legge che in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo “la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La lavoratrice e il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso”, mentre in un altro nostro articolo vi abbiamo parlato degli aiuti ai genitori disoccupati).