Salario minimo a Napoli nei contratti pubblici, delibera vincola i fornitori del Comune

A Napoli Comune e società partecipate saranno obbligati a pagare almeno 9 euro lordi l'ora tutti i prestatori chiamati a realizzare lavori, servizi e forniture

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Il salario minimo a Napoli è realtà, almeno per quanto riguarda i contratti stipulati dall’Amministrazione comunale con i suoi committenti: con una delibera la giunta presieduta dal sindaco Gaetano Manfredi ha fissato il tetto minimo retributivo per tutti gli operatori economici ai quali il Comune affiderà in appalto lavori, servizi e forniture. I dipendenti di tali ditte non potranno essere pagati meno di 9 euro lordi l’ora. L’atto di indirizzo si applica sia ai contratti stipulati direttamente dal Comune che a quelli stipulati dalle società partecipate.

Il comune di Napoli sfida il governo

La delibera va a integrare il protocollo d’intesa su sicurezza e legalità negli appalti e nei subappalti, che il comune di Napoli stipulerà con le organizzazioni sindacali.

Lo schema del protocollo d’intesa è stato approvato dalla giunta lo scorso 8 luglio. Si tratta di uno sforzo per assicurare migliori garanzie economiche e normative ai lavoratori impiegati negli appalti pubblici. Ma non solo: si tratta anche di un atto dalla forte connotazione politica che, nei fatti, rappresenta una sfida al governo Meloni che ha rigettato l’idea di applicare il salario minimo legale da 9 euro lordi l’ora per demandare il tutto alla contrattazione collettiva.

I promotori della delibera

La delibera è stata approvata su proposta dell’assessora al Lavoro Chiara Marciani. Ma l’atto di indirizzo, approvato dalla giunta comunale, ha recepito l’ordine del giorno del consigliere Sergio D’Angelo, che il consiglio comunale ha approvato all’unanimità nel novembre 2023.

“Questa delibera contiene anche vincoli sui contratti collettivi che devono essere applicati al personale impiegato nei lavori, nei servizi e nelle forniture oggetto di appalti pubblici, in coerenza con la disciplina prevista dal nuovo Codice dei contratti pubblici”, ha dichiarato l’assessora Marciani. “L’Amministrazione intende garantire la dignità del lavoro e con gli ultimi atti approvati dalla Giunta vengono prescritte ulteriori garanzie, di sicurezza ed economiche, rispetto a quelle già previste dalla legislazione vigente”, ha aggiunto.

“Non abbiamo l’ambizione di sostituirci al Parlamento e alla politica nazionale, ma vogliamo lanciare un segnale dalla più grande città del Sud, dove più che altrove è largamente diffuso il lavoro povero. Basta paghe da fame, soprattutto da parte di chi esegue lavori per conto delle amministrazioni pubbliche. Al di sotto dei 9 euro lordi non è ammissibile pagare i lavoratori impegnati in appalti e subappalti che coinvolgono il Comune di Napoli”, ha fatto eco il consigliere D’Angelo.

Il salario minimo in Italia

A dicembre 2023 la Camera ha votato contro la proposta di salario minimo a 9 euro l’ora, avanzata dalle opposizioni, con 153 sì, 118 no e 3 astenuti. Il testo è stato poi bocciato anche in Senato. La maggioranza aveva prima cambiato la proposta trasformandola in delega al governo in materia di “retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva nonché di procedure di controllo e informazione” e con l’eliminazione di ogni riferimento a un salario minimo legale.

Alle proteste dei sindacati, Meloni aveva risposto attaccando e dicendosi stupita della posizione “di alcuni sindacati che vanno in piazza per rivendicare il salario minimo e quando vanno a trattare i contratti collettivi accettano contratti con poco più di 5 euro all’ora”. Così aveva dichiarato la premier ai microfoni di Rtl 102.5.

Precedentemente anche il Cnel si era espresso in maniera sfavorevole al salario minimo.

Alcuni sindaci hanno così posto rimedio al blocco da parte di governo e parlamento contro il salario minimo legale. La prima realtà ad applicare la retribuzione minima da 9 euro l’ora è stata la giunta di Firenze allora guidata da Mario Nardella.