Ferie extra senza avvisare il capo? Si può ma c’è un rischio

Non mancano coloro che vorrebbero qualche giorno in più di ferie, rispetto a quelle previste. Un escamotage apparentemente efficace ma pericoloso

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Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Pubblicato: 8 Agosto 2024 10:00

Le ferie sono attese con trepidazione specialmente nelle settimane che le precedono. La voglia di fare una vacanza prende il sopravvento e il desiderio di staccare dalla consueta routine diventa sempre più impellente. Previste dalla Costituzione, dalla legge e dai contratti collettivi, le ferie – come è noto – spettano ogni anno per quattro settimane, anche se ogni singolo Ccnl può prevedere condizioni di maggior favore e concedere un numero più alto di ferie, ad es. al progredire dell’anzianità aziendale.

Per legge le ferie debbono essere godute per almeno due settimane consecutive nel corso dell’anno di maturazione, mentre le rimanenti due settimane nei 18 mesi posteriori al termine dell’anno di maturazione. Ad alcuni però 14 giorni di assenza dal lavoro per dare spazio al riposo psicofisico potrebbero risultare pochi, perché magari hanno pensato ad una vacanza piuttosto lunga o ad un viaggio all’estero, oppure perché necessitano di qualche giorno in più per rigenerarsi e ripartire con maggior slancio al ritorno in ufficio.

Ebbene, forse non tutti sanno che esiste un metodo ‘non convenzionale’ per allungare le ferie di qualche giorno – o anche per anticiparle. Di seguito spiegheremo qual è ma avvertiremo anche dei rischi collegati. Ecco cosa sapere sul ‘quiet vacationing‘ – o ferie silenziose – e perché si sta diffondendo specialmente tra i lavoratori delle giovani generazioni.

Qualche giorno in più di ferie con il quiet vacationing

Fare le ferie in modo silenzioso, cioè senza farlo sapere all’azienda o datore di lavoro. Questo è il significato sostanziale del citato quiet vacationing, una sorta di evoluzione ‘estiva’ del concetto di quiet quitting, ossia quel comportamento con cui i lavoratori subordinati svolgono soltanto le attività espressamente previste – in tempi e modi – dal loro contratto di lavoro, evitando di assumersi responsabilità, di fare ore di straordinario o di svolgere mansioni e compiti ulteriori che non sarebbero retribuiti. La finalità è essenzialmente quella di scansare l’accumulo di stress e il rischio burnout.

A differenza delle ferie anticipate, che seguono specifiche regole e sono fondate su un accordo con il capo, con le ferie silenziose i lavoratori fanno credere di essere operativi e, di fatto, ritornati alle consuete attività dopo le ferie, ma la realtà – all’insaputa di aziende e datori di lavoro – è diversa. E grazie alla diffusione del lavoro da remoto o smart working (pur oggi con l’applicazione delle regole ordinarie e dei relativi limiti), il fenomeno delle ferie silenziose si è ultimamente diffuso soprattutto tra i giovani lavoratori. Ma come funziona esattamente?

In sostanza:

  • il dipendente, invece che utilizzare un giorno o alcuni giorni di ferie (di cui potrebbe non disporre), chiede lo smart working e, dopo averlo ottenuto, sceglie di riposare o di continuare il riposo, fingendo di essere operativo e di svolgere le mansioni di cui al proprio contratto;
  • lo smart working consente questo tipo di escamotage perché l’effettivo controllo su ciò che sta effettivamente facendo il lavoratore, durante lo smart working, è molto complicato per non dire impossibile.

Oltre al riposare nella tranquillità della propria abitazione, uno smart worker – grazie alle ferie silenziose – può fingere di lavorare, trovandosi in spiaggia o in un prato in campagna per una giornata di relax. L’escamotage in oggetto è facile da attuare perché, tipicamente, il lavoro da remoto è per obiettivi: ciò che interessa all’azienda è il risultato finale e, con tutta probabilità, se il dipendente continuerà ad inviare mail, a rispondere tempestivamente ai messaggi e a mostrarsi reperibile, potrà passare qualche giorno di ferie silenziose senza che nessuno si accorga di niente.

Il perché delle ferie silenziose e gli effetti collaterali

Basta navigare un po’ sul web per scoprire vari siti in cui si parla di come fare le ferie silenziose e in che modo non essere ‘beccati’ dal capo. Ma perché il fenomeno è in diffusione? Il motivo è semplice: i giovani lavoratori, pur palesando talvolta una necessità di maggior riposo, preferiscono non comunicarla all’azienda, nella convinzione che ciò possa costituire un segnale di scarsa voglia di fare, poca produttività o di un atteggiamento fannullone.

Per evitare picchi di stress o scansarne la minaccia, i lavoratori scelgono così riposare qualche giorno in più grazie alla ‘maschera’ dello smart working e al ricorso alle ferie silenziose. Tuttavia secondo il rapporto Out of office culture report realizzato dalla società statunitense Harris Poll, specializzata in ricerche e analisi di mercato, dietro questa pratica vi sono almeno due effetti collaterali.

Da un lato il lavoratore spesso cade in un senso di colpa per aver fatto sostanzialmente dei giorni di ferie, facendosi credere al lavoro e operativo, mentre dall’altro il datore di lavoro – a sua insaputa – si trova costretto a pagare una giornata di non-lavoro, invece che assegnare un giorno di ferie (scalandolo dal monte totale).

Il pericolo non troppo nascosto

Ovviamente le ferie silenziose, o quiet vacationing, non sono ciò che un qualsiasi datore di lavoro si aspetta da un dipendente. La trasparenza e la chiarezza sono elementi che dovrebbero accompagnare la fiducia che sorregge qualsiasi rapporto di lavoro. Senza dimenticare gli obblighi di diligenza e buona fede, previsti dal Codice Civile e che ogni dipendente dovrebbe sempre rispettare.

Pertanto se il capo, in qualche modo, dovesse scoprire la pratica scorretta, il rischio di vedersi inflitta una sanzione o provvedimento disciplinare sarebbe piuttosto alto. Pensiamo al rimprovero verbale o al rimprovero scritto, anzitutto, ma attenzione perché ricevere una lettera di richiamo non è mai un buon segnale e, in ipotesi di reiterazione del comportamento, si palesa il rischio concreto del licenziamento per giusta causa.

Ecco allora che la miglior soluzione al possibile problema è quella di evitare il ricorso a questo escamotage: parlare direttamente con l’azienda e manifestare la necessità di ore di riposo è la scelta migliore non soltanto per recuperare energie, ma anche per farlo senza rischiare di essere scoperti a non svolgere il proprio lavoro.