La giurisprudenza della Cassazione traccia l’orientamento da seguire in innumerevoli casi pratici, che vanno dalle questioni condominiali, alle controversie legate a separazione e divorzio, come pure ai rapporti di lavoro. In riferimento a questi ultimi, una recente sentenza dei giudici di piazza Cavour. la n. 2618 del 4 febbraio scorso, merita di essere conosciuta, perché indica ai lavoratori quali sono i rischi derivanti da un utilizzo troppo disinvolto dell’istituto del congedo parentale.
Infatti, se l’azienda scopre che il periodo di congedo è sfruttato per finalità non consone a quelle per cui il legislatore ha introdotto tale istituto, il pericolo concreto è quello di ricevere il benservito dal datore di lavoro, con un licenziamento disciplinare. Vediamo in sintesi la vicenda e quali suggerimenti sono contenuti nella sentenza, per non rischiare di perdere il posto.
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Astensione dall’ufficio e doppio lavoro, i fatti di causa
Previsto dall’art. 32 d. lgs. n. 151/2001, il congedo parentale retribuito è un periodo di astensione dal lavoro mirato a garantire il diritto del figlio di godere dell’assistenza materiale ed affettiva di entrambi i genitori, nei primi anni di vita.
In base ai documenti di causa si può apprendere che un dipendente in congedo era stato sorpreso, tramite le indagini di un investigatore privato, a gestire un’attività di compravendita di automobili. (Ricordiamo che i controlli tramite detective sono leciti se non violano la privacy, come abbiamo già visto in tema di pause caffè).
In questa vicenda, oltre alla violazione di quanto all’art. 32 del d. lgs. n. 151, l’azienda, che aveva sospettato la scorrettezza, contestava la violazione degli obblighi di correttezza e fedeltà di cui all’art. 2105 del Codice Civile, come dell’art. 43 del Ccnl di riferimento, nella parte in cui dispone il dovere di comunicazione dello svolgimento di altra attività alla società datrice.
Ecco perché, venuto meno in modo irreparabile il rapporto di fiducia con il dipendente, l’azienda ha deciso di procedere con il licenziamento disciplinare.
Il lavoratore ha però impugnato il recesso unilaterale, sostenendo l’illegittimità delle prove raccolte e la sproporzione della sanzione disciplinare rispetto al suo comportamento. Sia in primo grado che in secondo grado le decisioni della magistratura hanno inteso ribadire la bontà della scelta del licenziamento per giusta causa. I giudici di merito hanno peraltro ritenuto l’agenzia investigativa munita di tutte le necessarie autorizzazioni ai controlli.
Pur essendo stato dimostrato l’utilizzo illegittimo del congedo parentale, l’uomo non si è dato per vinto e ha scelto di giocarsi l’ultima carta del ricorso in Cassazione.
L’abuso del diritto al congedo retribuito
La Cassazione ha sostanzialmente riconosciuto corrette le parole della Corte d’Appello. Quest’ultima, si legge nella sentenza n. 2618. ha ritenuto che:
i fatti oggetto di addebito avevano trovato pieno conforto nelle risultanze processuali dalle quali era emerso lo svolgimento sistematico durante il periodo di congedo parentale […] di attività lavorativa remunerata.
Non solo. Ad aggravare la posizione del dipendente, il compimento di questo secondo lavoro parallelo si caratterizzava come non saltuario né episodico. La Cassazione ha così colto l’occasione per sottolineare che il congedo parentale retribuito impone che, durante il suo utilizzo, i tempi e le energie del padre lavoratore siano rivolte, anche tramite la propria presenza, al soddisfacimento dei bisogni affettivi del minore.
Il comportamento dell’uomo si palesava invece come un abuso del diritto al congedo per:
sviamento dalle finalità proprie dell’istituto ed in un’utilizzazione strumentale dello stesso per la realizzazione di finalità ad esso del tutto estranee.
Conseguentemente la Corte non ha potuto che confermare la bontà del ragionamento dei giudici di merito, con parole che suonano come un monito nei confronti di chi richiede e ottiene il congedo parentale.
La decisione della Corte della Cassazione
Il comportamento del genitore lavoratore, oltre a costituire grave violazione del dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 Codice Civile, si è caratterizzato, come spiegano i giudici di piazza Cavour, per il suo particolare disvalore sociale – considerate le finalità del congedo parentale, il correlato diritto potestativo e i sacrifici e costi economici e organizzativi che comporta per un datore di lavoro.
Alla luce di queste valutazioni, la Cassazione ha così rigettato il ricorso del dipendente e confermato la correttezza della sanzione espulsiva inflittagli per il secondo lavoro, durante il congedo parentale. Il lavoratore è stato legittimamente licenziato in tronco.
Cos’è il diritto potestativo del dipendente
Questa vicenda merita un breve approfondimento sulla natura del diritto al congedo parentale. Quest’ultimo infatti è un diritto potestativo e, nell’ambito dei rapporti di lavoro, conoscerlo è molto importante. In sostanza, se un dipendente vanta un diritto potestativo, l’azienda non potrà rifiutarsi di concedergli di usufruirne. E anche l’ente previdenziale, tenuto all’erogazione della relativa indennità, dovrà rispettarne l’esercizio.
In altre parole, il diritto al congedo parentale, per sua intrinseca natura, spetta in via esclusiva al dipendente senza che il datore possa obiettare nulla. Il titolare lo potrà quindi esercitare in piena autonomia, senza bisogno del via libera di nessuno. Analogamente vale ad es. per i casi di dimissioni o per altri permessi previsti da leggi o contratti collettivi.
Attenzione però, ciò non toglie che l’esercizio del diritto potestativo debba compiersi aderendo alle condizioni legali e contrattuali previste. Nel caso che abbiamo visto, il dipendente aveva violato le regole in tema di congedo parentale e quindi è stata legittima la contromossa datoriale. Ma il rifiuto del datore, in quanto tale, non è possibile se il diritto è esercitato nel rispetto della legge.
Concludendo, con la sentenza n. 2618 ha Cassazione ha rimarcato che la compressione dell’iniziativa imprenditoriale e il sacrificio imposto in termini di costi economici, giustificano una valutazione molto rigorosa, sul piano disciplinare, della condotta del lavoratore che abbia utilizzato il congedo per finalità estranee a quelle dell’istituto. Se quest’ultimo fa il “doppio gioco”, rischierà concretamente di perdere il posto.