Il Tribunale di Roma ha emesso una sentenza con la quale stabilisce che gli influencer che operano online tramite i loro social network sono inquadrabili come agenti di commercio, qualora nel rapporto di lavoro fra il creator digitale e l’azienda promossa ricorrano determinate caratteristiche. La sentenza di riferimento è la 2615/2024.
Il caso in esame
Il Tribunale è stato chiamato a dirimere una questione riguardante un’azienda che opera nel settore della vendita online di integratori alimentari. La società era stata raggiunta da un accertamento previdenziale e le era stato contestato l’omesso versamento dei contributi al Firr (Fondo indennità di risoluzione del rapporto). All’azienda erano così state comminate sanzioni, maggiorate da interessi, per un totale di oltre 70.000 euro.
La società ha fatto ricorso sostenendo che gli accordi con gli influencer non presentavano le caratteristiche tipiche del contratto di agenzia e che non era in essere alcuna adesione ad accordi sindacali. Dunque non esisteva alcun obbligo contributivo.
L’ente ha replicato la correttezza delle proprie determinazioni e ha chiesto un pagamento complessivo che nel frattempo è salito a oltre 90.000 euro. La questione è così finita sul tavolo dei giudici romani.
La decisione del Tribunale
I magistrati hanno passato in rassegna i contratti stipulati dalla società ricorrente con vari consulenti di mercato e influencer. Sono state analizzate anche le modalità operative degli influencer. I giudici hanno notato come le attività dei creator presentassero caratteristiche di stabilità e continuità, che sono tipiche dei contratti degli egenti di commercio.
Quando un influencer è un agente di commercio
Secondo il Tribunale, gli influencer ingaggiati dall’azienda, lavoravano per promuoverne i prodotti in maniera stabile e continuativa, rispettando le direttive aziendali e contribuendo in modo significativo alla rete commerciale. Tutto ciò visto e considerato, nel caso specifico (e in tutti quelli analoghi) va applicato il contratto d’agenzia regolato dall’articolo 1742 del codice civile. Secondo tale articolo, “una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata. Il contratto deve essere provato per iscritto. Ciascuna parte ha diritto di ottenere dall’altra un documento dalla stessa sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive. Tale diritto è irrinunciabile”.
Le fonti giurisprudenziali
Oltre al citato articolo 1742 del codice civile, i magistrati hanno tenuto conto di precedenti pronunce della Corte di Cassazione e del Regolamento delle attività istituzionali dell’Enasarco (Ente nazionale di previdenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio). In particolare sono stati determinanti gli articoli 34 (sanzioni per l’omesso versamento dei contributi) e 40 (ulteriori sanzioni per l’inadempimento degli obblighi contributivi).
Per quanto riguarda la questione previdenziale, il Tribunale di Roma ha stabilito che l’obbligo di versamento dei contributi al Firr non deriva dall’adesione agli accordi sindacali ma sorge direttamente dalla legge.