Quando consegnare pizze costa la vita: un triste caso si riapre con il rinvio a giudizio dei datori di lavoro

Nell'inverno del 2022 una ragazza fu vittima di un incidente mortale durante il lavoro di consegna pizze. Quest'anno il caso si è riaperto grazie ad una perizia

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Si può morire per consegnare una pizza rispettando gli orari concordati? Evidentemente no, ma una triste vicenda risalente ad alcuni anni fa dimostra che non sempre il lavoro fa rima con sicurezza. Una ventenne, Elena Russo, nel gennaio 2022 perse la vita a seguito di un incidente stradale durante la sua attività di trasporto pizze ai clienti.

Ne è seguita una disputa legale che, proprio negli ultimi giorni, è a una importante svolta. Vediamo insieme e perché e cogliamo l’occasione per ricordare cosa è successo.

La vicenda e l’incidente mortale

Il tragico evento interruppe la vita di Elena, che aveva scelto di svolgere quest’attività per pagarsi gli studi in università e per guadagnare un po’ di indipendenza. Come ricostruito dalle forze dell’ordine giunte sul posto, nell’ultima domenica di gennaio 2022 Elena stava guidando l’auto della pizzeria, una Fiat Punto che – improvvisamente e inaspettatamente – si ribaltò su una strada emiliana, dopo aver centrato un albero in località San Bartolomeo. Per la ragazza – schiacciata dal peso del mezzo – non c’è stato nulla da fare, dato che gli accertamenti medici hanno indicato che la morte avvenne sul colpo.

All’epoca della vicenda, le indagini avevano dapprima prospettato tutte le possibili ipotesi, come ad es. un malore della conducente oppure una buca sull’asfalto, o ancora il passaggio di un cinghiale o di una altro animale.

Ora la svolta, con il rinvio a giudizio dei titolari della pizzeria, due soci accusati di omicidio colposo (reato ricorrente nei casi di cronaca e di cui abbiamo recentemente parlato anche con riferimento a Disney+) per non aver predisposto tutte le necessarie cautele e non aver reso sicura l’auto di servizio. I genitori della vittima si sono costituiti parte civile.

Subito dopo il triste fatto era scattata l’indignazione dei sindacati, che avevano parlato di chiaro ‘incidente sul lavoro‘ e colto l’occasione per denunciare che esiste un mercato del lavoro, che è quello di chi consegna cibo a domicilio, precario, senza tutele, ancora privo di regole adeguate o comunque con diverse ‘zone grigie’ che – di certo –  non vanno nella direzione della tutela dei diritti dei rider e dei portapizze (basti pensare anche al recente caso dell’algoritmo punitivo).

La svolta nelle indagini e l’imputazione coatta

In verità la fase delle indagini preliminari si è rivelata lunga e tortuosa, caratterizzata da perizie e controperizie (con conclusioni ovviamente opposte) delle parti coinvolte. Con un colpo di scena di cui tra poco diremo. In un primo tempo – il primo settembre 2022 – il pubblico ministero incaricato richiese l’archiviazione, dopo aver anteriormente iscritto i due datori di lavoro nel registro degli indagati, per la ragione secondo cui non era possibile  effettuare una ragionevole previsione di condanna. Si opposero però i legali della famiglia della vittima, che volevano fosse fatta piena luce sulla vicenda.

Di fatto il fascicolo della vicenda pareva ormai archiviato senza una verità precisa, ma la scelta del giudice è stata differente. In sostanza egli con provvedimento ha rigettato la richiesta di archiviazione e ordinato all’ufficio del pubblico ministero di andare avanti nell’azione penale, riconsegnando gli atti alla procura affinché facesse ulteriori indagini e accertamenti tecnici. Questi ultimi si sono poi svolti nel contraddittorio delle parti, durante un incidente probatorio.

A seguito delle indagini supplementari, lo scorso aprile il giudice ha ordinato alla Procura di formulare l’imputazione coatta per i due legali rappresentanti della pizzeria, decisione arrivata alla luce della relazione fatta dall’ingegnere nominato dal tribunale. E proprio l’imputazione coatta ha cambiato lo scenario, di fatto aprendo la strada al rinvio a giudizio.

Secondo una recente perizia, a causare il decesso di Elena Russo potrebbero essere stati gli pneumatici vecchi di 16 anni e un altro di 8, oltre all’eccessiva velocità della Fiat Punto. Insomma la perizia del Ctu, il consulente tecnico super partes indicato dal giudice reggiano, ha evidenziato la presenza di un probabile, se non certo, rapporto di causalità tra la violazione delle regole per la sicurezza sul lavoro e il decesso. Le gomme usurate potrebbero aver dato un contributo decisivo per l’incidente, al di là dell’elevata velocità del mezzo, come anche sostenuto dai legali della famiglia della ragazza.

Il rinvio a giudizio

Il magistrato incaricato, chiudendo una tortuosa fase preliminare, ha così stabilito che la causa andrà a dibattimento, ossia il processo vero e proprio. Imputati saranno i datori di lavoro della ragazza, due soci accusati di omicidio colposo per violazione delle norme per la sicurezza sul lavoro (tema sempre caldo come dimostra anche il dibattito sulla patente a punti) e del codice stradale. Il rinvio a giudizio è stato disposto dal giudice dell’udienza preliminare nella giornata di lunedì 9 settembre. Il rito ordinario è in partenza il prossimo novembre.

Rispecchiando le conclusioni della suaccennata perizia, secondo i pubblici ministeri che seguono oggi il caso la Fiat Punto presentava gomme vecchie, in grave stato di usura, con microfessurazioni e crepe, parzialmente senza battistrada, totalmente lisce nella parte esterna e diverse tra loro per modello, disegno e marca.

Non solo. La procura ritiene responsabili i titolari della pizzeria per aver violato le norme di legge in materia di tutela dei lavoratori e per aver dato alla ragazza un’auto non sicura e non sottoposta a idonea manutenzione. Violato altresì l’obbligo del Codice della Strada secondo cui i mezzi a motore in circolazione devono essere tenuti in condizioni di massima efficienza.

Per la pubblica accusa, trascurando queste norme, i titolari avrebbero dato un decisivo contributo causale al verificarsi dell’incidente letale. Sulla scorta della ricostruzione dei fatti, la ragazza – facendo una curva a destra – perse aderenza al terreno e perciò il controllo del mezzo. Con questi elementi, appare logica la conseguenza del rinvio a giudizio e l’apertura di un dibattimento che, all’inizio, non era di certo scontato.