Contratti a termine e discriminazioni lavorative, l’Ue deferisce l’Italia per uso abusivo

La Commissione europea si scaglia contro l'Italia per le condizioni di lavoro degli insegnanti: il governo non ha fatto abbastanza

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Pubblicato: 3 Ottobre 2024 13:02

I rapporti tra l’Italia e l’Unione europea non sono sempre stati rosei, questa è cosa nota, e la situazione con l’attuale governo non è migliorata. Basti pensare a quanto avvenuto sul delicato tema delle concessioni balneari.

Si ha la sensazione che il nostro Paese sia sempre in ritardo e alla ricerca di rinvii e concessioni. Stavolta però la Commissione ha deciso di deferirci alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Il motivo? “Tale Paese non ha posto fine all’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie”.

Italia deferita dalla Commissione europea

Il tema del lavoro dovrebbe essere al centro del dibattito politico in maniera costante, pratica e seria. Siamo un Paese che non riesce a garantire una necessaria tutela e una dignità sul posto di lavoro. L’abuso di contratti a tempo determinato ne è un esempio lampante e la Commissione ha deciso di “redarguire” in maniera seria e gravosa il governo di Giorgia Meloni.

Il riferimento va alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio e ora l’Italia dovrà rispondere del proprio operato, o della mancanza dello stesso, dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. La speranza di molti è che tutto ciò possa condurre a un forzato e necessario cambiamento, in un Paese in cui anche la pubblica amministrazione non si esime da questo tipo di infrazioni.

Stando a quanto ribadito dalla Commissione europea, l’Italia non dispone ad oggi delle “necessarie norme per vietare la discriminazione in relazione alle condizioni di lavoro e l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato”.

Precariato a scuola

Un esempio eclatante del fallimento del nostro Paese sotto questo aspetto è rappresentato dal mondo scolastico. Occorre sottolineare, ovviamente, come la creazione di tale condizione non dipenda in alcun modo dall’attuale esecutivo, reo solo di mancanza d’intervento, a fronte di annunci in pompa magna relativi a presunti risultati eccellenti in ambito lavoro.

La nostra legislazione non prevede una progressione salariale incrementale per gli insegnanti a tempo determinato, che faccia riferimento ai precedenti periodi di servizio. Una lampante discriminazione, sottolinea la Commissione, se si paragona il loro stato a quello degli insegnanti con contratto a tempo indeterminato. Nel loro caso, infatti, si prevede il diritto a tale progressione. Il risultato? Insegnanti di serie A e serie B, con i secondi che devono subire anche questo gravoso danno, oltre alla totale incertezza sulle proprie entrate fisse e posizionamenti in giro per l’Italia.

“In aggiunta, in violazione del diritto dell’Ue, l’Italia non ha adottato provvedimenti efficaci per prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato ai danni del personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole pubbliche. Ciò configura una violazione del diritto dell’Ue in materia di lavoro a tempo determinato”.

La procedura

La Commissione europea ha dato il via alla procedura di infrazione svariati anni fa, secondo regolamentazione, con l’invio di una lettera di costituzione in mora alle autorità italiane a luglio 2019. A ciò è seguita una nuova lettera, stavolta a dicembre 2020 e un parere motivato ad aprile 2023.

Dinanzi a tutto ciò, la risposta dell’Italia non è stata valutata come soddisfacente. Di fatto non ha risolto in maniera sufficiente tutte le preoccupazioni della Commissione, “lasciando impregiudicate un’ulteriore valutazione e possibili azioni future in riferimento alla mancanza di misure efficaci per sanzionare e compensare l’abuso dei contratti a tempo determinato e la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato in altri ambiti del settore pubblico”.

Ecco le varie fasi in caso di infrazione da parte di un Paese membro, seguenti a quanto già indicato:

  • la Commissione può decidere di ricorrere alla Corte di giustizia;
  • se un Paese non comunica in tempo le misure di attuazione, la Commissione può chiedere alla Corte di imporre delle sanzioni;
  • se la Corte stabilisce che un Paese ha violato il diritto dell’Ue, le autorità nazionali devono intervenire per conformarsi alla sentenza;
  • se il Paese non pone rimedio alla situazione, la Commissione può rinviare lo stesso al tribunale;
  • un Paese deferito una seconda volta alla Corte subirà sanzioni finanziarie, da una somma forfettaria a un pagamento giornaliero.