Spiati da telecamere nei negozi, cosa rischia chi vìola la privacy

Telecamere nei negozi, cosa dice il Garante Privacy? Scopri quali sono le violazioni più comuni, cosa rischiano i commercianti e come usare la videosorveglianza nel rispetto della legge

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

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L’occhio indiscreto delle telecamere può rappresentare una seria violazione della privacy dei cittadini, compresi gli ignari clienti che entrano nei negozi per curiosare o acquistare qualche prodotto. Lo sa bene il Garante per la protezione dei dati personali che, recentemente, ha inviato una lettera alla Confcommercio, per ricordare e evidenziare il frequente utilizzo dei sistemi di videosorveglianza – installati negli esercizi commerciali – in modo non conforme alla legge.

In sostanza, se è vero che si tratta di strumenti atti a reprimere possibili casi di furti e rapine, è altrettanto vero però che troppi negozi utilizzano telecamere invasive, senza dare adeguate garanzie di rispetto dei diritti individuali. Confcommercio è stata così invitata a intervenire per prevenire gli abusi e proteggere la sfera personale di clienti e semplici passanti.

Vediamo un po’ più da vicino l’iniziativa del Garante e cerchiamo di capire cosa rischiano i commercianti poco attenti al rispetto delle regole in materia di telecamere.

Uso di telecamere nei negozi, le violazioni più frequenti

L’Authority è intervenuta su impulso delle recenti segnalazioni di irregolarità nell’utilizzo dei sistemi di videosorveglianza. Grazie all’applicazione del GDPR, oggi la normativa privacy è molto dettagliata ed evoluta, fissando diritti e doveri ben precisi.

Ecco perché non deve stupire che ci siano stati moltissimi controlli compiuti dalle forze dell’ordine, che hanno condotto a sanzioni amministrative pecuniarie, multe anche pari a varie migliaia di euro e proporzionate a gravità e contesto della violazione. A subirle tutti quegli esercizi commerciali che.. con troppa disinvoltura, utilizzavano sistemi di videosorveglianza in barba alle normative vigenti.

Con finalità informativa e di avvertimento, il Garante sottolinea che le violazioni più frequenti hanno riguardato:

  • la mancanza di cartelli informativi circa l’uso delle telecamere per finalità di sicurezza;
  • l’utilizzo di questi strumenti puntati su aree pubbliche o proprietà di terzi;
  • l’ottenimento di registrazioni audio non autorizzate;
  • la conservazione delle immagini oltre i limiti di tempo consentiti;
  • i controlli dei dipendenti, senza rispettare le garanzie previste dallo Statuto dei lavoratori.

Vero è che il datore pubblico o privato può installare telecamere nelle sedi di lavoro, ma soltanto per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, nel rispetto delle altre garanzie previste dalla normativa di settore in tema di installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo (art. 4 della l. 300/1970 e GDPR).

Il ruolo delle Linee Guida europee e il bilanciamento tra interesse del commerciante e diritto individuale

Al contempo, con la formale comunicazione a Confcommercio, il Garante Privacy richiama come riferimento per un uso corretto dei sistemi di videosorveglianza le Linee guida 3/2019 del Comitato europeo per la protezione dei dati. Queste ultime dettagliano l’applicazione del GDPR e spiegano che:

in presenza di una situazione di reale rischio, la tutela della proprietà da furti o atti vandalici può costituire un legittimo interesse con riguardo alla videosorveglianza.

Al contempo, per il principio di trasparenza e a norma del GDPR, i potenziali “bersagli” delle attività di trattamento – i clienti e tutti coloro che entrano negli spazi degli esercizi commerciali – devono essere informati delle finalità del trattamento, con appositi cartelli.

In particolare, le informazioni andrebbero posizionate all’ingresso del negozio, all’altezza degli occhi in modo da permettere all’interessato di riconoscere facilmente la sorveglianza, prima di entrare nella zona ripresa dalle telecamere. Non è necessario rivelare dove si trova lo strumento e non è necessario chiedere al Garante l’autorizzazione all’installazione.

Nelle Linee guida, la videosorveglianza è definita lecita, se è necessaria per conseguire la finalità di un legittimo interesse perseguito dal titolare del trattamento (in questo caso il negoziante), a meno che su tale interesse (economico) prevalgano i diritti e le libertà fondamentali del privato cittadino, o dello stesso dipendente spiato al lavoro. Il bilanciamento tra interesse e diritto andrà valutato caso per caso, e sulla scorta di più variabili tra cui le caratteristiche (ad es. zona pedonale o centro commerciale) e l’estensione dell’area sorvegliata o il numero di persone riprese dalle telecamere.

Pensiamo ad es. al caso del ristorante, che decide di installare videocamere nei bagni per controllare la pulizia dei
servizi igienici. In questo caso, i diritti dei clienti prevalgono sull’interesse del titolare del trattamento (il ristorante), pertanto le telecamere non possono essere legalmente installate all’interno dei servizi igienici.

Minimizzazione dei dati e sistemi di sicurezza alternativi

Nel rispetto della regola della minimizzazione e limitazione nel tempo dei dati trattati, il negoziante dovrebbe optare per misure di videosorveglianza, soltanto se la tutela dei beni non può essere garantita con altri mezzi meno intrusivi per i diritti e le libertà fondamentali dei privati cittadini.

Nelle Linee guida si trova così scritto che il titolare del trattamento, per evitare reati al patrimonio:

potrebbe adottare misure di sicurezza alternative, come la recinzione della proprietà, il pattugliamento regolare di personale di sicurezza, l’impiego di custodi, una migliore illuminazione, l’installazione di serrature di sicurezza, finestre e porte a prova di manomissione o l’applicazione di rivestimento anti-graffiti o lamine alle pareti.

Inoltre, la necessità di utilizzare la videosorveglianza per proteggere la proprietà di un titolare si arresta ai confini della proprietà stessa. Tuttavia, spiegano le Linee guida, ci sono situazioni in cui la sorveglianza della proprietà non basta per per una protezione efficace. In alcuni singoli casi, potrebbe così essere necessario estendere la videosorveglianza alle immediate vicinanze dell’area di proprietà. Ecco allora che il titolare del trattamento dovrebbe prendere in considerazione l’impiego di mezzi fisici e tecnici, ad es. bloccando o oscurando le zone non pertinenti.

Le Linee Guida fanno l’esempio alla libreria che voglia proteggere la propria sede contro atti di vandalismo. In linea generale, le telecamere dovrebbero riprendere soltanto i locali in senso stretto. Non è infatti necessario sorvegliare i locali adiacenti o le zone pubbliche circostanti la sede della libreria per contrastare possibili danneggiamenti.

Concludendo, lo scopo primario delle citate Linee guida è garantire la sicurezza all’interno delle attività commerciali – nel rispetto della riservatezza di cittadini e lavoratori – ed evitare di essere nuovi bersagli delle multe dello stesso Garante. Sono indicazioni che dovranno essere tenute in stretta considerazione dai negozi di prossimità e dalle imprese del commercio di piccole dimensioni, ossia quelle attività che più tendenzialmente si rivelano meno attente al rispetto delle regole in oggetto. Sulla videosorveglianza ci sono quindi regole ben precise, come anche nel caso delle telecamere in condominio.