Ogni lavoratore dipendente ha diritto non soltanto allo stipendio mensile, ma anche a quell’accantonamento di una parte di retribuzione in busta paga che prende il nome di Tfr. La disciplina del trattamento di fine rapporto segue regole rigorose e precise e non può essere mai ignorata dall’azienda o dal datore di lavoro.
Specifica attenzione va a che cosa deve essere compreso nel calcolo della somma del Tfr e — proprio per questo — una recente pronuncia della Cassazione è utile a chiarire quando indennità e compensi “variabili” entrano nella liquidazione di fine rapporto.
Vero è che l’istituto in oggetto continua a essere al centro di numerosi contenziosi e la pronuncia n. 30331/2025 della Corte ha il merito di fare luce proprio sull’esatto perimetro delle voci retributive per il calcolo Tfr, quando il Ccnl di riferimento non prevede un’esclusione chiara ed espressa.
Vediamo allora la vicenda che ha portato al provvedimento citato e cosa sapere ai fini della piena tutela dei propri diritti economici.
Indice
Il calcolo Tfr contestato e l’esito del primo grado di giudizio
Alcuni lavoratori di una nota società avevano contestato il calcolo del proprio trattamento di fine rapporto, sostenendo che la datrice avesse escluso illegittimamente diverse voci retributive percepite nel corso del rapporto. Come diretta conseguenza, ai dipendenti sarebbe spettato un Tfr di importo minore.
Dalla causa legale, in primo grado arrivò una sentenza di parziale accoglimento delle loro richieste. Il giudice aveva infatti sancito che, nel calcolo del trattamento, dovessero essere inserite anche le seguenti voci:
- lavoro supplementare;
- lavoro straordinario;
- richiamo in servizio;
- maggiorazioni per prestazioni eccedenti i limiti;
- trattamenti economici di trasferta (esclusi solo i rimborsi spese puri);
- permessi ex festività non fruiti;
- indennità per turni sfalsati;
- indennità previste dall’art. 43 del Ccnl Autostrade e Trafori.
Il tribunale aveva così disposto il ricalcolo della liquidazione, rimandando la quantificazione dei singoli importi a un giudizio separato.
Il parziale dietrofront della magistratura in appello
La società datrice impugnò la decisione di primo grado e, in quello successivo, l’esito le fu favorevole. Infatti, la corte territoriale ribaltò la decisione con la sentenza n. 3397/2023, richiamata nella successiva pronuncia della Cassazione.
Sostanzialmente, il giudice di merito ragionò in questi termini:
- il Ccnl di categoria elencava quali voci rientrassero nel trattamento di fine rapporto e, per esclusione, tutte le altre dovevano restare fuori dal calcolo della liquidazione;
- i lavoratori avrebbero dovuto indicare con precisione le norme contrattuali che prevedevano l’inclusione delle voci contestate;
- non era stata dimostrata la natura non occasionale dello straordinario, né il carattere fisso del pagamento delle ex festività. Conseguentemente, queste cifre non dovevano essere incluse nel calcolo del Tfr.
Gli ex dipendenti non si arresero all’esito non positivo, facendo ricorso alla Suprema Corte sulla base di più motivi, contro cui la società ha resistito.
La retribuzione deve essere esclusa dal calcolo Tfr
Il percorso giudiziario si è concluso con una sentenza che ha accolto le richieste dei lavoratori, censurando pesantemente il ragionamento logico-giuridico della corte d’appello. Senza scendere eccessivamente in tecnicismi, chiariamo di seguito i punti chiave con cui i giudici di piazza Cavour hanno risolto il caso.
Anzitutto, non basta che il contratto collettivo applicato elenchi alcune voci perché, per escluderne altre, serve una previsione chiara e univoca. È un principio giurisprudenziale da seguire: per estromettere certe indennità dal calcolo Tfr serve una disposizione espressa del Ccnl, altrimenti vanno sempre conteggiate.
In particolare, richiamando una propria precedente decisione (Cass. n. 24801/2024), la Corte afferma che l’art. 22 del Ccnl Autostrade e Trafori elenca i soli elementi “standard” della retribuzione. Questo non significa, però, che tutte le altre voci siano automaticamente tagliate fuori dalla quantificazione del trattamento, perché bisogna sempre verificare se gli importi contestati abbiano natura corrispettiva.
La Cassazione ha così bocciato la linea della corte d’appello, che aveva ritenuto erroneamente escluse le indennità non espressamente citate nel contratto.
Onere della prova ed esame dei compensi variabili
Sul tema dell’onere della prova, la Cassazione è netta perché — richiamando un principio costante (Cass. 15889/2004) — la regola generale dell’art. 2120 Codice Civile stabilisce che tutto ciò che non è occasionale e non è rimborso spese, rientra nel calcolo del Tfr.
Ecco perché chi vuole escludere una voce retributiva, deve indicare l’eccezione che conferma la regola generale e provare, quindi, che il contratto collettivo la esclude chiaramente. La corte d’appello aveva invertito l’onere della prova in modo scorretto.
Non solo. La sentenza d’appello era viziata anche per un altro errore, riguardante il mancato esame delle singole voci contestate, tra cui il lavoro supplementare o i trattamenti economici di trasferta. Infatti, secondo la Cassazione, è sempre obbligatorio verificare a posteriori se queste somme — classificabili come compensi variabili — siano state versate, in busta paga, con continuità, per un periodo significativo e idoneo a escluderne l’occasionalità (come precisato anche nella sentenza n. 14242/2024).
Questa indagine, fondamentale per stabilire se una voce entri o meno nel Tfr, non è stata compiuta dalla corte d’appello. Al contempo, quest’ultima aveva emesso una sentenza proceduralmente sbagliata richiamando un precedente non pertinente, violando così il principio giurisprudenziale tra chiesto e pronunciato.
Che cosa cambia per il Tfr dei lavoratori
Ricapitolando, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dei lavoratori e cassato la sentenza d’appello, rinviando nuovamente a quest’ultima — in diversa composizione — per un nuovo e completo esame. I giudici dovranno ora valutare tutte le voci retributive rivendicate, applicando i principi indicati dalla Cassazione e pronunciandosi anche sulle spese del giudizio.
In sintesi, la decisione n. 30331 indica che indennità e compensi accessori possono contribuire all’aumento del Tfr, anche se non sono elencati esplicitamente nel Ccnl applicato in azienda. Al fine di essere incluse nel calcolo, però, devono rispettare i paletti fissati dalla Corte. Per non pochi lavoratori — ad esempio quelli con turnazioni, reperibilità, trasferte o straordinari ricorrenti — questa interpretazione potrà tradursi in importi di Tfr sensibilmente maggiori.
Di fondo, a tutela degli occupati c’è il principio di onnicomprensività della retribuzione previsto dall’art. 2120 Codice Civile: ciò che il lavoratore percepisce stabilmente per la sua prestazione lavorativa fa parte del Tfr, salvo esplicita esclusione del contratto collettivo.