Proroga dello smart working per i dipendenti pubblici fragili: ipotesi 31 marzo 2024

Chi sono i dipendenti pubblici fragili con diritto allo smart working? Ecco i possibili beneficiari e perché il governo ragiona sulla proroga

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Si torna a parlare di smart working, ma soltanto per determinate categorie. Lo sguardo è rivolto in questo caso ai dipendenti pubblici. Il governo sta vagliando la possibilità di uno slittamento della scadenza imposta ai lavoratori fragili, prevista per fine dicembre 2023. Di seguito tutti i dettagli del caso.

Rinnovo smart working: ecco perché

Il 2024 potrebbe non veder sparire le chance di smart working garantite ai dipendenti pubblici considerati fragili. Ciò perché il governo di Giorgia Meloni sta vagliando l’opzione di un rinnovo del sistema attuale.

Una proroga della scadenza dal 31 dicembre 2023 al 31 marzo 2024, offrendo ancora per tre mesi la possibilità di usufruire liberamente della modalità di lavoro da remoto. Non si tratterebbe di certo della prima volta che un intervento del genere entra in funzione. A dire il vero ciò è avvenuto più volte e l’ultima risale al 30 settembre 2023.

Verrebbe da chiedersi, dunque, perché non garantire questa possibilità in pianta stabile. Il motivo è che l’esecutivo non vede in questa modalità qualcosa di realmente fattibile per il sistema lavoro. Si sta valutando l’opzione rinnovo della scadenza per lo smart working in ambito pubblico quasi unicamente per quelli che sono i bollettini del ministero della Salute.

Per la quarta settimana consecutiva, infatti, si è assistito a una crescita della curva epidemica del Covid in Italia. Il tasso di positività è del 20,9% e, pur in presenza di un iniziale rallentamento, è naturale tentare di operare per limitare i contagi laddove possibile.

Chi sono i lavoratori fragili

I requisiti per l’accesso al lavoro da remoto nella pubblica amministrazione sono stati indicati da un decreto interministeriale del febbraio 2022. Rientrano nella categoria i seguenti soggetti:

  • chi presenta una compromissione della risposta immunitaria;
  • chi è in attesa di trapianto d’organi;
  • chi è affetto da una patologia oncologica;
  • chi è affetto da una patologia onco-ematologica (con trattamento di farmaci immunosoppressivi e mielosoppressivi;
  • chi ha sospeso le cure da meno di sei mesi.

Un’opzione offerta anche a chi soffre di tre o più patologie. In questo caso non è la specifica problematica a far rientrare nel novero dei soggetti fragili, quanto la combinazione. Si ritengono infatti questi lavoratori molto più a rischio contagio rispetto ad altri.

Le malattie in questione sono cardiopatia ischemica, fibrillazione delle arterie, ictus, scompenso cardiaco, diabete mellito, bronco-pneumopatia ostruttiva cronica, obesità ed epatite cronica. Guardando al novero totale, si sfiora la cifra di un milione di lavoratori in Italia, comprendendo però tanto il settore pubblico quanto quello privato.

In merito a quest’ultimo, la Commissione di Bilancio del Senato ha di recente approvato un emendamento delle opposizioni. In questo modo si proroga proprio al 31 marzo il diritto allo smart working ai genitori di minori under 14. Una garanzia non offerta nel pubblico impiego. Nel privato hanno inoltre diritto al lavoro da remoto i soggetti più esposti al rischio contagio da Covid, previa valutazione medica.

Ci sarà dunque la proroga al 31 marzo anche nel pubblico? Molto dipende dal reperimento delle risorse necessarie. Lo sguardo è rivolto soprattutto al settore scolastico, chiaro esempio di come la tutela dei fragili corrisponda a una necessaria sostituzione in cattedra, tramite supplenti. Ciò non si tradurrebbe, ovviamente, in un periodo casalingo retribuito, bensì in una differente occupazione, con attività di supporto dell’attuazione del Piano triennale dell’offerta formativa.