Italia, allarme “lavoratori invisibili”: chi sono e quanto guadagnano

Sottopagati, senza contratto fisso e con scarse tutele per quanto riguarda le condizioni in cui operano: ecco lo stipendio da fame dei nuovi (giovani) poveri

Pubblicato: 14 Gennaio 2023 17:00

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Mentre il governo di Giorgia Meloni è impegnato a pieno ritmo per trovare una soluzione e affrontare in maniera organica il nuovo rialzo dei prezzi dei carburanti – causato dalla fine dei fondi stanziati dal precedente esecutivo di Mario Draghi per evitare il pagamento delle accise – l’opinione pubblica torna ad interrogarsi su quali saranno le ripercussioni di questa ennesima crisi economica, che sta investendo in maniera importante il nostro Paese.

In particolare, il nuovo aumento dei costi di diesel e benzina si inserisce all’interno di un quadro che versa già in una condizione assai preoccupante e in cui, allo stesso tempo, agiscono anche i rincari dei prezzi delle bollette per luce e gas e l’andamento di crescita costante dell’inflazione (con quest’ultima voce che, solo nel 2022, ha raggiunto la soglia di incremento dell’8,1%).

Contratti precari e paghe da fame: la difficile situazione del lavoro in Italia

Le preoccupazioni maggiori riguardano soprattutto quel parco di lavoratori – ed è  sempre più numeroso, tanto in Italia quanto in Europa – che non raggiungono una soglia di reddito sufficiente per affrontare senza contraccolpi la devastante congiuntura di emergenze a cui purtroppo ci stiamo abituando. In effetti, secondo un’analisi realizzata di recente dall’INPS, il numero di persone che attualmente non gode di un contratto stabile e indeterminato sarebbe nell’ordine di diversi milioni, mentre proliferano le forme di retribuzione più diverse, spesso accettate dal diretto interessato nonostante non forniscano alcuna forma di tutela.

Stage, tirocini e alternanza tra scuola e lavoro, ma anche apprendistato, contratti a chiamata e prestazioni stagionali occasionali. Sono queste le modalità ormai diffusissime sia nel Nord produttivo che nel Sud più profondo, senza distinzione alcuna. Ma c’è anche chi sta peggio: proprio nel report dell’istituto di statistica viene evidenziato come il tasso di inattività in Italia sia cresciuto nel terzo trimestre 2022, con ben 12mila occupati in meno rispetto alla rilevazione precedente effettuata a fine estate.

Chi sono i “lavoratori invisibili” e che contratti hanno

Tra coloro che accettano di operare in un regime di flessibilità contrattuale (e, sempre secondo l’Istat, sono circa l’83% dei nuovi occupati dal 2021 ad oggi), ci sono quelli che l’Inps ha definito come “lavoratori invisibili“. Parliamo di una platea di contribuenti che l’istituto di previdenza ha stimato all’incirca in 600mila unità.

Tra di loro non ci sono solo i tanti ragazzi impiegati come rider (scopri le ultime novità europee a favore di questa categoria) per i trasporti e le consegne, ma anche moltissimi giovani che hanno accettato un impiego presso la gig economy, ossia che lavorano per le piattaforme online.

Quanto guadagnano i “lavoratori invisibili” e perché sono a rischio povertà

Il loro caso rappresenta un esempio lampante di come si stia distorcendo il mercato del lavoro negli ultimi tempi (anche per colpa dei titolari d’azienda). Parliamo quasi sempre di soggetti titolari di partita Iva – o comunque con contratti occasionali – a cui viene corrisposta una cifra inferiore a 5mila euro l’anno.

Ed è proprio qui che sta la forzatura (per non chiamarla fregatura): di fatto, per i valori erogati al di sotto di questa soglia non esiste l’obbligo per il datore di lavoro di versare i contributi per la pensione (e scopri come fare in caso di contributi non riconosciuti). Con il risultato che, oltre a complicare il presente, queste forme di contrattualizzazione rischiano anche di compromettere il futuro delle nostre generazioni più giovani.